Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25296 del 09/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 09/10/2019, (ud. 17/04/2019, dep. 09/10/2019), n.25296

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Lucia – Presidente –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20593-2017 proposto da:

L.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G. RAMUSIO 6,

presso lo studio dell’avvocato TINARI ALFONSO, rappresentato e

difeso dall’avvocato TARIDDI NICOLA;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS), in

persona del legale rappresentante in proprio e quale procuratore

speciale della SOCIETA’ DI CARTOLARIZZALIONE DEI CREDITI I.N.P.S.

(S.C.C.I.) S.p.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA dell’Istituto

medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati D’ALOISIO CARLA,

SGROI ANTONINO, MARITATO LELIO, DE ROSE EMANUELE, MATANO GIUSEPPE,

ADA SCIPLINO ESTER ADA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 111/2017 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 23/02/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 17/04/2019 dal Consigliere Relatore Dott. CAVALLARO

LUIGI.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che, con sentenza depositata il 23.2.2017, la Corte d’appello dell’Aquila ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva rigettato l’opposizione proposta da L.F. avverso il decreto ingiuntivo con cui il Tribunale di Vasto gli aveva ingiunto di restituire all’INPS somme percepite per emolumenti non dovuti e indebitamente corrisposti a seguito del passaggio da altra amministrazione, giusta sentenza n. 907/2008 con cui il Tribunale di Chieti aveva rigettato pretesa analoga relativa ad altri emolumenti retributivi;

che avverso tale pronuncia L.F. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo tre motivi di censura;

che l’INPS ha resistito con controricorso;

che è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con il primo motivo, il ricorrente denuncia nullità della sentenza per carenza di motivazione, in conseguenza dell’omesso esame di fatti storici e documenti decisivi (così il ricorso, pag. 5);

che, con il secondo motivo, il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 2909 e 2697 c.c., artt. 113,115,116,132 e 474 c.p.c., nonchè omesso esame circa fatti decisivi, per avere la Corte di merito ritenuto che la sentenza n. 907/2008 del Tribunale di Chieti recasse una statuizione avente valore di giudicato circa la non spettanza degli emolumenti richiestigli dall’INPS con il ricorso per il decreto ingiuntivo, nonostante si trattasse di emolumenti per i quali nel giudizio a co l’INPS non aveva formulato alcuna domanda;

che, con il terzo motivo, il ricorrente si duole di violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e artt. 645,646,635,474,475,113,115 e 116 c.p.c., per avere la Corte territoriale ritenuto che l’opposizione avesse lo scopo di impugnare la validità del titolo e non la sussistenza del credito;

che, con riguardo al primo motivo, è assolutamente consolidato il principio secondo cui, affinchè sia integrato il vizio di mancanza o apparenza della motivazione agli effetti di cui all’art. 132 c.p.c., n. 4, occorre che la motivazione della sentenza manchi del tutto, vuoi nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere risultante dallo svolgimento del processo segua l’enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione, vuoi nel senso che, pur formalmente esistendo quest’ultima, il suo svolgimento sia talmente contraddittorio da non permettere di riconoscerla come giustificazione del decisimi (Cass. n. 20112 del 2009), ferma restando la necessità che il vizio, che attiene alla motivazione in sè, emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (Cass. S.U. n. 8053 del 2014);

che, nella specie, avendo la Corte territoriale ritenuto che la sentenza n. 907/2008 costituisse l’antecedente logico della pretesa restitutoria dell’Istituto e pretendendo il ricorrente di istituire un raffronto tra l’anzidetta argomentazione e le risultanze di causa (cfr. pagg. 5 ss. del ricorso per cassazione), il motivo di censura si palesa chiaramente inammissibile;

che, con riguardo al secondo motivo, è altrettanto consolidato il principio secondo cui l’interpretazione del giudicato esterno può essere effettuata anche direttamente dalla Corte di cassazione con cognizione piena, nei limiti, però, in cui il giudicato sia riprodotto nel ricorso per cassazione, in forza del principio di specificità di questo mezzo di impugnazione, con la conseguenza che, qualora l’interpretazione che abbia dato il giudice di merito sia ritenuta scorretta, il ricorso deve riportare il testo del giudicato che si assume erroneamente interpretato, con richiamo congiunto della motivazione e del dispositivo (cfr. da ult. Cass. n. 5508 del 2018);

che, nella specie, non essendo stato il giudicato in questione debitamente trascritto nel corpo del ricorso per cassazione, nemmeno nelle sue parti rilevanti al fine di decidere della fondatezza o meno della censura, nè dicendosi in ricorso dove esso sarebbe attualmente reperibile, il motivo va dichiarato inammissibile per difetto di specificità;

che, con riguardo al terzo motivo, va senz’altro rilevato che la Corte di merito, indipendentemente dalle considerazioni svolte circa la qualificazione dell’azione proposta dall’odierno ricorrente, ha comunque affrontato il merito della controversia, valorizzando il giudicato pregresso e giudicandolo idoneo a supportare in fatto e in diritto il fondamento della pretesa restitutoria dell’INPS, di talchè, riguardando affermazioni del tutto prive di conseguenze sul decisum, la doglianza è priva di interesse ex art. 100 c.p.c., essendosi chiarito che l’impugnazione non tutela l’astratta regolarità dell’attività giudiziaria ma mira ad eliminare il concreto pregiudizio patito dalla parte, sicchè l’annullamento della sentenza impugnata è necessario solo se nel successivo giudizi() di rinvio il ricorrente possa ottenere una pronuncia diversa e più favorevole rispetto a quella cassata (cfr. Cass. nn. 20128 del 2015, 15363 del 2016);

che il ricorso, conclusivamente, va dichiarato inammissibile, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, giusta il criterio della soccombenza;

che, in considerazione della declaratoria d’inammissibilità del ricorso, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 4.200,00, di cui Euro 4.000,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 17 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 ottobre 2019

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