Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25283 del 25/10/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 25/10/2017, (ud. 19/07/2017, dep.25/10/2017),  n. 25283

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. CORBO Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6971-2012 proposto da:

AMMINISTRAZIONE AUTONOMA MONOPOLI DI STATO AAMS UFFICIO REGIONALE

DELLA LOMBARDIA, elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

SNAI SPA, elettivamente domiciliato in ROMA VIA SALLUSTIANA 23,

presso lo studio dell’avvocato ATTILIO CAROSELLI, che lo rappresenta

e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 132/2011 della COMM. TRIB. REG. di MILANO,

depositata il 22/07/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/07/2017 dal Consigliere Dott. CORBO ANTONIO.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza depositata in data 22 luglio 2011, la Commissione Tributaria Regionale di Milano, respingendo l’appello proposto dalla Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato, Ufficio Regionale della Lombardia, ha confermato la decisione di primo grado che aveva annullato quattro avvisi di accertamento riguardanti il PREU – prelievo erariale unico – ed emessi dalla medesima Amministrazione per un importo complessivamente superiore a 57.000,00 Euro nei confronti di SNAI s.p.a., soggetto concessionario per l’attivazione, conduzione e gestione operativa della rete per la gestione telematica degli apparecchi di intrattenimento e divertimento di cui all’art. 110, comma 6, TULPS.

Gli avvisi di accertamento sono stati emessi a seguito di controlli della Guardia di Finanza su apparecchi di intrattenimento e divertimento di cui all’art. 110, comma 6, TULPS, dai quali era risultato che detti apparecchi non risultavano collegati al PDA – punto di accesso – nè alla rete telematica dei Monopoli di Stato, e non erano quindi in grado di comunicare i dati contabili e le somme raccolte, la cui notizia è necessaria per il calcolo del PREU.

La sentenza della Commissione Tributaria Regionale, nel confermare la decisione di primo grado, ha rilevato innanzitutto che i poteri di accertamento e controllo sono stati per la prima volta attribuiti all’Amministrazione dei Monopoli di Stato a partire dal 1 gennaio 2007, e che, invece, gli accertamenti sono avvenuti nel 2006. Ha poi osservato che la liquidazione operata dall’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato, Ufficio Regionale della Lombardia, si pone in contrasto con l’avviso bonario notificato alla SNAI s.p.a. il 30 giugno 2009 dall’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato, Ufficio Regionale della Toscana, delegata dall’Amministrazione centrale dei Monopoli di Stato, la quale aveva operato il controllo automatizzato in forza di quanto previsto dal D.M. 12 luglio 2007, art. 3, e, dopo aver ricevuto i chiarimenti richiesti, aveva liquidato definitivamente le somme dovute; in altri termini, gli avvisi impugnati dalla SNAI s.p.a. determinavano una illegittima duplicazione dei tributi.

2. Ha presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale indicata in epigrafe l’Avvocatura generale dello Stato, per conto dell’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato, Ufficio Regionale della Lombardia, articolando due motivi, preceduti da una premessa.

2.1. Nella premessa, si rappresenta che: -) il soggetto passivo del PREU, pari al 13,5% delle somme giocate è il concessionario di rete al quale l’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato ha rilasciato il nulla osta per la messa in esercizio degli apparecchi di cui all’art. 110, comma 6, TULPS; -) i quattro accessi – effettuati il 9 febbraio 2006, il 30 gennaio 2006, il 9 gennaio 2006 ed il 3 marzo 2006 – avevano consentito, da un lato, di accertare che gli apparecchi controllati non erano collegati al PDA (punto di accesso) e quindi alla rete telematica dei Monopoli di Stato, e, dall’altro, di rilevare dai contatori delle macchine da gioco i dati effettivi a quel giorno presenti esistenti; -) la Commissione Tributaria Provinciale e quella Regionale avevano sostanzialmente espresso motivazioni di identico contenuto.

2.2. Con il primo motivo, si lamenta violazione di legge, in riferimento al D.L. n. 269 del 2003, art. 39, comma 13, e art. 39 – quater, il D.P.R. n. 33 del 2002, art. 1, la L. n. 296 del 2006, art. 1, commi 81 e 84, il D.L. n. 282 del 2002, art. 8, conv. dalla L. n. 27 del 2003, art. 8, il D.Lgs. n. 300 del 1999, art. 25, e succ. modif., nonchè al D.M. 12 marzo 2004, n. 86, a norma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), avendo riguardo alla normativa applicabile.

Si deduce che la decisione impugnata non individua correttamente la fonte normativa che assoggetta il concessionario al debito di imposta, ed erra nell’identificazione delle norme attributive del potere di accertamento e controllo del PREU in capo all’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato.

Per quanto attiene alla normativa che individua il concessionario di rete come debitore di imposta per il PREU, si evidenzia che già il D.L. n. 269 del 2003, art. 39,comma 13, non ammetteva dubbi in proposito, e che tale disciplina è stata confermata anche dalla L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 81. Pertanto, la contestazione contenuta nei quattro avvisi di accertamento non presuppone l’applicazione retroattiva di una nuova disciplina.

Per quanto concerne l’identificazione delle norme attributive del potere di accertamento e controllo del PREU in capo all’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato, si rappresenta che il potere di quest’ultima di accertare le violazioni commesse dal concessionario di rete non deriva dall’introduzione del D.L. n. 269 del 2003, art. 39 – quater, convertito dalla L. n. 326 del 2003, per effetto della L. n. 296 del 2006, art. 39 – quater, avvenuta quindi in epoca successiva ai verbali sui quali si fondano gli avvisi di accertamento, ma deve ritenersi immanente alle competenze assegnate sin dal 2002 alla medesima Amministrazione. Si osserva, in particolare, che già D.L. n. 282 del 2002, art. 8, conv. dalla L. n. 27 del 2003, attribuisce espressamente all’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato “le funzioni dell’Amministrazione finanziaria in materia di amministrazione, riscossione e contenzioso delle entrate tributarie riferite ai giochi (…) e agli apparecchi di divertimento e intrattenimento”; è però implicito nel trasferimento delle funzioni anche il trasferimento dei poteri connessi, perchè altrimenti le funzioni non potrebbero essere esercitate. Si conclude, quindi, che i verbali posti a base degli avvisi di accertamento in forza delle norme attributive delle funzioni e dei connessi poteri all’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato.

2.3. Con il secondo motivo, si lamenta violazione di legge, in riferimento al D.L. n. 369 del 2003, art. 39, comma 13, e il Decreto Direttoriale 14 luglio 2004, n. 1074, artt. 2 e 3, a norma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), avendo riguardo alla insussistenza di una duplicazione di accertamenti.

Si deduce che nessuna duplicazione di accertamento è avvenuta per essere stati gli avvisi di accertamento in questione preceduti dall’accertamento dell’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato, Ufficio Regionale della Toscana, delegata dall’Amministrazione centrale dei Monopoli di Stato. Quest’ultimo, infatti, ha avuto ad oggetto non i dati di gioco non dichiarati, ma solo i dati rilevabili dagli apparecchi collegati alla rete telematica ed ha liquidato forfettariamente gli importi dovuti per apparecchi in uso ma non collegati alla rete telematica a norma del D.M. 14 luglio 2004, art. 3; gli avvisi di accertamento in contestazione, invece, hanno ad oggetto una liquidazione sì forfettaria, ma operata sulla base dei dati non dichiarati e rilevati direttamente all’esito degli accessi e, quindi, hanno una funzione di liquidazione integrativa.

3. Resiste con controricorso SNAI s.p.a..

Si premette un ampio panorama sull’evoluzione della disciplina in materia, riportando, in particolare, ampi stralci della disciplina di cui al D.M. 14 luglio 2004, art. 2, ed all’annesso allegato tecnico, in tema di computo della base imponibile.

Si osserva, poi, quanto alle doglianze esposte nel primo motivo di ricorso, che non è stata mai in discussione l’identificazione del soggetto passivo del PREU nel concessionario di rete, ma che, invece, ciò che non è condivisibile è l’individuazione dell’esistenza di un potere di accertamento e di controllo in materia di PREU in capo all’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato prima dell’introduzione del D.L. n. 269 del 2003, art. 39 – quater, convertito dalla L. n. 326 del 2003, art. 39 – quater, per effetto della L. n. 296 del 2006. L’insussistenza di tale potere all’epoca dei verbali di accertamento del 9 gennaio 2006, del 30 gennaio 2006, del 9 febbraio 2006 e del 30 marzo 2006 ed il principio generale di irretroattività della legge, invero, considerati congiuntamente, rendono illegittimi tali atti, sulla cui base sono stati emessi gli avvisi in contestazione. Si precisa che le disposizioni precedenti alla data dei citati verbali non implicavano l’attribuzione dei poteri di accertamento e di controllo in capo all’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato, perchè altrimenti non ci sarebbe stato bisogno dell’intervento del legislatore con la L. n. 296 del 2006, e che, inoltre, e in ogni caso, deve tenersi conto del richiamo effettuato dai giudici di primo e secondo grado anche all’applicabilità della successiva disciplina di cui al D.L. n. 78 del 2009, in vigore al momento della notifica degli avvisi di accertamento in contestazione, la quale ha eliminato la responsabilità del concessionario di rete.

Si rileva, quindi, quanto alle doglianze esposte nel secondo motivo di ricorso, sulla duplicazione degli accertamenti, che vi è una contraddizione tra il sostenere che gli avvisi di accertamento trovano il loro fondamento nel D.L. n. 269 del 2003, art. 39, comma 13, il quale basava la responsabilità del concessionario di rete unicamente sulla titolarità del nulla osta per la messa in esercizio degli apparecchi, e l’affermazione secondo cui l’omessa trasmissione dei dati degli apparecchi avrebbe determinato un’evasione di imposta sfuggita ai controlli automatizzati dell’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato, Ufficio Regionale della Toscana. Invero, anche quest’ultima aveva proceduto alla liquidazione forfettaria del tributo a seguito dei controlli eseguiti sugli apparecchi risultati non collegati.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso, per le ragioni di seguito precisate, è fondato con riferimento alle censure esposte nel primo motivo, mentre è inammissibile con riferimento alle doglianze contenute nel secondo motivo.

2. Il primo motivo lamenta che la decisione impugnata, da un lato, non individua correttamente la fonte normativa che assoggetta a debito di imposta il concessionario della rete telematica per gli apparecchi di intrattenimento e divertimento di cui all’art. 110, comma 6, TULPS e, dall’altro, erra nell’identificare le norme applicabili ai fini dell’individuazione del potere di accertamento e di controllo spettante all’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato in materia di prelievo erariale unico (cd. PREU).

2.1. Occorre premettere che la sentenza impugnata e la stessa controricorrente non dubitano della posizione di soggetto passivo spettante al concessionario di rete in relazione agli obblighi derivanti dal sistema del PREU.

Il problema, quindi, concerne i poteri spettanti all’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato in materia di prelievo erariale unico (cd. PREU) al momento degli accessi, compiuti tra il 9 gennaio ed il 3 marzo 2006, e, segnatamente, se la stessa potesse compiere3 o avvalersi di accertamenti effettuati sugli apparecchi utilizzati per il gioco.

Secondo l’Amministrazione, la risposta al quesito deve essere positiva, in particolare perchè ad essa erano attribuite “le funzioni dell’Amministrazione finanziaria in materia di amministrazione, riscossione e contenzioso delle entrate tributarie riferite ai giochi (…) e agli apparecchi di divertimento e intrattenimento” già dal D.L. n. 282 del 2002, art. 8, conv. dalla L. n. 27 del 2003, e che il trasferimento delle funzioni implica, logicamente, anche il trasferimento dei poteri necessari per esercitarle.

Secondo la sentenza impugnata e la controricorrente, invece, si impone la soluzione negativa perchè l’esplicita attribuzione di poteri di accertamento e controllo è avvenuta solo per effetto della L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, che ha introdotto il D.L. n. 269 del 2006, art. 39 – quater, convertito dalla L. n. 326 del 2003.

2.2. La tesi prospettata dalla difesa erariale deve essere condivisa.

Invero, il D.L. 24 dicembre 2002, n. 282, art. 8, come conv. dalla L. n. 27 del 2003, art. 8, prevede: “Dal 1 aprile 2003 le funzioni dell’Amministrazione finanziaria in materia di amministrazione, riscossione e contenzioso delle entrate tributarie riferite ai giochi, anche di abilità, ai concorsi pronostici, alle scommesse e agli apparecchi da divertimento e intrattenimento, sono esercitate dall’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato. Restano salvi gli effetti degli atti impositivi in materia di giochi, concorso pronostici e scommesse, emanati sino alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, dall’Agenzia delle entrate anche congiuntamente con l’Amministrazione autonoma del monopoli di Stato”. Inoltre, il D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 39, comma 13, come convertito dalla L. n. 326 del 2003, stabilisce: “Agli apparecchi e congegni di cui all’art. 110, comma 6, del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al R.D. 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni ed integrazioni, collegati in rete, si applica un prelievo erariale fissato in misura del 15% delle somme giocate. Per l’anno 2004, fino al collegamento in rete, per ciascun apparecchio o congegno è dovuto, a titolo di acconto, un versamento nella misura di 5.000 euro, da effettuarsi contestualmente alla richiesta di nulla osta di cui alla L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 38, comma 5, e successive modificazioni ed integrazioni. Con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, da emanarsi entro il 31 gennaio 2004, sono definiti i termini e le modalità di assolvimento del prelievo erariale”.

In sintesi, dalle due citate previsioni si evince, da un lato, che le funzioni dell’Amministrazione finanziaria in materia di amministrazione, riscossione e contenzioso delle entrate tributarie riferite ai giochi, anche di abilità, ai concorsi pronostici, alle scommesse e agli apparecchi da divertimento e intrattenimento, già dal 2002 sono esercitate dall’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato, e, dall’altro, che in relazione agli apparecchi e congegni di cui all’art. 110, comma 6, TULPS si applica, sin dal 2004, un prelievo erariale fissato in misura pari al 15% delle somme effettivamente giocate.

Ora, se il prelievo erariale è fissato in misura calcolata sulle somme effettivamente giocate, l’esercizio di funzioni di riscossione ed accertamento delle entrate tributarie connesse ad apparecchi e congegni di cui all’art. 110, comma 6, TULPS non può non implicare un accesso diretto alle macchine utilizzate. La soluzione contraria consentirebbe di fatto al contribuente, di sottrarre insindacabilmente ai controlli gli apparecchi, qualora non li colleghi al punto di accesso (cd. PDA).

Del resto, la mancata specificazione espressa prima dell’introduzione del D.L. n. 269 del 2006, art. 39 – quater, convertito dalla L. n. 326 del 2003, della spettanza all’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato, del potere di accesso diretto alle macchine si spiega perchè la disciplina antecedente al 2004 stabiliva che il prelievo erariale dovesse essere quantificato non in percentuale sulle somme giocate, bensì forfettariamente per ciascun apparecchio, con differenze determinate dalle diverse tipologie di apparecchio.

In altri termini, la soluzione accolta nella sentenza impugnata significherebbe, di fatto, per il periodo compreso tra il gennaio 2004 ed il dicembre 2006, la sottrazione ai controlli degli apparecchi da gioco non collegati al punto di accesso e, quindi, una sostanziale vanificazione del potere di accertamento e riscossione dell’Amministrazione finanziaria in materia, pur se espressamente prevista dalla legge.

3. Il secondo motivo lamenta che la decisione impugnata erroneamente ha ritenuto che gli avvisi di accertamento impugnati abbiano implicato una duplicazione di accertamenti.

La doglianza è inammissibile perchè richiede un accertamento in fatto, concernente l’esito dei controlli automatizzati compiuti a norma del D.M. 14 luglio 2004, art. 3, precluso in questa sede.

Invero, per concludere se gli avvisi di accertamento impugnati abbiano implicato o meno, eventualmente anche solo in parte, una duplicazione dell’accertamento eseguito mediante i controlli automatizzati, occorre procedere all’esame ed al raffronto del contenuto e del risultato di entrambe le operazioni di verifica.

4. La cassazione della sentenza impugnata nella parte in cui aveva confermato la pronuncia di annullamento, emessa dal primo giudice, con riferimento ai quattro avvisi di accertamento in contestazione, in ragione della ritenuta insussistenza, in capo all’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato, del potere di accesso diretto alle macchine, impone una riconsiderazione complessiva della vicenda da parte del giudice del rinvio, il quale dovrà procedere ad accertare la correttezza della pretesa erariale, presupponendo la legittimità, in linea di principio, dell’utilizzo degli atti relativi agli accessi effettuati il 9 febbraio 2006, il 30 gennaio 2006, il 9 gennaio 2006 ed il 3 marzo 2006, e dovrà comunque prendere in esame anche il contenuto ed il risultato dell’accertamento eseguito mediante i controlli automatizzati.

Il giudice del rinvio, che si individua nella Commissione Tributaria Regionale della Lombardia in diversa composizione, provvederà anche alla determinazione delle spese per il giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara inammissibile il secondo; cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese del giudizio di legittimità alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Adunanza Camerale, il 19 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 25 ottobre 2017

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