Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2530 del 03/02/2010

Cassazione civile sez. I, 03/02/2010, (ud. 10/11/2009, dep. 03/02/2010), n.2530

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – rel. Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 6777/2008 proposto da:

D.G. (c.f. (OMISSIS)), domiciliato in ROMA,

PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MARRA Alfonso Luigi,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente pro

tempore, domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositato il

02/04/2007;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

10/11/2009 dal Presidente Dott. PAOLO VITTORIA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. – D.G., con ricorso alla corte d’appello di Napoli depositato il 13.9.2006, ha proposto una domanda di equa riparazione per violazione del termine di ragionevole durata del processo.

L’attore ha dedotto che un giudizio da lui iniziato davanti al T.A.R. della Campania con ricorso depositato il 30.7.1994, non era stato ancora definito.

La corte d’appello, con decreto 2.4.2007, ha accolto in parte la domanda.

Ha ritenuto che, rispetto ad una durata ragionevole di tre anni, il giudizio presupposto si fosse ulteriormente protratto per circa 9 anni e che il danno non patrimoniale risentito fosse suscettibile di liquidazione nella misura complessiva di Euro 8.000,00.

Ha liquidato le spese processuali in Euro 400,00 per onorari, Euro 101,00 per diritti e Euro 70,00 per spese.

2. – D.G. ha chiesto la cassazione del decreto, con ricorso notificato il 3.3.2008.

La Presidenza del Consiglio vi ha resistito.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Il ricorso contiene quattordici motivi.

2. – Il primo è inammissibile.

La parte vi si limita a svolgere considerazioni d’ordine generale sui rapporti tra la disciplina dettata dalla CEDU e la normativa statale.

3. – La cassazione del decreto – con i motivi dal secondo al settimo – è chiesta per il vizio di violazione di norme di diritto e di difetto di motivazione (art. 360 cod. proc. civ., nn. 3 e 5, in relazione all’art. 6, par. 1. CEDU e L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2).

I motivi, pur se l’estrema parcellizzazione fa loro correre il rischio che i quesiti conclusivi perdano concretezza, finiscono col presentare sufficienti elementi di specificità, considerata anche la natura del contenzioso, che ripropone in modo incessante le medesime questioni.

Non sono comunque fondati.

I motivi secondo terzo e settimo investono il criterio con cui è stato liquidato l’indennizzo.

Il giudice di merito ha attribuito per equa riparazione una cifra di 8.000,00 euro, calcolata in modo globale, che, messa in rapporto ad una protrazione ingiustificata del processo, fissata in circa nove anni, mostra che per ogni anno è stato attribuito un ristoro inferiore anche a 1.000,00 Euro per anno, di che, appunto, il ricorrente si lamenta.

La Corte considera, tuttavia, che, da parte del giudice di merito, uno scostamento rispetto al parametro di mille Euro per anno di non ragionevole durata del processo, ma non al di sotto della soglia di 750,00 Euro, sia giustificato quando ricorrano fattori, quali ad esempio la modestia della posta in giuoco o come nel caso, la natura collettiva del ricorso, per la prospettiva di un minor onere di spese processuali che essa comporta, come ha considerato non illogicamente il giudice di merito.

Tutto questo, però, entro un limite di durata del processo che non abbia superato di oltre tre anni quella ordinaria, mentre per il periodo ulteriore uno scostamento da quel più alto parametro non si giustifichi.

Ciò, a meno che la presenza di specifici tratti della concreta vicenda processuale valgano a rendere plausibile la valutazione, che un tempestivo esito del giudizio rivestisse per la parte una sostanziale diversa e minore o maggiore importanza, che non nella generalità dei casi.

E salvo sempre il caso che la stessa sopportazione di un pregiudizio d’ordine non patrimoniale non sia affatto da escludere, per doversi ritenere che la parte abbia agito nella piena consapevolezza del proprio torto.

Nel caso in esame, in cui il superamento del secondo triennio si è avuto per la durata di sei anni, l’applicazione del criterio appena enunciato avrebbe comportato una liquidazione di Euro 8.250,00, scarto scarsamente significativo rispetto alla cifra riconosciuta dal giudice di merito.

In ciò la ragione del rigetto dei motivi sin qui considerati.

Quanto poi al mancato riconoscimento del c.d. bonus – su cui il ricorrente si è soffermato nei motivi dal quarto al sesto – la Corte osserva che, nella determinazione del risarcimento dovuto, mentre la durata della ingiustificata protrazione del processo è un elemento obiettivo che si presta a misurare e riparare un pregiudizio non patrimoniale tendenzialmente sempre presente ed eguale, l’attribuzione di una somma ulteriore postula che nel caso concreto quel pregiudizio, a causa di particolari circostanze specifiche, sia stato maggiore.

Sicchè, quando il giudice non attribuisce il c.d. bonus e perciò nega che quello specifico pregiudizio ulteriore sia stato sopportato, la critica del punto della decisione non può essere affidata alla sola contraria postulazione che il bonus spetta ratione materiae, era stato richiesto e la decisione negativa non è stata motivata, ma deve avere specifico riguardo alle concrete allegazioni e se del caso alle prove delle allegazioni addotte nel giudizio di merito.

Del che nei quesiti che concludono i motivi non v’è traccia.

4. – Sono invece nel loro complesso fondati i successivi motivi, che, in modo dettagliato, investono la liquidazione delle spese del giudizio.

Le spese del giudizio di equa riparazione avrebbero dovuto essere liquidate facendo applicazione della tariffa approvata dal D.M. 2 aprile 2004, n. 127, e, in relazione alla somma riconosciuta dovuta (Euro 8.000,00), sia per gli onorari sia per i diritti in base allo scaglione da Euro 5.200,01 a Euro 25.900 della tabella A, quadro 4^, e della tabella B, quadro 1.

L’importo previsto per le sole prestazioni necessariamente inerenti al tipo di procedimento, applicando i minimi, avrebbe dovuto essere liquidato quindi, in cifra tonda, per gli onorari in Euro 520,00 (anzichè in Euro 400,00) e per diritti in Euro 600,00 (anzichè in Euro 101,00).

5. – Il ricorso è in parte accolto ed il decreto in parte cassato.

6. – La Corte ha il potere di pronunciare nel merito e così di liquidare le spese del giudizio di primo grado.

Gli onorari sono liquidati in Euro 520,00; i diritti in Euro 620,00 in conformità della richiesta: vi vanno aggiunte le spese nella somma di Euro 70,00 liquidata dalla corte d’appello.

7. – Le spese del giudizio di cassazione si possono liquidare in complessivi Euro 525,00, di cui Euro 425,00 per onorari di avvocato, avuto riguardo alla maggior somma, che si è riconosciuta dovuta.

In ragione del solo parziale e limitato accoglimento del ricorso, vanno dichiarate compensate nella misura di due terzi.

8. – A tutte le spese sono aggiunti il rimborso forfetario delle spese generali e gli accessori di legge.

Di tutte è ordinata la distrazione in favore dell’avvocato Luigi Alfonso Marra, che ha dichiarato d’aver anticipato le spese e non percepito gli onorari.

P.Q.M.

La Corte accoglie in parte il ricorso, cassa in relazione il decreto impugnato e pronunciando nel merito condanna la Presidenza del Consiglio dei Ministri a pagare a D.G. la somma di Euro 1.210,00 a titolo di spese del giudizio di primo grado; la condanna inoltre al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate per l’intero in Euro 525,00, di cui Euro 425,00 per onorari, e dichiarate compensate per due terzi; tutte le spese del giudizio sono maggiorate del rimborso forfetario delle spese generali e degli accessori di legge e ne è ordinata la distrazione a favore dell’avvocato Alfonso Luigi Marra.

Dispone che a cura della cancelleria siano eseguite le comunicazioni previste dalla L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 5.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 10 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 3 febbraio 2010

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