Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25295 del 09/12/2016


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Cassazione civile sez. VI, 09/12/2016, (ud. 06/10/2016, dep. 09/12/2016), n.25295

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. CIRILLO Ettore – rel. Consigliere –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21948/2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

M.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1422/09/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DI NAPOLI SEZIONE DISTACCATA DI SALERNO, emessa il

05/02/2014 e depositata il 12/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

06/10/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ETTORE CIRILLO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, ritenuto che, a sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“L’Agenzia delle Entrate ricorre contro M.G. per la cassazione della sentenza con cui la Commissione Tributaria Regionale Campania, confermando la sentenza della CTP di Napoli n. 93/15/2011, ha accolto la domanda di rimborso IRPEF avanzata dal contribuente con riferimento alle ritenute effettuate dal suo datore di lavoro sulle somme corrisposte quale incentivo alle dimissioni; domanda basata sul contrasto – accertato con la sentenza della Corte di Giustizia Europea del 21.7.05, in causa C-207/04 – tra la Direttiva comunitaria 76/207 CE e la disposizione dettata dall’art. 19, comma 4 bis, T.U.I.R.. Secondo la Commissione Tributaria Regionale l’applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, non può che decorrere, nel caso di specie, appunto dalla data di pubblica ione della sentenza della Corte di Giustizia o addirittura da quello successivo della data di pubblicazione dell’ordinanza con la quale la questione relativa al trattamento fiscale degli emolumenti ha trovato definitiva soluzione (atteso che il diritto al rimborso era venuto ad esistere a seguito dell’intervento della Corte di Giustizia), sicchè poi doveva considerarsi tempestiva la domanda di rimborso concretamente proposta. L’Agenzia ha interposto ricorso per cassazione affidato a unico motivo. La parte contribuente non si e difesa. Il ricorso – ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. … – può essere definito ai sensi dell’art. 375 c.p.c.. Con l’unico di ricorso la difesa erariale censura la sentenza gravata, denunciando la violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, in cui la Commissione Tributaria Regionale sarebbe incorsa ancorando la decorrenza del termine decadenziale previsto da tale disposizione non alla data del versamento indebito ma alla data del deposito della pronuncia della Corte di Giustizia Europea con cui era stata dichiarata la contrarietà al diritto eurounitario della disciplina nazionale ed in specie della disciplina di tassazione agevolata prevista nell’art. 19 T.U.I.R.. Il motivo e fondato è da accogliersi. A tal proposito, basti qui evidenziare che la questione di diritto proposta dalla presente causa e stata risolta dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 13676/14, che ha affermato il principio che, nel caso in cui un’imposta venga dichiarata incompatibile con il diritto comunitario da una sentenza della Corte di giustizia dell’Unione Europea, il termine di decadenza previsto dalla normativa tributaria (per le imposte sui redditi, D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38) per l’esercizio del diritto al rimborso, attraverso la presentazione di apposita istanza, decorre dalla data del versamento dell’imposta e non da quella, successiva, in cui è intervenuta la pronuncia che ha sancito la contrarietà della stessa all’ordinamento comunitario. Per quanto non abbiano espressamente risolto anche la ulteriore questione della prospettata decorrenza del periodo decadenziale dalla data del recepimento della direttiva comunitaria nella disciplina nazionale, le Sezioni Unite della Corte hanno utilmente rammentato (e quindi chiaramente convalidato) che, con riferimento all’anzidetto problema questa Corte, aveva già avuto occasione di affermare “che: a) il principio posto dall’art. 2935 c.c., secondo cui la prescrizione “comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere” – il quale è da ritenersi applicabile anche alla decadenza – deve essere inteso con riferimento alla (sola) possibilità legale, non influendo sul decorso della prescrizione, salve le eccezioni stabilite dalla legge, l’impossibilita di fatto di agire in cui venga a trovarsi il titolare del diritto” (Relazione al codice, p. 1198) (Cass. n. 10231 del 1998, che richiama Cass. n. 9151 del 1991); b) tra gli impedimenti “di fatto” va annoverato anche l’ostacolo all’esercizio di un diritto rappresentato dalla presenta di una norma costituzionalmente illegittima, in quanto chi si ritenga leso da tale limitazione ha il potere di percorrere la via dell’instaurazione di un giudizio e nel corso di tale giudizio richiedere che venga sollevata la relativa questione; se subisce passivamente detto impedimento, non può sfuggire alla conseguenza che il rapporto venga ad esaurirsi; c) a maggior ragione, non può essere ravvisato un impedimento “legale”, come tale idoneo ad incidere sulla decorrenza della prescrizione, nella presenza di una norma di diritto nazionale incompatibile con il diritto comunitario, posto che – mentre l’accertamento della illegittimità costituzionale di una norma e riservato ad un organo diverso dall’autorità giurisdizionale, con la conseguenza che, quando la questione sia sollevata nel corso di un giudizio, esso deve essere sospeso fino a quando la questione non sia decisa (L. 11 marzo 1953, n. 87, art. 23) – il contrasto tra la norma di diritto interno e quella comunitaria può essere rilevato direttamente dal giudice che, sulla base di tale premessa, e tenuto a non darle applicazione, anche quando sia stata emanata in epoca successiva a quella comunitaria (Cass. nn. 10231 del 1998, cit., 7176 del 1999 e succ.; cfr., anche, Cass. n. 18276 del 2004)”. Anche nella specie di causa deve darsi continuità ai principi espressi e richiamati dalla menzionata pronuncia delle sezioni unite, sicchè non resta che concludere che il ricorso merita accoglimento, con la cassazione della sentenza gravata; polche da tale ultima sentenza risulta che la domanda di rimborso del contribuente (3.11.2009) era intervenuta oltre 48 mesi dopo l’effettuazione della ritenuta alla fonte che ne costituiva l’oggetto (anno 2001), la causa può essere decisa nel merito con il rigetto della domanda medesima. Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in Camera di consiglio per manifesta fondatezza”.

Rilevato che, a seguito della notifica della relazione, non è stata depositata alcuna memoria; che la causa è stata riassegnata ad altro relatore con decreto del 7 settembre 16;

osservato che il Collegio, a seguito della discussione in Camera di consiglio, condividendo i motivi in fatto e in diritto della relazione, ritiene che ricorra l’ipotesi della manifesta fondatezza del ricorso, per tutte le ragioni sopra indicate nella relazione stessa;

considerato che da tutto ciò consegue il rigetto della domanda introduttiva essendo pacifiche le circostanze di fatto; che il recente consolidarsi della giurisprudenza di legittimità consente l’integrale compensazione di tutte le spese di lite.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza d’appello e, decidendo nel merito, rigetta la domanda introduttiva; dichiara compensate le spese.

Così deciso in Roma, il 6 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 dicembre 2016

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