Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2529 del 01/02/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 2529 Anno 2018
Presidente: AMENDOLA ADELAIDE
Relatore: SCRIMA ANTONIETTA

ORDINANZA
sul ricorso 3066-2016 proposto da:
VICARI GIUSEPPE, CARNEMOLLA GIANFRANCO, GIANGRASSO MARIA
CONCETTA FRANCA, LEONE ALFREDO FRANCO, domiciliati in ROMA,
PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE DI
CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato GIOVANNI
FERRAU’;
– ricorrenti contro
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA
– C.F. 80188230587, in persona del Ministro

pro tempore,

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI – C.F. 80185250588, in
persona del Presidente del Consiglio dei Ministri

pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende
ope legis;

Data pubblicazione: 01/02/2018

- controricorrenti avverso la sentenza n. 73/2016 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,
depositata il 13/01/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 27/06/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA

FATTI DI CAUSA
Nel 2004 alcuni medici, tra i quali Giuseppe Vicari, Gianfranco
Carnemolla, Maria Concetta Franca Giangrasso e Alfredo Franco
Leone, convennero in giudizio, dinanzi al Tribunale di Catania, il
Ministero dell’Università e la Presidenza del Consiglio dei Ministri per
sentirli condannare al pagamento di quanto dovuto a titolo di
risarcimento del danno derivante dal tardivo, imperfetto ed
incompleto recepimento delle direttive comunitarie 75/363/CEE e
75/362/CEE, trasfuse, con modificazioni, nella direttiva 82/76/CEE del
26 gennaio 1982, nonché 93/16/CEE, le quali disponevano che la
formazione dei medici specializzandi formasse oggetto di adeguata
remunerazione, e per sentir, altresì, condannare i convenuti al
risarcimento dei danni derivanti dal mancato riconoscimento dei titoli
di specializzazione valutabili ai fini dei concorsi pubblici.
In particolare i predetti attori chiedevano il riconoscimento del
loro diritto al risarcimento del danno (per equivalente) derivante dal
tardivo e imperfetto recepimento delle direttive europee, da parte
dello Stato italiano, nella misura di euro 44.415,00 per il Vicari, di
euro 44.415,00 per la Giangrasso, di euro 32.536,00 per il
Carnemolla e di euro 32.536,00 per il Leone, il tutto incrementato
dagli interessi e dalla rivalutazione monetaria nonché il
riconoscimento del loro diritto al risarcimento del danno non
patrimoniale, quantificato in euro 5.000,00 ciascuno, ovvero da

Ric. 2016 n. 03066 sez. M3 – ud. 27-06-2017
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SCRIMA.

determinare secondo equità, per il mancato riconoscimento dei titoli
di specializzazione valutabili ai fini dei concorsi pubblici.
Si costituirono le Amministrazioni convenute eccependo il difetto
di giurisdizione del G.O. in favore del G.A., il difetto di legittimazione
passiva sia del Ministero dell’Istruzione sia della Presidenza del

prescrizione del diritto.
Il Tribunale adito, con sentenza n. 1350/2008, depositata il 17
marzo 2008, disattese le eccezioni di difetto di giurisdizione del G.O.
e di difetto di legittimazione passiva delle convenute e, precisato che
la responsabilità invocata dagli attori riguardava la Presidenza del
Consiglio dei Ministri, rigettò le domande proposte dagli attori,
ritenendo prescritto il diritto vantato dagli stessi e compensò
integralmente tra le parti le spese di lite.
L’appello principale proposto dagli attori e l’appello incidentale
proposto dalle Amministrazioni in relazione all’operata compensazione
delle spese furono rigettati dalla Corte di appello di Catania con
sentenza n. 526 del 23 marzo 2012, con compensazione delle spese
di entrambi i gradi del giudizio di merito.
Avverso la sentenza della Corte territoriale gli originari attori
proposero ricorso per cassazione cui resistettero le Amministrazioni
già indicate.
Questa Corte, con sentenza n. 15199/2013 del 18 giugno 2013,
cassò la sentenza impugnata con rinvio della causa alla Corte di
appello di Catania, in diversa composizione, perché si attenesse al
principio, già dalla Corte da ultimo citata disatteso e secondo il quale/
«a seguito della tardiva ed incompleta trasposizione nell’ordinamento
interno delle direttive n. 75/362/CEE e n. 82/76/CEE, relative al
compenso in favore dei medici ammessi ai corsi di specializzazione
universitari – realizzata solo con il d.lgs. 8 agosto 1991, n. 257 – è
rimasta inalterata la situazione di inadempienza dello Stato italiano in
Ric. 2016 n. 03066 sez. M3 – ud. 27-06-2017
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Consiglio dei Ministri, l’infondatezza della domanda e l’intervenuta

riferimento ai soggetti che avevano maturato i necessari requisiti nel
periodo che va dal 10 gennaio 1983 al termine dell’anno accademico
1990-1991; la lacuna è stata parzialmente colmata con la L. 19
ottobre 1999, n. 370, art. 11 che ha riconosciuto il diritto ad una
borsa di studio soltanto in favore dei beneficiari delle sentenze

gli aventi diritto ad analoga prestazione, ma tuttavia esclusi dal citato
art. 11, hanno avuto da quel momento la ragionevole certezza che lo
Stato non avrebbe più emanato altri atti di adempimento alla
normativa europea: nei confronti di costoro, pertanto, la prescrizione
decennale della pretesa risarcitoria comincia a decorrere dal 27
ottobre 1999, data di entrata in vigore del menzionato art. 11; in
riferimento a detta situazione, poi, nessuna influenza può avere la
sopravvenuta disposizione di cui alla L. 12 novembre 2011, n. 183,
art. 4, comma 43, – secondo cui la prescrizione del diritto al
risarcimento del danno da mancato recepimento di direttive
comunitarie soggiace alla disciplina dell’art. 2947 cod. civ. e decorre
dalla data in cui il fatto, dal quale sarebbero derivati i diritti se la
direttiva fosse stata tempestivamente recepita, si è effettivamente
verificato – trattandosi di norma che, in difetto di espressa
previsione, non può che spiegare la sua efficacia rispetto a fatti
verificatisi successivamente alla sua entrata in vigore e cioè al 10
gennaio 2012.».
Questa Corte, con la già richiamata sentenza, precisò che la Corte
territoriale si sarebbe dovuta attenere al predetto principio e avrebbe
poi dovuto esaminare la domanda nel merito o in ordine alle altre
eventuali eccezioni e, qualora fossero stati ritenuti provati i
presupposti sull’an debeatur (quale, tra gli altri, l’effettiva iscrizione
del singolo attore originario ad un corso di specializzazione iniziato
nel periodo tra il 1982 ed il 1991, anche secondo la ripartizione
dell’onere della prova individuata da Cass. 11 novembre 2011, n.

Rtc. 2016 n. 03066 sez. M3 – ud. 27-06-2017
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irrevocabili emesse dal giudice amministrativo; ne consegue che tutti

23577, o da Cass. 27 gennaio 2012, n. 1182), attenersi, per la
liquidazione, ai criteri elaborati sul punto da questa Corte (a partire
dalle sentenze 11 novembre 2011, n. 23558, o 13 marzo 2012, n.
3972) ed avrebbe dovuto provvedere, altresì, sulle spese del giudizio
di legittimità.

nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero
dell’Istruzione, Università e Ricerca chiedendo che i convenuti
venissero condannati al pagamento in favore di ciascuno di essi della
somma di euro 11.103,75 o alla diversa somma parametrata al
criterio di liquidazione individuato da questa Corte per ciascun anno di
frequenza al corso di specializzazione , oltre interessi legali e maggior
danno ex art. 1224, secondo comma, cod. civ., a far data dalla
notifica dell’atto di citazione introduttivo del giudizio (3 maggio 2004)
e dichiararono di rinunciare all’ulteriore danno di euro 5.000,00 per il
mancato riconoscimento dei titoli.
La Presidenza del Consiglio dei Ministri e il predetto Ministero si
costituirono con unica comparsa, chiedendo il rigetto dell’appello
proposto nei confronti del Ministero dell’Istruzione, Università e
Ricerca, stante il giudicato formatosi sul punto con la sentenza del
Tribunale, il rigetto dell’appello di Domenico Confalone e Maria
Concetta Franca Giangrasso perché immatricolatisi prima del 31
dicembre 1982 (così testualmente) nonché l’appello della già
richiamata Giangrasso, di Gianfranco Carnennolla e Alfredo Franco
Leone per aver essi frequentato corsi di specializzazione in branche
non previste nelle invocate direttive, il rigetto dell’appello di tutti gli
altri attori per carenza di prova in ordine all’impegno dei corsi; in via
subordinata, il rigetto della pretesa alle somme indicate da
controparte, dovendosi fare riferimento ai criteri stabiliti da questa
Corte con la sentenza che aveva disposto il rinvio e l’accoglimento
dell’appello incidentale formulata con detta comparsa e, per l’effetto,
Ric. 2016 n. 03066 sez. M3 – ud. 27-06-2017
-5-

I predetti medici provvidero all’instaurazione del giudizio di rinvio

la condanna degli appellanti in solido alle spese e ai compensi di tutti
i gradi di giudizio.
La Corte di appello di Catania, con sentenza del 13 gennaio 2016,
rigettò l’impugnazione nei confronti del Vicari, della Giangrasso, del
Carnemolla e del Leone, accolse il gravame proposto dagli altri

Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero dell’Istruzione,
dell’Università e della Ricerca al pagamento, in favore di questi ultimi
della somma di euro 6.713,94 per ogni anno di specializzazione, oltre
interessi dalla data di notifica dell’atto di citazione del giudizio di
primo grado sino al saldo; compensò tra le parti le spese di lite.
Avverso tale sentenza della Corte territoriale Giuseppe Vicari,
Gianfranco Carnemolla, Maria Concetta Franca Giangrasso e Alfredo
Franco Leone hanno proposto ricorso per cassazione basato su due
motivi, cui hanno resistito la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il
Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca con unico
controricorso.
La proposta del relatore è stata comunicata agli avvocati delle
parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di
consiglio, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ..

RAGIONI DELLA DECISIONE
1.

Il Collegio ha disposto la redazione dell’ordinanza con

motivazione semplificata.
2.

Con il primo motivo, rubricato «Violazione e/o falsa

applicazione degli artt. 112 e 345 c.p.c e degli artt. 24 e 111 Cost. in
relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. Divieto di nova. Error in
procedendo. Tipologia di Scuola. Questione sollevata per la prima
volta in sede di giudizio di rinvio. Tardività ed inammissibilità
dell’eccezione», i ricorrenti censurano la sentenza impugnata nella
parte in cui, premesso che «la circostanza che il corso di
specializzazione rientra tra quelli contemplati dalla direttiva CEE è
Ric. 2016 n. 03066 sez. M3 – ud. 27-06-2017
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appellanti e, in riforma dell’impugnata sentenza, condannò la

una circostanza che attiene al merito della domanda risarcitoria
sottoposta a valutazione giudiziale e la cui sussistenza il giudice ben
può rilevare ex officio», ha affermato che «non ha rilievo … il fatto
che l’estraneità dei corsi frequentati dai medici sopra indicati … non
sia stato tempestivamente sottolineato dalle amministrazioni

può opinarsi diversamente in considerazione del fatto che tale difesa
sia stata svolta nel presente giudizio di rinvio», e, quindi, pur
riconoscendo la novità della questione, ha ritenuto

ex officio di

poterla rilevare.
Ad avviso dei ricorrenti, la tipologia di Scuola frequentata, posta a
fondamento della domanda introduttiva del giudizio, costituisce una
circostanza di fatto che l’Avvocatura erariale ha contestato solo nel
giudizio di rinvio mentre su tale questione le parti avrebbero dovuto
prendere posizione nel rispetto delle preclusioni scandite dal codice di
rito, sicché la Corte di merito avrebbe dovuto ritenere la questione
inammissibile perché tardivamente sollevata.
2.1. Il motivo è fondato.
Ed invero la questione in parola, sollevata nella specie dalle
Amministrazioni pubbliche solo in sede di rinvio, è inammissibile e
tale sarebbe stata, peraltro, già in appello, ostandovi il divieto di nova
sancito dall’art. 345 cod. proc. civ., che riguarda non soltanto le
domande e le eccezioni in senso stretto, ma anche le contestazioni
nuove, ossia quelle non esplicate in primo grado e ciò perché nuove
contestazioni in secondo grado, modificando i temi di indagine,
trasformerebbero il giudizio d’appello da mera
instantiae

in

revisio prioris

il che è estraneo al vigente

iudicium novum,

ordinamento processuale. Come già affermato da questa Corte (Cass.
13/10/2015, n. 20502; v. anche Cass. 28/02/2014, n. 4854), «è la
logica stessa del sistema che esclude che in appello … possano
introdursi nuove contestazioni in punto di fatto (cfr., ad esempio,
Ric. 2016 n. 03066 sez. M3 – ud. 27-06-2017
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appellate, trattandosi di mera difesa non soggetta a preclusioni. Né

Cass. n. 4854/2014 e Cass. n. 7878/2000)» (Cass. 13/10/2015, n.
20502) e tanto, a maggior ragione, può ritenersi valido con
riferimento al giudizio di rinvio (v. anche Cass. 11/01/2016, n. 191 e
15/11/2016, n. 23199).
3. Dall’accoglimento del primo motivo del ricorso resta assorbito

applicazione degli artt. 112, 324 e 329 c.p.c e dell’art. 2909 c.c. in
relazione

all’art.

360,

1

comma,

n.

4

c.p.c.

Giudicato

endoprocessuale. Mancata impugnazione. Definitività della statuizione
di primo grado relativa alla fondatezza della domanda. Error in
procedendo», con il quale i ricorrenti sostengono che la Corte di
merito avrebbe comunque errato nel non ritenere la fondatezza della
pretesa azionata quale questione già decisa e passata in giudicato, in
quanto il Tribunale avrebbe ritenuto fondata la loro pretesa e
rigettato la domanda solo in accoglimento dell’eccezione di
prescrizione quinquennale sollevata ex adverso.
Si evidenzia, peraltro, al riguardo che questa Corte, già con la
sentenza n. 15199 del 2013, come sopra evidenziato, ha precisato
che la Corte territoriale avrebbe dovuto esaminare la domanda nel
merito o in ordine alle altre eventuali eccezioni e, qualora fossero
stati ritenuti provati i presupposti sull’an debeatur (quale, tra gli altri,
l’effettiva iscrizione del singolo attore originario ad un corso di
specializzazione iniziato nel periodo tra il 1982 ed il 1991, anche
secondo la ripartizione dell’onere della prova individuata da Cass. 11
novembre 2011, n. 23577, o da Cass. 27 gennaio 2012, n. 1182),
avrebbe dovuto attenersi per la liquidazione ai criteri elaborati sul
punto da questa Corte (a partire dalle sentenze 11 novembre 2011,
n. 23558, o 13 marzo 2012, n. 3972).
4.

Conclusivamente, va accolto il primo motivo di ricorso,

assorbito il secondo; la sentenza impugnata va cassata e la causa va

Ric. 2016 n. 03066 sez. M3 – ud. 27-06-2017
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l’esame del secondo motivo, rubricato «Violazione e/o falsa

rinviata alla Corte di appello di Catania, in diversa composizione,
anche per le spese del presente giudizio di legittimità.
5. Stante l’accoglimento del ricorso, va dato atto della
insussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei
ricorrenti, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio

24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di
contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a
norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo;
cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del
presente giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Catania in
diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta
Civile – 3 della Corte Suprema di Cassazione, il 27 giugno 2017.

2002 n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge

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