Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2530 del 04/02/2020

Cassazione civile sez. lav., 04/02/2020, (ud. 19/11/2019, dep. 04/02/2020), n.2530

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26244/2014 proposto da:

ATENEO SECONDA UNIVERSITA’ STUDI DI NAPOLI, in persona del Rettore

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI

12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del suo

Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale

mandatario della S.C.C.I. S.P.A. società di cartolarizzazione dei

crediti I.N.P.S., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE

BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto,

rappresentati e difesi dagli avvocati ANTONINO SGROI, LELIO

MARITATO, CARLA D’ALOISIO e EMANUELE DE ROSE;

– controricorrenti –

e contro

EQUITALIA POLIS S.P.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 4650/2014 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 25/06/2014, R.G.N. 11025/2010.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che, con sentenza depositata il 25.6.2014, la Corte d’appello di Napoli ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva rigettato l’opposizione proposta dall’Ateneo Seconda Università di Napoli avverso la cartella esattoriale con cui gli era stato richiesto il pagamento di contributi omessi, già oggetto di decreti ingiuntivi divenuti definitivamente esecutivi a seguito di estinzione del processo di opposizione; che avverso tale pronuncia l’Ateneo Seconda Università di Napoli ha proposto ricorso per cassazione, deducendo due motivi di censura, illustrati con memoria;

che l’INPS ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con il primo motivo, l’Ateneo ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 112,342 e 435 c.p.c., per non avere la Corte di merito pronunciato sui motivi di appello concernenti rispettivamente il difetto di legittimazione dell’INPS a richiedere e a riceversi i contributi, essendo invece legittimato l’INPDAP, e il proprio difetto di legittimazione passiva, dovendo piuttosto il rapporto contributivo far capo all’Azienda Universitaria Policlinico;

che, con il secondo motivo, l’Ateneo ricorrente si duole di violazione del D.Lgs. n. 46 del 1999, artt. 24 e 25, per non avere la Corte territoriale rilevato la decadenza dalla potestà di iscrizione a ruolo, nonostante quest’ultima fosse avvenuta ad oltre un anno di distanza dall’estinzione del processo per opposizione ai decreti ingiuntivi recanti le somme portate dalla cartella, intervenuta in data 14.11.2006;

che il primo motivo è infondato, dal momento un vizio di omessa pronuncia da parte del giudice d’appello è configurabile allorchè manchi completamente l’esame di una censura mossa al giudice di primo grado, mentre non ricorre nel caso in cui il giudice d’appello fondi la decisione su una costruzione logico-giuridica incompatibile con la domanda (così, tra le più recenti, Cass. n. 452 del 2015), e nel caso di specie è evidente che la Corte territoriale, lungi dall’omettere la pronuncia sui motivi di appello, ne ha (correttamente) dichiarato l’assorbimento per essere le questioni che essi pretendevano di veicolare ormai inammissibili per effetto del passaggio in giudicato dei decreti ingiuntivi “intercorsi tra le stesse parti dell’odierno giudizio” (così la sentenza impugnata, pag. 3);

che del pari infondato è il secondo motivo, essendosi consolidato il principio di diritto secondo cui l’efficacia della previsione di cui al D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 25, già differita, rispetto all’entrata in vigore dell’intero procedimento di riscossione, dalla disposizione transitoria contenuta nell’art. 36, comma 6, del medesimo D.Lgs. e poi più volte ulteriormente differita dalla L. n. 289 del 2002, art. 38, comma 8 e dalla L. n. 350 del 2003, art. 4, comma 25, sino a prevederne l’applicazione dal 1 gennaio 2004, è stata ulteriormente oggetto di disciplina da parte del D.L. n. 78 del 2010, art. 38, comma 12 (conv. con L. n. 122 del 2010), che, stabilendo che le disposizioni contenute nel D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 25, non si applicano, limitatamente al periodo compreso tra l’1.1.2010 e il 31.12.2012, ai contributi non versati e agli accertamenti notificati successivamente alla data del 1.1.2004 dall’ente creditore, si pone in chiave di raccordo temporale con le precedenti proroghe, di talchè, utilizzando il meccanismo della sospensione di efficacia per un triennio dell’applicazione della regola della decadenza, consente il recupero coattivo di crediti non compresi nelle proroghe operative sino alla data suddetta (così Cass. nn. 5963 del 2018 e 16307 del 2019);

che il ricorso, conclusivamente, va rigettato, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, giusta il criterio della soccombenza;

che, in considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 29.200,00, di cui Euro 29.000,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 20 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 febbraio 2020

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