Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25293 del 25/10/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 25/10/2017, (ud. 05/10/2017, dep.25/10/2017),  n. 25293

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Enrico – rel. Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. GIORDANO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26331-2010 proposto da:

IMPIANTISTICA GENERALE SICILIANA IGS DI R.M. & C.

SAS, elettivamente domiciliato in ROMA VIA SAVOIA 33, presso lo

studio dell’avvocato GIUSEPPE VESCUSO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

SERIT SICILIA SPA AGENTE RISCOSSIONE PROVINCIA DI CATANIA,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA VINCENZO TIERI 29, presso lo

studio CONTI – PENSABENE, rappresentato e difeso dall’avvocato

MASSIMO PENSABENE;

– controricorrente –

nonchè contro

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI CATANIA, MINISTERO ECONOMIA E

FINANZE, AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimati –

avverso la sentenza n. 449/2009 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

CATANIA, depositata l’08/10/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

05/10/2017 dal Consigliere Dott. DE MASI ORONZO;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero in persona del

Sostituto Procuratore Generale Dott. DE AUGUSTINIS UMBERTO che ha

chiesto l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che la controversia promossa dalla Impiantistica Generale Siciliana IGS di R.M. & C. s.a.s., contro l’Agenzia delle Entrate e Serit Sicilia s.p.a., Agente della riscossione per la provincia di Catania, è stata definita con la decisione in epigrafe, recante il rigetto dell’appello proposto dalla contribuente contro la sentenza della C.T.P. di Catania, che aveva respinto il ricorso originario avverso la cartella di pagamento di Euro 647.326,04, notificata l’1/8/2006, per Iva, Irpeg e Irap, oltre sanzioni ed interessi, relativamente all’anno 2002, nonchè gli avvisi di contestazione e di accertamento emessi a seguito di verifica fiscale e p.v.c., notificati entrambi il 5/10/2005, stante l’intervenuta decadenza delle eccezioni afferenti atti presupposti già portati a conoscenza del predetto contribuente e non impugnati;

che, per quanto qui d’interesse, il Giudice di appello motivava la conferma della sentenza di primo grado osservando, in ordine “all’eccezione circa la validità della cartella per mancata motivazione”, che essa “contiene tutti gli elementi prescritti dalla normativa in vigore, in quanto risulta redatta in conformità al modello approvato con D.M. 28 giugno 1998”, e che essendo “consequenziale ad avviso di accertamento “, peraltro non impugnato, i motivi della imposizione erano “ben noti” alla contribuente, ed in ogni caso che la cartella esattoriale poteva essere impugnata solo per vizi propri, e non per vizi di un atto propedeutico ormai divenuto definitivo;

che il ricorso della contribuente si articola in due motivi, resiste con controricorso e memoria Serit Sicilia s.p.a., Agente della Riscossione per la Provincia di Siracusa, mentre l’Agenzia delle Entrate non ha svolto attività difensiva;

che il P.G. ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che con il primo motivo d’impugnazione la ricorrente assume l’insufficiente motivazione della sentenza impugnata, atteso che la C.T.R. ha omesso di pronunciarsi su specifiche censure proposte con il gravame (vizio della cartella di pagamento per duplicazione del ruolo, carente e illogica motivazione della sentenza della C.T.P. circa la sufficienza della motivazione della cartella, violazione di un interesse legittimo del contribuente a causa della mancata risposta dell’Agenzia delle Entrate all’istanza di autotutela), con conseguente nullità della decisione, non potendo limitarsi il giudice di secondo grado ad un mero richiamo alla pronuncia gravata, e formula il seguente quesito di diritto “Dica l’Ecc.mo Collegio se la sentenza di secondo grado debba essere motivata in ragione di tutte le eccezioni proposte nelle conclusioni dell’appellante e dell’appellato ovvero se il Giudice di seconde cure possa pronunciarsi con un mero richiamo alla sentenza di primo grado senza emettere un provvedimento autonomo con una motivazione autosufficiente”;

con il secondo motivo assume la violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, artt. 7 e 16, D.Lgs. n. 32 del 2001, art. 8, nonchè l’insufficiente motivazione della sentenza impugnata, in ragione del fatto che la carente indicazione delle motivazioni della iscrizione esattoriale costituisce vizio proprio della cartella, non essendo ricavabile da tale atto la causale dell’imposta richiesta, genericamente riferita ad “IVA – Interessi – Sanzioni”, e formula il seguente quesito di diritto “Dica l’Ecc.mo Collegio se la carenza di elementi essenziali della cartella esattoriale sia o meno un vizio della stessa; pertanto sia opponibile mediante ricorso avverso l’iscrizione esattoriale; gli atti dell’Amministrazione Finanziaria debbano essere motivati e debbano quindi indicare le ragioni che stanno alla base della pretesa tributaria; pertanto la cartella esattoriale, qualora la natura del credito iscritto a ruolo sia fiscale, debba o meno indicare, seppur in maniera sintetica, la motivazione dell’iscrizione e dunque degli elementi posti a fondamento della pretesa riscossione forzosa”;

che le censure, scrutinabili congiuntamente in quanto strettamente connesse, sono infondate e non meritano accoglimento;

che, invero, costituisce principio consolidato quello secondo cui “La sentenza pronunziata in sede di gravame è legittimamente motivata “per relationem” ove il giudice d’appello, facendo proprie le argomentazioni del primo giudice, esprima, sia pure in modo sintetico, le ragioni della conferma della pronuncia in relazione ai motivi di impugnazione proposti, sì da consentire, attraverso la parte motiva di entrambe le sentenze, di ricavare un percorso argomentativo adeguato e corretto, ovvero purchè il rinvio sia operato sì da rendere possibile ed agevole il controllo, dando conto delle argomentazioni delle parti e della loro identità con quelle esaminate nella pronuncia impugnata, mentre va cassata la decisione con cui il giudice si sia limitato ad aderire alla decisione di primo grado senza che emerga, in alcun modo, che a tale risultato sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame.” (Cass. n. 14786/2016);

che, dunque, la sentenza della C.T.R. non può dirsi completamente carente in relazione alle critiche mosse dall’appellante alla statuizione di primo grado posto che, per un verso, ha ritenuto assolto l’obbligo motivazionale gravante sull’Ufficio in quanto, nel caso di specie, la cartella esattoriale non costituisce il primo ed unico atto con il quale l’ente impositore ha esercitato la pretesa tributaria, facendo essa seguito agli avvisi di contestazione e di accertamento emessi, giusta verifica fiscale e p.v.c., nei confronti della contribuente, e ad essa precedentemente notificati, per cui priva di fondamento è l’affermazione che l’atto impugnato dovesse essere motivato alla stregua di un atto propriamente impositivo, per altro verso, ha ribadito l’improponibilità di vizi concernenti la pretesa fiscale in quanto, “in ogni caso, il contribuente doveva impugnare entro i termini di legge, l’avviso di accertamento”, atteso che, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, si possono far valere i vizi di un atto pregresso, autonomamente impugnabile, quali appunto quelli qui considerati, solo in caso di mancata notifica dell’atto anteriore;

che, del resto, la fondatezza della deduzione concernente la violazione del diritto di difesa per carenza nell’atto impugnato degli elementi indispensabili per consentire alla contribuente di effettuare il necessario controllo sulla correttezza dell’imposizione, resta esclusa dalla circostanza, riportata nello stesso ricorso per cassazione, che l’atto impugnato (“Dettaglio degli addebiti”… Descrizione: Ruolo n. 2006/317 reso esecutivo in data 03-04-2006…”) faceva rinvio ad altro atto presupposto dell’imposizione medesima;

che, infine, quanto al profilo di censura concernente la mancata risposta dell’Agenzia delle Entrate all’istanza di autotutela, i giudici di merito hanno fatto applicazione del principio, affermato da questa Corte, secondo cui l’esercizio, da parte dell’Amministrazione finanziaria, del potere discrezionale di annullamento in autotutela di un atto impositivo, il quale non costituisce un mezzo di tutela del contribuente, se può essere oggetto del sindacato del giudice tributario, che deve verificare l’esistenza di eventuali profili di illegittimità del rifiuto, ma giammai può essere utilizzato per contestare la fondatezza della pretesa tributaria, ” sindacato che costituirebbe un’indebita sostituzione del giudice nell’attività amministrativa ” (Cass. S.U. n. 7388/2007), ed in tal senso deve intendersi integrata, a norma dell’art. 384 c.p.c., comma 2, la motivazione, essendo il dispositivo comunque conforme al diritto;

che, in conclusione, il ricorso va respinto e la ricorrente condannata al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, in favore della parte intimata costituita, liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte, rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 6.000,00 per compensi, oltre rimborso spese generali nella misura del 15 per cento, ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 5 ottobre 2017.

Depositato in Cancelleria il 25 ottobre 2017

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