Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25291 del 09/12/2016


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Cassazione civile sez. VI, 09/12/2016, (ud. 06/10/2016, dep. 09/12/2016), n.25291

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. CIRILLO Ettore – rel. Consigliere –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. FEDERICO Giulio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21375-2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

P.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 221/01/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di TORINO, emessa il 22/11/2013 e depositata il

04/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/10/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ETTORE CIRILLO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte,

ritenuto che, a sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“La CTR di Torino ha respinto l’appello dell’Agenzia – appello proposto contro la sentenza n. 171/01/2011 della CTP di Asti che aveva già parzialmente accolto il ricorso del contribuente P.G. (fatta eccezione per i versamenti del 20.7.2004 e del 16.8.2004 tardivamente chiesti a rimborso nonchè per i versamenti del 2004 e 2005 a riguardo dei quali difettava istanza di rimborso)- ed ha così parzialmente accolto il ricorso avverso silenzio-rifiuto sull’istanza di rimborso di IRAP versata in relazione a periodi di imposta anni 2004-2008, ricorso proposto sulla premessa che il contribuente esercita la professione di medico pediatra ed e privo del presupposto d’imposta dell’autonoma organizzazione. La predetta CTR ha motivato la decisione evidenziando che il contribuente – che svolge la sola attività di medico in convenzione – per la natura della sua attività è sottoposto a vincoli che limitano la libertà d’impiego delle proprie risorse fisiche, intellettuali e patrimoniali, status che esclude la ricorrenza del requisito dell’autonoma organizzazione, sicchè qualsiasi organizzazione egli intenda attribuirsi “non produce vantaggi economici superiori a quelli prodotti con la propria capacità individuale”. L’Agenzia ha interposto ricorso per cassazione affidato a duplice motivo. La parte contribuente non si è difesa. Il ricorso – ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c…- può essere definito ai sensi dell’art. 375 c.p.c.. Con il primo motivo d’impugnazione l’Agenzia ricorrente prospetta la violazione dell’art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia su un motivo d’appello e si duole del fatto che la CTR abbia omesso di motivare in merito alla censura concernente la circostanza che il contribuente abbia esercitato l’attività professionale avvalendosi di prestazioni di lavoro dipendente, così come ammesso da quest’ultimo (a riguardo dell’esistenza di un collaboratore che svolge mansioni di segreteria). Con il secondo motivo di impugnazione, la ricorrente Agenzia prospetta la violazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2 (anche in combinato disposto con l’art. 2697 c.c. e con la L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 515), e – sulla premessa che era stato ammesso dallo stesso contribuente che questi si sia servito di una segretaria per lo svolgimento della sua attività – si duole per avere la CTR escluso l’esistenza del requisito dell’autonoma organizzazione in relazione ad una fattispecie nella quale si discute – appunto – di un medico convenzionato che si avvalga per lo svolgimento della sua professione di un dipendente. Eludendo questa censura, la CTR aveva in concreto risolto negativamente la questione giuridica concernente l’integrazione del presupposto di imposta nella fattispecie qui in discorso, in considerazione della regula iuris (desumibile dalla pronuncia di Cass. S. U. 12109/2009 ed altre) secondo cui la presenza di personale dipendente e di per se elemento idoneo a costituire presupposto di imposta. I motivi (da esaminare congiuntamente per la loro stretta coerenza) appaiono infondati e da disattendersi. Da un canto appare manifestamente infondato l’assunto di omessa pronuncia, apparendo che il giudicante (nel motivare con argomenti pregiudiziali ed assorbenti) ha implicitamente risolto negativamente la censura concernente l’esistenza di lavoro dipendente, ovviamente da considerarsi irrilevante alla luce degli argomenti decisionali, di cui si è dato conto nel riassumerne la motivazione. Quanto al merito della questione prospettata con il secondo motivo, va detto preliminarmente che con recente pronuncia le Sezioni Unite di questa Corte hanno precisato che “con riguardo al presupposto dell’IRAP, il requisito dell’autonoma organizzazione – previsto dal D.Lgs. 15 settembre 1997, n. 446, art. 2 – il cui accertamento spetta al giudice di merito ed e insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente; a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive”. Alla luce di questo autorevole arresto, l’assunto contrario di parte ricorrente, secondo il quale un solo dipendente di genere puramente esecutivo sarebbe elemento idoneo ad integrare il presupposto d’imposta non può trovare qui accoglimento alcuno. E perciò, per quanto non possa convenirsi con le radicali ragioni per le quali il giudice del merito ha respinto il ricorso (ragioni che vanno rilette alla luce del diritto vivente insegnato con la sentenza dinanzi richiamata) non resta che concludere per l’integrale infondatezza dell’impugnazione, con la conseguente possibilità di decidere il ricorso in camera di consiglio per manifesta infondatezza”.

Rilevato che, a seguito della notifica della relazione, non è stata depositata alcuna memoria; che la causa è stata riassegnata ad altro relatore con decreto del 7 settembre 16;

osservato che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condividendo i motivi in fatto e in diritto della relazione, ritiene che ricorra l’ipotesi della manifesta infondatezza del ricorso, per tutte le ragioni sopra indicate nella relazione stessa;

considerato che da tutto ciò consegue il rigetto del ricorso, senza alcuna statuizione sulle spese; che nei casi d’impugnazione respinta integralmente o dichiarata inammissibile o improcedibile, l’obbligo di versare, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, non può trovare applicazione nei confronti delle amministrazioni dello Stato che, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo (ex multis Cassazione civile, sez. 6-L, 29 gennaio 2016, n. 1778).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 6 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 dicembre 2016

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