Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25306 del 09/12/2016


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Cassazione civile sez. VI, 09/12/2016, (ud. 19/10/2016, dep. 09/12/2016), n.25306

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18417/2015 proposto da:

COMUNE di PIETRAMELARA, in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la

CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato GABRIELE BIELLO,

giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

R.O., R.N., elettivamente domiciliati in ROMA,

V.LE REGINA MARGHERITA 294, presso lo studio dell’avvocato VALERIO

VALLEFUOCO, rappresentati e difesi dall’avvocato ENRICO PICILLO

giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 535/18/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di NAPOLI dell’11/11/2014, depositata il 20/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

19/10/2016 dal Consigliere Relatore Dott. LUCIO NAPOLITANO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c., all’esito della quale il Comune ricorrente ha depositato memoria, osserva quanto segue:

Con sentenza n. 535/18/15, depositata il 20 gennaio 2015, non notificata, la CTR della Campania ha rigettato l’appello proposto nei confronti di R.N. ed O. dal Comune di Pietramelara per la riforma della sentenza di primo grado della CTP di Caserta, che aveva accolto il ricorso proposto cumulativamente dai contribuenti avverso gli avvisi di liquidazione a loro notificati per ICI, relativamente all’anno 2007, per terreno ritenuto edificabile perchè compreso in zona D (complessi produttivi P.R.T. dell’ASI – area di sviluppo industriale di (OMISSIS).

Avverso la pronuncia della CTR della Campania il suddetto Comune ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, cui resistono con controricorso i contribuenti.

Con il primo motivo l’ente locale ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione della L.R. Campania n. 10 del 2007 e L.R. Campania 30 gennaio 2008, n. 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, assumendo che erroneamente la pronuncia impugnata avrebbe escluso la natura edificabile del terreno ai fini della determinazione dell’imponibile ICI, ritenendo non applicabile la previsione del piano ASI di (OMISSIS) per effetto della pronuncia della Corte costituzionale n. 314 del 20 luglio 2007, poichè la riviviscenza delle relative previsioni di piano doveva ritenersi comunque assicurata, per l’anno in contestazione, dalla L.R. Campania 21 agosto 2007, n. 10, art. 1, comma 1, successiva alla pubblicazione della citata pronuncia della Corte costituzionale; norma la cui successiva abrogazione ad opera della L.R. Campania 30 gennaio 2008, n. 1, art. 41, comma 3, non poteva che operare per l’avvenire.

Il motivo è manifestamente infondato.

Anche a prescindere da qualsiasi considerazione su una disposizione quale quella della L.R. Campania n. 10 del 2007, art. 1, comma 1, che, statuendo che “Le disposizioni di cui alla L.R. 19 gennaio 2007, n. 1, art. 31, comma 28, si applicano anche ai piani ASI prorogati ai sensi della L.R. 13 agosto 1998, n. 16, art. 10, comma 9 e della L.R. 11 agosto 2001, n. 10, art. 77”, vale a dire prorogati secondo le disposizioni ritenute costituzionalmente illegittime un mese prima dalla Corte costituzionale, ne ha inteso sostanzialmente far rivivere gli effetti, detta norma, poi abrogata dalla L.R. Campania n. 1 del 2008, art. 41, comma 3, diversamente da quanto dedotto dal Comune ricorrente, non può costituire base normativa idonea a qualificare per l’anno in contestazione come edificabile il terreno perchè ritenuto tale dal piano ASI decaduto.

Ciò in ragione del fatto che la pronuncia d’illegittimità costituzionale, una volta pubblicata, esplica i suoi effetti ex tunc, per cui al primo gennaio 2007, data alla quale, secondo il D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 5, va verificata ai fini della determinazione imponibile ai fini ICI la natura edificabile del terreno, doveva escludersi la qualifica come edificabile dell’area ai sensi delle precedenti disposizioni dichiarate costituzionalmente illegittime, mentre la previsione di cui alla citata L.R. n. 10 del 2007, art. 1, comma 1, non avrebbe potuto che operare per l’anno successivo, se non fosse stata poi abrogata dalla citata L.R. Campania n. 1 del 2008.

Con il secondo motivo invece l’ente locale contesta – richiamando anche precedenti di questa Corte che avevano in controversie similari confermato l’edificabilità dei terreni ricompresi nell’area di sviluppo industriale della provincia di (OMISSIS) – l’ulteriore e concorrente ratio decidendi alla base della pronuncia impugnata, che ha escluso che, in ogni caso, il cespite avrebbe dovuto essere qualificato come edificabile in quanto inserito nel preesistente piano regolatore (o programma di fabbricazione).

La censura investe, testualmente, l’omesso esame circa un punto decisivo per il giudizio, in relazione al n. 5 dell’art. 360 c.p.c., con riferimento a quello che costituisce un tipico accertamento di fatto compiuto dal giudice tributario di secondo grado, che ha ritenuto non provato da parte dell’ente l’inserimento del fondo in oggetto tra le aree oggetto di destinazione urbanistica di pubblica utilità o edificatoria in relazione alla destinazione urbanistica originaria.

Appare quindi palese che l’Amministrazione ricorrente si dolga sostanzialmente del cattivo esame del potere di apprezzamento delle prove da parte del giudice di merito, la qual cosa non è suscettibile di denuncia in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella sua attuale formulazione, applicabile, ratione temporis, alla controversia in esame, che attribuisce invece rilievo all’omesso esame di un fatto storico decisivo per il giudizio che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti (cfr. Cass. sez. 3, 10 giugno 2016, n. 11892; si veda Cass. sez. unite 7 aprile 2014, n. 8053).

Il motivo deve pertanto ritenersi inammissibile.

La Corte, dando atto che per l’odierna adunanza in camera di consiglio è pervenuto certificato medico del difensore del Comune ricorrente senza che sia stata fatta istanza di rinvio, condivide integralmente le considerazioni sopra esposte quale contenute nella relazione depositata in atti ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

In particolare rileva che le osservazioni critiche di cui alla memoria depositata dal Comune ricorrente non intaccano il rilievo essenziale secondo cui, in relazione al disposto del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 5, il Comune non avrebbe potuto richiedere l’ICI sull’area in questione come edificabile, essendo venuta meno, in ragione dell’effetto retroattivo della sentenza della Corte costituzionale 20 luglio 2007, n. 314, l’originaria previsione di piano e non potendo operare la nuova disciplina di cui alla L.R. Campania n. 10 del 2007, che per l’avvenire, cioè, per quanto riguarda la determinazione della base imponibile ai fini ICI, dal primo gennaio 2008, se non ne fosse intervenuta l’abrogazione ad opera della L.R. Campania n. 1 del 2008.

Il ricorso dell’Amministrazione comunale ricorrente va pertanto rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti, per il versamento, da parte del Comune ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il Comune di Pietramelara alla rifusione in favore dei controricorrenti delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed in 2000,00 per compenso, oltre rimborso spese forfettarie ed accessori, se dovuti. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 19 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 dicembre 2016

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