Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 253 del 07/01/2011

Cassazione civile sez. III, 07/01/2011, (ud. 21/10/2010, dep. 07/01/2011), n.253

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. UCCELLA Fulvio – rel. Consigliere –

Dott. CHIARINI M. Margherita – Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

Dott. LEVI Giulio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 25859-2006 proposto da:

B.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA DEI SAVORELLI 11, presso lo studio dell’avvocato CHIOZZA

ANNA, rappresentato e difeso dall’avvocato TOSADORI MAURIZIO giusta

delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

P.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIALE ANGELICO 103, presso lo studio dell’avvocato LETIZIA

MASSIMO, che lo rappresenta e difende giusta delega a margine del

controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 132/2006 della CORTE D’APPELLO di TRENTO,

SEZIONE PRIMA CIVILE, emessa il 06/04/2006, depositata il 20/04/2006

R.G.N. 182/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/10/2010 dal Consigliere Dott. FULVIO UCCELLA;

udito l’Avvocato SARACENI STEFANIA (per delega dell’Avv. TOSADORI

MAURIZIO);

udito l’Avvocato PALOPOLI ALFREDO (per delega dell’Avv. LETIZIA

MASSIMO);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio che ha concluso con il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 20 aprile 2006 la Corte di appello di Trento rigettava il gravame proposto da B.F. contro la omologa decisione del locale Tribunale del 17 marzo 2005, che, a sua volta, aveva respinto la domanda di risarcimento danni, svolta nei confronti di P.F., asseritamene cagionati da una missiva trasmessa ad alcuni organi politici della Provincia di Trento dal P., quale Presidente dell’Associazione Trentini nel mondo ed a firma di T.E., senza verificarne, a suo avviso, il contenuto diffamatorio.

Avverso siffatta decisione propone ricorso per cassazione il B., affidandosi a cinque motivi.

Resiste con controricorso il P..

Il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.-In punto di fatto, si evince dalla sentenza impugnata, nonchè dalla narrazione dei fatti, contenuta negli scritti difensivi, ed in estrema sintesi, che il Presidente dell’Associazione Trentini nel mondo – il P. – aveva ricevuto una lettera del T. nella quale questi esponeva che il B., che avrebbe avuto l’intenzione di agire in esecuzione sulla casa del T. medesimo, a seguito della impossibilità di quest’ultimo di far fronte ad un prestito, elargito nel (OMISSIS) alla stesso dal B. e ammontante all’epoca a dollari 15.000, trasformatosi nell’arco di due anni in dollari 29.550.

A seguito della lettera l’Associazione verificava che non era possibile intervenire e decideva nella riunione del proprio Consiglio di Amministrazione del (OMISSIS) di inviare l’intera documentazione agli organi politici.

In quella lettera del (OMISSIS) T.E., residente a (OMISSIS), si riteneva “vittima di un infame raggiro” da parte del B..

Assumeva l’attuale ricorrente che nel trasmettere quella missiva il P. non si sarebbe accertato della veridicità dei fatti descritti dal T., nè avrebbe interpellato il medesimo B., per cui il P. avrebbe diffamato con tali omissioni il suo onore.

2.-Ciò detto, il ricorso censura la sentenza impugnata sotto vari profili, dei quali alcuni sono inammissibili altri infondati per le ragioni di seguito indicate, anche perchè, stante la pubblicazione della decisione impugnata, l’attuale impugnazione non può prescindere dai quesiti richiesti dall’art. 366 bis c.p.c..

3.-Il primo motivo (in estrema sintesi, vizio di motivazione in ordine ad un fatto decisivo della controversia) ed il secondo, (in estrema sintesi, vizio di motivazione e omesso esame di documenti asseritamene decisivi per la controversia) vanno esaminati congiuntamente, per la loro interconnessione.

Il primo è inammissibile, in quanto il ricorrente se illustra la doglianza, non formula, al termine di essa, una indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un quid pluris rispetto alla sua illustrazione e non consente, quindi, di valutare l’ammissibilità del motivo stesso (Cass. n. 8897/08).

Identica sorte tocca al secondo, il quale, peraltro, si configura stremante generico non rispettando il principio di autosufficienza.

4.-Il terzo motivo è, a sua volta, articolato sia sotto il profilo dell’errore di diritto in riferimento agli artt. 115 e 116 c.p.c. e art. 2697 c.c., sia sotto il profilo del difetto di motivazione in ordine ad un punto controverso e desumibile dal giudizio.

In merito al primo profilo va detto che il quesito, pur da ritenersi correttamente formulato, non può trovare una risposta conforme alle aspettative del ricorrente.

Infatti, la valutazione probatoria è compito esclusivo del giudice del merito e non corrisponde al vero che il fatto non sia stato provato, anche perchè il ricorrente non ha smentito “la situazione del T.” (p. 6 sentenza impugnata), ma ha sempre e solo ritenuto che l’attività del P. fosse stata di natura diffamatoria.

Quindi, non è esatto quanto si afferma nella censura, ovvero che il giudice dell’appello abbia posto a fondamento della sua decisione fatti meramente allegati, per cui il quesito non coglie nel segno.

Sotto il profilo del vizio di motivazione il quesito non risulta formulato.

5.-In merito al quarto motivo, con cui il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 112 e 132 c.p.c., per omessa trascrizione nella sentenza delle conclusioni in appello e di natura istruttoria al quesito che risulta correttamente formulato va data risposta negativa, stante la giurisprudenza, peraltro, richiamata oltre che dal resistente, dallo stesso ricorrente (Cass. n. 20469/05 ed altre).

Infatti, l’omessa trascrizione non ha impedito la valutazione della domanda, che è stata respinta nel merito con una argomentazione fondata su dati documentali, interpretati letteralmente e logicamente dal giudice del merito.

6.-Il quinto motivo è inammissibile perchè non corredato dal prescritto quesito e, peraltro, l’istanza di cancellazione si riferisce a documento non giudiziario (la lettera del T.).

Conclusivamente, quindi, il ricorso va respinto e le spese, che seguono la soccombenza, vanno liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio di cassazione, che liquida in Euro 2.200, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 21 ottobre 2010.

Depositato in Cancelleria il 7 gennaio 2011

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