Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25307 del 11/11/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 25307 Anno 2013
Presidente: MIANI CANEVARI FABRIZIO
Relatore: CURZIO PIETRO

SENTENZA
sul ricorso 19767-2009 proposto da:
PALUMBO

MARIA

ANTONIETTA

elettivamente domiciliata in ROMA,

PLMMNT54B44I059S,

VIA ANTONIO GRAMSCI

24, presso lo studio dell’avvocato MASINI MARIA
STEFANIA, che la rappresenta e difende unitamente
all’avvocato NESPOR STEFANO, giusta delega in atti;

2013

ricorrente

contro

2567

COMUNE DI BUSTO ARSIZIO;
– intimato –

Nonché da:

Data pubblicazione: 11/11/2013

COMUNE DI BUSTO ARSIZIO, in persona del Sindaco pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI
RIPETTA 22, presso lo studio dell’avvocato VESCI
GERARDO, che lo rappresenta e difende unitamente
all’avvocato CARINCI FRANCO, giusta delega in atti;

contro
PALUMBO MARIA ANTONIETTA PLMMNT54B44I059S;
– intimata avverso la sentenza n. 320/2009 della CORTE D’APPELLO
di MILANO, depositata il 17/04/2009 r.g.n. 794/07;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 17/09/2013 dal Consigliere Dott. PIETRO
CURZIO;
udito l’Avvocato MASINI MARIA STEFANIA;
udito l’Avvocato CAVALIERE ALBERTO per delega VESCI
GERARDO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARIO FRESA, che ha concluso per il
rigetto dei ricorsi.

-controricorrente e ricorrente incidentale –

Ragioni della decisione
Maria Antonietta Palumbo convenne in giudizio la città di Busto Arsizio dinanzi al
Tribunale di quella città. Chiese di -accertare che l’incarico di responsabile dei

conferito illegittimamente l’incarico di responsabile del Servizio TARSU, con la
conseguenza che ella aveva dovuto svolgere le relative mansioni dequalificanti; condannare il Comune a reimmeterla nelle funzioni svolte in precedenza o in un
posto equivalente previsto per i dipendenti D3 ; -accertare l’illegittimità della revoca
della indennità dirigenziale a decorrere dal 25 settembre 2003 e di conseguenza
condannare il Comune a corrispondergliela; -accertare l’illegittimità della riduzione
dell’indennità di posizione a decorrere dal 1° giugno 2003 con conseguente condanna
della corresponsione delle relative somme. -Condannare il Comune al risarcimento
dei danni all’immagine e professionale dal 24 ottobre 2003, nonché esistenziale e/o
alla sfera morale per effetto delle modalità delle revoca delle funzioni ed il
conferimento di nuove funzioni.
Il Comune si costituì proponendo domanda riconvenzionale

consistente

nell’accertare l’illegittimità delle delibere comunali con le quali era stata decisa la
corresponsione dell’indennità d’area dirigenziali, con conseguente condanna a
restituire la somma percepita di 78.527,37 euro
Il Tribunale

S ntenza non definitiva rigettò la domanda di accertamento

a •illegittimità vrevoca incarico di responsabile dei servizi demografici. Accolse la
domanda di illegittimità del conferimento dell’incarico di responsabile TARSU con
conseguente condanna ad assegnarla ad un posto corrispondente alla sua qualifica.
(questo capo non è stato appellato, di ciò dà atto la Corte d’appello).
Rigettò la domanda di risarcimento danni da demansionamento.

Ricorso n.19767.09
Udienza 17 settembre 2013

Servizi demotsaf ci le era stato illegittimamente revocato; -accertare che le era stato

Con sentenza definitiva il Tribunale rigettò la domanda di illegittimità della revoca
della indennità dirigenziale e di conseguente condanna alla corresponsione. Accolse
la domanda relativa alla declaratoria di illegittimità della riduzione della indennità di
posizione e condannò il Comune al relativo pagamento dal 1° giugno 2003. Accolse

titolo di indennità di area dirigenziale, condannando la Palumbo alla relativa
restituzione.
La Corte d’appello con sentenza pubblicata il 17 aprile 2009 dichiarò la nullità della
revoca dell’incarico di responsabile del servizio demografico e condannò il Comune
al risarcimento del danno derivante dallo svolgimento di mansioni inferiori,
liquidandolo in 14.868,95.
Modificò la disciplina delle spese, compensando anche le spese della fase cautelare
che il Tribunale aveva posto a carico della Palumbo. Confermò la compensazione di
quelle del giudizio di primo grado e compensò quelle di appello.
Il ricorso per cassazione della Palgimbo è articolato in cinque motivi.
I primi tre concernono l’indennità area dirigenziale.
Con il primo si denunzia violazione dell’art. 109 del d. lgs. 267 del 2000 e dello
Statuto del Comune. La tesi avanzata è che il fatto che tale indennità non spetti ai
dirigenti, non comporta che non spetti ad un impiegato che svolga mansioni
dirigenziali. Ma non si vede per quale ragione e in base a quale disposizione possa
scindersi a tal fine la posizione del dirigente da quella dell’impiegato che svolga
funzioni dirigenziali. La lettura dell’art. 109 del d. lgs 267 del 2000 Gli incarichi
dirigenziali sono conferiti a tempo determinato, ai sensi dell’articolo 50, comma 10, con
provvedimento motivato e con le modalità fissate dal regolamento sull’ordinamento degli
uffici e dei servizi, secondo criteri di competenza professionale, in relazione agli
obiettivi indicati nel programma amministrativo del sindaco o del presidente della
provincia e sono revocati in caso di inosservanza delle direttive del sindaco o del
Ricorso n.19767.09
Udienza 17 settembre 2013
Pietro Curzio, este

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la domanda riconvenzionale e dichiarò non dovuta la somma di 78.527,37 euro a

presidente della provincia, della giunta o dell’assessore di riferimento, o in caso di
mancato raggiungimento al termine di ciascun anno finanziario degli obiettivi assegnati
nel piano esecutivo di gestione previsto dall’articolo 169 o per responsabilità
particolarmente grave o reiterata e negli altri casi disciplinati dai contratti collettivi di

funzioni di direzione a seguito di concorsi. Nei comuni privi di personale di qualifica
dirigenziale le funzioni di cui all’articolo 107, commi 2 e 3, fatta salva l’applicazione
dell’articolo 97, comma 4, lettera d), possono essere attribuite, a seguito di
provvedimento motivato del sindaco, ai responsabili degli uffici o dei servizi,
indipendentemente dalla loro qualifica funzionale, anche in deroga a ogni diversa
disposizione) non permette di acquisire alcun elemento a tal fine.
Con il secondo motivo si denunzia violazione degli artt. 36 Cost. e 2033 e 2126 c.c.
laddove la Corte dalla ritenuta invalidità degli atti di attribuzione delle indennità ha
fatto conseguire la restituzione,trattandosi di pagamento non dovuto ex art. 2033 c.c..
L’art. 2033 recita: “chi ha eseguito un pagamento non dovuto ha diritto a ripetere ciò
che ha pagato. Ha inoltre diritto ai frutti e agli interessi dal giorno del pagamento, se
chi lo ha ricevuto era in mala fede, oppure se questi era in buona fede dal giorno della
domanda”.
Qui non si discute degli interessi e quindi si prescinde dalla buona o malafede. La
Corte ha ribadito che il pagamento era indebito perché non spettava per le ragioni
indicate nella decisione (cfr. primo motivo) e ha confermato il diritto alla restituzione
già affermato dal primo giudice. Il disposto della norma codicistica non è stato
violato.
Con il terzo motivo si denunzia “omessa motivazione su di un punto decisivo
consistente nel diritto a un corrispettivo a fronte dell’esercizio di mansioni
(dirigenziali) superiori”. Con tutta evidenza il motivo si colloca al di fuori
dell’ambito dell’art. 360, n. 5, c.p.c. come riformato nel 2006. Per giurisprudenza
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Pietro Curzio, este40f2,-/

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lavoro. L’attribuzione degli incarichi può prescindere dalla precedente assegnazione di

costante di questa S.C. “Il motivo di ricorso con cui – ai sensi dell’art. 360, n. 5,c.p.c.
così come modificato dall’art. 2 del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 – si denuncia omessa,
insufficiente o contraddittoria motivazione, deve specificamente indicare il “fatto”
controverso o decisivo in relazione al quale la motivazione si assume . carente,

un fatto vero e proprio e, quindi, un fatto principale, ex art. 2697 c.c., (cioè un fatto
costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo) od anche un fatto secondario (cioè
un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale), purché controverso e
decisivo” (Cass., ord., 5 febbraio 2011, n. 2805; ma cfr.,anche, Cass. 29 luglio 2011,
n. 16655).
Il quarto motivo verte sul risarcimento dei danni da demansionamento. Condivisa la
sentenza laddove ha riformato quella di primo grado dichiarando la illegittimità della
revoca dell’incarico di responsabile dei servizi demografici, la ricorrente censura la
decisione laddove il relativo danno viene qualificato come alla professionalità ed alla
immagine e ricondotto alla categoria del danno patrimoniale.
Premesso che la Corte ha liquidato il danno derivante dall’attribuzione di mansioni
inferiori liquidandolo in 14.868,95 euro, deve sottolinearsi che il ricorso per
cassazione nel porre un problema di qualificazione dello stesso come patrimoniale o
non patrimoniale avrebbe dovuto spiegare le ragioni dell’interesse a ricorrere e cioè
spiegare che la diversa qualificazione avrebbe determinato (e perché) un incremento
della misura di danno liquidato. In ogni caso, il danno alla professionalità, per
giurisprudenza costante di questa Corte è qualificato come danno patrimoniale e
quindi, a prescindere da altre considerazioni, la sentenza si è espressa in modo
conforme a tale giurisprudenza.
Il quinto motivo, concerne il tema della tardività della contestazione dell’ammontare
della somma oggetto di restituzione. In proposito deve ricordarsi che la Corte non ha
deciso ‘solo’ in ragione della tardività della contestazione, ma in ragione di due
Ricorso n.19767.09
Udienza 17 settembre 2013

dovendosi intendere per “fatto” non una “questione” o un “punto” della sentenza, ma

diverse motivazioni: la prima, da sola idonea a fondare la decisione, costituita dal
fatto che l’importo di quanto percepito a tale titolo dalla Palumbo anno per anno
risulta provato dalla relazione ispettiva. La seconda concerne il fatto che tali importi,
sebbene siano stati recepiti negli atti giudiziari, non sono stati ‘mai’ contestati dalla

idonea a fondare la decisione della Corte.
Con il ricorso incidentale si chiede di cassare la sentenza nella parte in cui ha
riconosciuto il danno alla professionalità ed all’immagine e nella parte in cui ha
compensato le spese del procedimento cautelare di primo grado.
Con il primo motivo si denunzia vizio di motivazione sull’interpretazione dei fatti
posti a base del ritenuto demansionamento ed utilizzati quali presunzioni semplici
onde ritenere raggiunta la prova del danno alla professiónalità. La sentenza avrebbe
violato il disposto dell’art. 2729 c.c. perché le presunzioni a sostegno del danno
patrimoniale non sarebbero gravi, precise e concordanti, anzi una sarebbe smentita
dalla stessa Corte perché se la Palombo era sottoposta al solo dirigente è evidente che
la sua immagine professionale è salva. Inoltre, non è possibile affermare che la sua
professionalità abbia subito un contraccolpo di valore nel mercato del lavoro tant’è
che, come ammette la ricorrente nel ricorso per cassazione, essa ha beneficiato di una
procedura di mobilità volontaria verso l’INPDAP di Roma.
La censura è inammissibile perché concerne il merito della decisione con valutazioni
in parte basate non sugli elementi di cui disponeva la Corte, ma che il Comune
desume dal ricorso per cassazione. Il giudizio di cassazione non è un terzo grado di
merito, tanto meno è un giudizio in cui è possibile considerare nuovi elementi di
fatto.
Con il secondo motivo si chiede “se la sentenza violi gli artt. 91 e 92 c.p.c. nella
parte in cui ha disposto la compensazione delle spese legali del giudizio cautelare pur

Ricorso n.19767.09
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Palumbo.La seconda ‘ratio decidendi’ non è quindi decisiva. La prima ragione è

a fronte del fatto che lo stesso non era stato proposto innanzi al giudice competente a
decidere”. Anche questo è merito della decisione.
In conclusione, entrambi i ricorsi, principale ed incidentale, devono essere rigettati
essendo privi di fondamento. Il duplice rigetto comporta la compensazione delle
spese del giudizio di legittimità.
PQM
La Corte riunisce i ricorsi, li rigetta e compensa le spese.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 17 settembre 2013.

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