Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25283 del 11/11/2020

Cassazione civile sez. III, 11/11/2020, (ud. 22/07/2020, dep. 11/11/2020), n.25283

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3138/2019 proposto da:

DESOL SERVICE S.N.C. DI D.S. E S.E.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TAGLIAMENTO 55, presso lo

studio dell’avvocato NICOLA DI PIERRO, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato FABIANA CAROLI;

– ricorrente –

contro

POSTEL S.P.A. (già POSTESHOP S.P.A.), elettivamente domiciliata in

ROMA, V.LE REGINA MARGHERITA 294, presso lo studio dell’avvocato

ANGELO VALLEFUOCO, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato VALERIO VALLEFUOCO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7149/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 13/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22/07/2020 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA CIRILLO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Roma ingiunse a Desol Service s.n.c. il pagamento di Euro 7.917,93 in favore di Posteshop s.p.a., a titolo di mancato saldo di varie fatture emesse per il rapporto di affiliazione commerciale stipulato tra le parti in data 27 novembre 2006.

Si oppose al decreto la società ingiunta, sostenendo di non essere tenuta al pagamento di quella somma e chiedendo, in via riconvenzionale, che Posteshop s.p.a. fosse condannata al risarcimento dei danni nei suoi confronti, sul rilievo che l’attività commerciale offerta da quest’ultima in franchising si era rivelata fallimentare, al punto che il contratto doveva essere annullato ai sensi della L. 6 maggio 2004, n. 129, art. 8, essendo state fornite da Posteshop s.p.a. una serie di false informazioni commerciali. La società opponente eccepì, inoltre, l’invalidità del contratto ai sensi della L. n. 129 del 2004, art. 4, posto che il franchisor non aveva consegnato al franchisee la bozza del contratto almeno trenta giorni prima della sua stipulazione, com’era suo preciso obbligo legale.

Nel giudizio si costituì Posteshop s.p.a., poi divenuta Postel s.p.a., eccependo in rito l’improponibilità della domanda per l’esistenza di una clausola arbitrale e chiedendo nel merito il rigetto dell’opposizione, avanzando a sua volta una richiesta di risarcimento dei danni nei confronti della Desol Service per l’illegittima risoluzione anticipata del contratto.

Il Tribunale accolse l’opposizione della Desol Service s.n.c., revocò il decreto ingiuntivo, accolse la domanda riconvenzionale della società opponente, annullò il contratto di affiliazione commerciale stipulato tra le parti per colpa grave della società Postel, condannandola al risarcimento dei danni nella misura di Euro 108.025, con rivalutazione ed interessi, rigettò la domanda risarcitoria di Postel s.p.a. e pose a suo carico il pagamento delle spese di lite.

2. La sentenza è stata impugnata da Postel s.p.a. e la Corte d’appello di Roma, con sentenza del 13 novembre 2018, ha accolto parzialmente il gravame e, in riforma dell’impugnata sentenza, ha rigettato l’opposizione al Decreto Ingiuntivo e la domanda riconvenzionale di annullamento del contratto proposte dalla Desol Service s.n.c., compensando per metà le spese di lite e ponendo l’altra metà a carico di quest’ultima.

Ha osservato la Corte territoriale che, in applicazione del principio della c.d. ragione più liquida, non occorreva soffermarsi sulla validità dell’invocata clausola di competenza arbitrale la quale, comunque, riguardava la sola esecuzione ed interpretazione del contratto, per cui non poteva essere richiamata in un giudizio avente ad oggetto la validità dello stesso.

Ciò premesso, la Corte romana ha rilevato che la sentenza del Tribunale si fondava “esplicitamente ed integralmente sui dati acquisiti e sulle valutazioni espresse dall’Autorità garante per la concorrenza ed il mercato (provvedimento n. 20951 del 30 marzo 2010) in relazione alla natura ritenuta ingannevole dei messaggi pubblicitari volti a promuovere la conclusione di contratti di franchising come quello per cui è causa”. Nel caso specifico, però, quel provvedimento non poteva essere utilmente richiamato, perchè la pubblicità ingannevole che era stata sanzionata dall’AGCOM riguardava messaggi pubblicitari e previsioni di fatturato successivi al 2006, relativi quindi ad un periodo successivo a quello di stipulazione del contratto per cui è causa. Ne conseguiva che il Tribunale si era erroneamente richiamato a quel provvedimento, posto che per la vicenda odierna si sarebbe potuto fare riferimento soltanto a fatti antecedenti il 2006, sulla base di un giudizio formulato ex ante.

Poichè, inoltre, la Desol Service s.n.c. non aveva proposto appello incidentale nè aveva chiesto, costituendosi in appello, che la sentenza impugnata fosse confermata “in ragione di ulteriori e diversi riscontri probatori”, l’appello doveva essere integralmente accolto, con conseguente rigetto sia dell’opposizione al decreto ingiuntivo che della domanda risarcitoria avanzata dalla parte debitrice.

La Corte d’appello ha poi rigettato, per mancanza di prova del danno, anche la domanda riconvenzionale di risarcimento avanzata dalla società Postel.

3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Roma propone ricorso la Desol Service s.n.c. con atto affidato a tre motivi.

Resiste Postel s.p.a. con controricorso.

Le parti hanno depositato memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 5), violazione e falsa applicazione degli artt. 112,115 e 116 c.p.c., in relazione alla L. n. 129 del 2004, art. 8 e agli artt. 1439 e 1337 c.c., nonchè omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in relazione ad una molteplicità di profili.

L’articolata censura lamenta che la Corte d’appello (1) avrebbe pronunciato su di un fatto costitutivo diverso da quello dedotto dalla parte ricorrente. L’originaria domanda, infatti, chiedeva al giudice di accertare se, alla luce dei documenti e delle prove raccolti, fosse ravvisabile o meno un comportamento doloso da parte della società Postel, con violazione delle norme suindicate. Rispetto a tale domanda, il provvedimento dell’AGCOM era stato richiamato solo come elemento di supporto, dato che non era stata proposta alcuna domanda avente ad oggetto una pubblicità ingannevole. In secondo luogo, la censura lamenta (2) un’omissione di pronuncia su di un fatto controverso oggetto di disamina tra le parti, per essersi la Corte d’appello fermata alla critica posta contro la sentenza di primo grado senza estendere l’indagine agli ulteriori fatti costitutivi allegati. La società ricorrente rileva, al riguardo, che non è esatto dire che la sentenza di primo grado si fondi soltanto sul richiamato provvedimento dell’AGCOM, come sostiene la Corte d’appello. Vero sarebbe, al contrario, che la Desol Service, pur richiamando a supporto della propria opposizione quel provvedimento, aveva poi prodotto una molteplicità di altre prove documentali, richiamate nel ricorso, dalle quale emergeva che molte altre società che avevano aderito al medesimo contratto proposto dalla società Postel si erano trovate in gravi difficoltà, tanto che quest’ultima aveva ricevuto parecchie lettere di contestazione; nè la stessa aveva dimostrato nel giudizio di primo grado di aver fornito un’adeguata corretta informazione sulle prospettive economiche del contratto e sui punti vendita che erano stati chiusi già nel 2006. La censura lamenta, infine, (3) che la sentenza impugnata sarebbe errata nella parte in cui non ha riconosciuto valore di prova privilegiata al provvedimento dell’AGCOM del 2010, tale da costituire almeno una presunzione semplice. La ricorrente ricorda che, per costante giurisprudenza, gli atti del procedimento condotto dall’Autorità indicata assumono il valore di prova privilegiata, cosa che la sentenza avrebbe del tutto ignorato.

2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 5), violazione e falsa applicazione degli artt. 112,333 e 346 c.p.c. e omesso esame di un fatto decisivo, per avere la Corte d’appello omesso di pronunciarsi sull’intera domanda proposta dall’appellata in primo grado, sull’errato convincimento che, in mancanza di appello incidentale, la Desol Service non avesse riproposto le stesse domande in sede di appello.

La società ricorrente premette che non era stata riproposta in appello la sola domanda avanzata in primo grado in via subordinata, e cioè quella di annullamento del contratto per abuso di posizione dominante. Dopo aver trascritto le conclusioni rassegnate davanti al Tribunale, la ricorrente osserva che non c’era alcuna domanda per la quale dovesse proporsi appello incidentale; ed infatti, alla luce della sentenza 12 maggio 2017, n. 11799, delle Sezioni Unite di questa Corte, si dovrebbe distinguere tra impugnazione incidentale ed onere di riproposizione delle domande ai sensi dell’art. 346 c.p.c.. La prima è necessaria in presenza del rigetto espresso o indiretto di una domanda, mentre la seconda non esige alcuna critica alla sentenza impugnata, ma solo la riproposizione di domande ed eccezioni già formulate in primo grado. Dalla lettura della comparsa di risposta depositata dalla Desol Service in grado di appello risulterebbe che essa aveva riproposto in secondo grado una serie di questioni, e cioè: una valutazione dei fatti alla luce di tutte le prove raccolte, l’invalidità del contratto di affiliazione commerciale ai sensi della L. n. 129 del 2004, art. 4 e la valutazione degli elementi oggetto di istruttoria da parte dell’AGCOM. Ne consegue, secondo la ricorrente, che l’ampia documentazione presente in atti avrebbe dovuto imporre alla Corte di merito di compiere proprio quella valutazione ex ante che essa ha affermato essere necessaria per l’accoglimento della domanda della Desol Service.

3. I due motivi di ricorso, da trattare congiuntamente in considerazione dell’evidente connessione che li unisce, sono fondati nei termini che si vanno di seguito a precisare.

3.1. Osserva la Corte che il contenuto delle censure proposte – e, specificamente, quella di cui al punto (2) del primo motivo unitamente al secondo motivo – impone l’accesso agli atti processuali della fase di merito, allo scopo di verificare se realmente, come vuole la società ricorrente, sussistano nella motivazione della sentenza impugnata le omissioni e le violazioni di legge prospettate. Va perciò compiuto un confronto tra le argomentazioni della sentenza di primo grado e la linea difensiva assunta in appello dall’odierna società ricorrente.

Dalla lettura dei relativi atti emerge, innanzitutto, che la sentenza del Tribunale, pur avendo dato ampio spazio al provvedimento sanzionatorio emesso dall’AGCOM, non si era basata soltanto su quello. Nella sentenza, infatti, oltre all’espressa adesione alle argomentazioni di cui al menzionato provvedimento sanzionatorio (v. pp. 4-5), è contenuta altresì l’indicazione di una serie di ragioni ulteriori per le quali l’opposizione al decreto ingiuntivo proposta dalla società Desol Service era stata ritenuta fondata, così come la domanda risarcitoria da questa avanzata contro la società Postel. Il Tribunale, infatti, ha anche osservato (v. p. 6 della sentenza) che non erano state fornite da Postel informazioni corrette alla Desol “nella fase precedente alla conclusione del contratto” e che Postel aveva procurato con colpa grave una falsa rappresentazione della realtà inducendo la Desol in errore, errore da ritenere determinante, nel senso che la parte non avrebbe concluso il contratto se avesse avuto una corretta rappresentazione dei fatti.

Non è esatto, quindi, ciò che la Corte d’appello ha dato per pacifico e cioè che la sentenza del Tribunale si fondava “esplicitamente ed integralmente” sui dati acquisiti e sulla valutazione espressa dall’Autorità garante per la concorrenza ed il mercato.

Ma vi è di più. La Desol Service, nel costituirsi in secondo grado, ha contrastato con ampiezza di argomenti il secondo motivo di appello della Postel, dopo averne eccepito addirittura l’inammissibilità (v. p. 12 e ss. appello). Nel fare questo, la comparsa di risposta ha riproposto una serie di argomentazioni già indicate in primo grado e nella premessa allo stesso atto di appello; in particolare, la società appellata ha osservato (v. pp. 1719 della comparsa) che alla data della sottoscrizione del contratto la società Postel era già a conoscenza “della falsità delle informazioni che andava a rendere all’aspirante franchisee”, dato che solo sette punti vendita tra tutti quelli aperti tra il 2003 ed il 2005 avevano raggiunto il fatturato pubblicizzato. Per cui le informazioni fornite in vista della stipulazione del contratto erano da ritenere edulcorate e falsificate; come aveva affermato, del resto, anche il Tribunale nella sentenza impugnata.

Consegue da tali rilievi che la Corte d’appello, una volta ritenute non utilizzabili, ratione temporis, le argomentazioni che il Tribunale aveva tratto dal provvedimento dell’AGCOM, sarebbe dovuta andare oltre e procedere ad esaminare le ulteriori argomentazioni del Tribunale e le questioni poste nell’atto di costituzione da parte della Desol Service. E avrebbe dovuto, essendo giudice di merito, compiere proprio quel giudizio di valutazione ex ante che la sentenza stessa ritiene necessario. Non poteva limitarsi ad affermare – come invece ha fatto – che la non utilizzabilità delle ragioni di cui al citato provvedimento dell’AGCOM la esimeva dall’esaminare ogni altra questione.

3.2. Si impone, poi, un rilievo di carattere processuale.

La società oggi ricorrente era vincitrice in toto all’esito del giudizio di primo grado, avendo ottenuto la revoca del decreto ingiuntivo e l’accoglimento della sua domanda di risarcimento dei danni. Ne deriva che, alla luce dei principi enunciati dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza 12 maggio 2017, n. 11799, correttamente richiamata dalla società Desol nel secondo motivo di ricorso, nessun appello incidentale essa doveva proporre, potendo limitarsi soltanto a riproporre in appello, ai fini dell’art. 346 c.p.c., l’esame delle questioni non esaminate dal primo giudice.

Ciò vale ad escludere che si possa essere maturata una preclusione per giudicato interno in relazione alle argomentazioni che la Corte d’appello non ha ritenuto di dover esaminare, dal momento che le considerazioni contenute nella comparsa di costituzione in appello dell’odierna società ricorrente, come sopra sinteticamente richiamate, fanno ritenere validamente adempiuto l’onere di riproposizione di cui all’art. 346 c.p.c..

3.3. In conclusione, pertanto, sono fondate le censure di cui al punto (2) del primo motivo di ricorso e quelle del secondo motivo. Tale accoglimento esime il Collegio dalla necessità di pronunciarsi anche sulla censura di cui al punto (3) del primo motivo di ricorso, riguardante la necessità di attribuire natura di prova privilegiata al parere dell’AGCOM.

Rimane altresì assorbito il terzo motivo di ricorso, relativo alla presunta inammissibilità del secondo motivo di appello della società Poste.

4. Sono accolti, quindi, il primo ed il secondo motivo di ricorso, nei sensi specificati in motivazione, con assorbimento del terzo.

La sentenza impugnata è cassata e il giudizio è rinviato alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione personale, la quale deciderà il merito dell’appello attenendosi alle indicazioni della presente pronuncia.

Al giudice di rinvio è demandato anche il compito di liquidare le spese del giudizio di cassazione.

PQM

La Corte accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso nei sensi di cui in motivazione, assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione personale, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 22 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2020

 

 

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