Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2530 del 02/02/2011

Cassazione civile sez. trib., 02/02/2011, (ud. 17/11/2010, dep. 02/02/2011), n.2530

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MERONE Antonio – Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA ENTRATE, in persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, nei cui

Uffici, in Roma, Via dei Portoghesi, 12 è domiciliata;

– ricorrente –

contro

A.M.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 67/17/2007 della Commissione Tributaria

Regionale di Bologna, Sezione n. 17, in data 14.02.2007, depositata

il 19 settembre 2007;

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio del

17 novembre 2010 dal Relatore Dott. Antonino Di Blasi;

Presente il Procuratore Generale dott. Carlo Destro.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

La Corte:

Considerato che nel ricorso iscritto al n. 26820/2008 R.G. è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“1 – E’ chiesta la cassazione della sentenza n. 67/17/2007, pronunziata dalla C.T.R. di Bologna, Sez. n. 17, il 14.02.2007 e DEPOSITATA il 19 settembre 2007.

Con tale decisione, la C.T.R. ha rigettato l’appello dell’Agenzia Entrate e riconosciuto il diritto al rimborso, per insussistenza dei presupposti impositivi.

2 – Il ricorso di che trattasi, che riguarda impugnazione del silenzio rifiuto su domanda di rimborso dell’IRAP per gli anni dal 1998 al 2001, è affidato a due mezzi, con cui si deduce insufficiente e/o contraddittoria motivazione su punto decisivo, nonchè violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2 e art. 3, comma 1, lett. c) del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 49.

3 – L’intimato, non ha svolto difese in questa sede.

4 – Alle formulate censure può rispondersi, sia con il richiamo a quanto enunciato dalla Corte di Cassazione in pregresse condivise pronunce, nelle quali si è affermato il principio secondo cui “a norma del combinato disposto del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2, primo periodo, e art. 3, comma 1, lett. c) l’esercizio delle attività di lavoro autonomo è escluso dall’applicazione dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) solo qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata; il requisito dell’autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui; costituisce onere del contribuente che chieda il rimborso dell’imposta asseritamente non dovuta dare la prova dell’assenza delle condizioni sopraelencate”. (Cass. n. 3680/2007, 3678/2007, n. 3676/2007, n. 3672/2007); principio ritenuto, pure applicabile agli Agenti di Commercio ed ai Promotori Finanziari (Cass. n. 12108/2008), sia pure rifacendosi al consolidato orientamento secondo cui l’omessa motivazione è configurabile, “quando il giudice di merito omette di indicare nella sentenza gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero indica tali elementi senza una approfondita disamina logico-giuridica, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento (Cass. n. 890/2006, n. 1756/2006, n. 16762/2006, n. 1754/2007).

4 bis – La sentenza, in vero, non appare in linea con i richiamati principi, avendo tentato di giustificare il decisum con generiche affermazioni che non danno contezza dell’iter seguito, non essendo indicati i concreti elementi presi in considerazione, e risultando omesso ogni riferimento alla concreta realtà fattuale, oggetto delle deduzioni dell’Agenzia delle Entrate, quali riproposte in questa sede.

In particolare, non sono offerti sufficienti elementi di valutazione idonei a dare esatta contezza dell’iter decisionale seguito, sia per ritenere irrilevante la circostanza che il professionista si avvaleva di un dipendente a tempo parziale, sia pure per giungere a considerare “minimi” e, quindi, inidonei ad assurgere ad elementi organizzativi, i beni strumentali, desumibili dalle dichiarazioni annuali.

5 – Si ritiene, quindi, sussistano i presupposti per la trattazione del ricorso in Camera di Consiglio e la definizione, ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c., con il relativo accoglimento, per manifesta fondatezza.

Il Relatore Cons. Dr. Antonino Di Blasi”.

Vista la relazione, il ricorso e tutti gli altri atti di causa;

Considerato che il Collegio condivide le argomentazioni, in fatto ed in diritto, svolte nella relazione;

Ritenuto che, in base a tali condivisi motivi ed ai richiamati principi, il ricorso va accolto e, per l’effetto, cassata l’impugnata decisione;

Considerato, altresì, che la causa conseguentemente, rinviata ad altra sezione della CTR dell’Emilia Romagna, perchè proceda al riesame e, quindi, attenendosi ai richiamati principi, decida nel merito ed anche sulle spese del presente giudizio di legittimità, offrendo congrua motivazione;

Visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c..

P.Q.M.

accoglie il ricorso, cassa l’impugnata decisione e rinvia ad altra sezione della CTR dell’Emilia Romagna.

Così deciso in Roma, il 17 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 2 febbraio 2011

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