Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25283 del 11/11/2013


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 25283 Anno 2013
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: DI VIRGILIO ROSA MARIA

SENTENZA
v- 4

sul ricorso 23741-2007 proposto da:
COSTANTINI

ELETTRONEON

DITTA

S.R.L.

(C.F.

00210740239), trasformata in S.P.A., in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente

Data pubblicazione: 11/11/2013

domiciliata in ROMA, VIA G. MAZZINI 114/A, presso
l’avvocato PASCUCCI FRANCO, che la rappresenta e
2013
1331

difende unitamente all’avvocato BERTOLDI CORRADO,
giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente contro

1

SACAIM – CEMENTI ARMATI ING. MANTELLI S.P.A. (C.F.
00184310274), in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
PRINCIPESSA CLOTILDE 2, presso l’avvocato CLARIZIA
ANGELO, che la rappresenta e difende, giusta

avverso la sentenza n.

controricorrente

104/2007 della CORTE

D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 05/02/2007;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 18/09/2013 dal Consigliere
Dott. ROSA MARIA DI VIRGILIO;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ROSARIO GIOVANNI RUSSO che ha
concluso per il rigetto del ricorso con condanna
alle spese.

procura a margine del controricorso;

N,

2

Svolgimento del processo
Con sentenza 11/5/2006- 5/2/2007, la Corte d’appello di
Venezia ha rigettato l’impugnazione per nullità del lodo
arbitrale emesso in Bassano del Grappa il 28/2/1993,

proposta dalla s.p.a. Costantini Elettroneon nei
confronti della s.p.a. Sacaim, e condannato l’ impugnante
a rifondere alla convenuta le spese del giudizio di
impugnazione, negli importi indicati.
In sede arbitrale, la Costantini aveva chiesto la
condanna della Sacaim, quale capogruppo mandataria
dell’ATI(di cui anche la prima società aveva fatto
parte),

appaltatrice

dell’Azienda

Ospedaliera

San

Giovanni di Dio e Ruggi D’Aragona per i lavori edilizi
del complesso ospedaliero “S.Leonardo”, a pagare la
residua quota spettantele in esito all’accordo bonario ex
art.31 bis 1.109/94 e successive modifiche, concluso
1’8/6/2000 dalla Sacaim nella qualità con la committente,
nella misura pari alla percentuale di partecipazione
della Costantini all’ATI(8,55%, in subordine, 7,91%) o,
in subordine, nella misura delle riserve specifiche
avanzate dalla Costantini, oltre all’8,55%(in subordine,
7,91%) delle riserve generali afferenti l’intera ATI.
Nel corso del procedimento, Sacaim aveva corrisposto alla
Costantini

l’importo

proporzionale

alle

riserve

specifiche tempestivamente iscritte, che questa aveva
3

ricevuto in acconto del maggiore importo, in tesi alla
stessa spettante.
Il Collegio arbitrale aveva respinto tutte le domande,
principale e subordinata, e, riconosciuto correttamente
corrisposto, in corso di procedimento, l’importo relativo

alle riserve specifiche, secondo la percentuale del 25%
riconosciuta dalla Committente sulla richiesta
complessiva dell’ATI senza riferimento alle penali, aveva
condannato Sacaim a versare alla Costantini la somma di
euro 1146,18, indebitamente trattenuta sull’importo
dovuto in dipendenza dell’accordo bonario, oltre
interessi al tasso legale, dal 10/8/03 al saldo,
compensando tra le parti le spese dell’arbitrato e gli
onorari degli Arbitri.
Col primo motivo, l’impugnante aveva lamentato il vizio
di apparente o errata motivazione ex art.829 ,1 ° comma n.
5, che richiama l’art.823 n.3 c.p.c., nel rigetto della
domanda principale volta ad ottenere la ripartizione
della somma percepita da Sacaim a seguito della
transazione secondo la percentuale del 7,91%,
rappresentante la partecipazione della Costantini
all’ATI.
La Corte d’appello ha respinto detto motivo, rilevando
che gli Arbitri avevano concluso nel senso che le
doglianze della Costantini, pur fondate in presenza di
:

un’ATI di tipo orizzontale, in cui più imprese assumono
4

la realizzazione di opere indivisibili per la cui
esecuzione rispondono solidalmente verso il Committente,
non lo erano nel caso in oggetto, di ATI di tipo
verticale, in cui le diverse imprese avevano assunto
ciascuna una lavorazione scorporabile e fatto valere le

specifiche riserve, e la transazione aveva costituito la
tacitazione delle riserve avanzate dalle varie mandanti e
dalla capogruppo; chiaramente gli Arbitri a pag. 28 del
lodo avevano ritenuto versato nel corso del procedimento
circa il 25% dell’importo domandato da parte attrice per
riserve specifiche, atteso che la Committente aveva
riconosciuto detta percentuale sull’ammontare
complessivo delle riserve esplicate in corso d’opera; nel
ragionamento degli Arbitri, infine, non aveva avuto un
ruolo determinante la responsabilità solidale delle
imprese, prevista nell’atto costituivo del raggruppamento
d’ imprese.
La Corte d’appello ha respinto il secondo motivo
d’impugnazione, inteso a far valere la violazione di
regole di diritto, per avere il lodo sancito la decadenza
nella presentazione delle riserve, definite
dall’impugnante come “riserve generali o pretese di
carattere generale”, individuabili alla stregua della
lettera del 13/12/96 ( e precisamente, i maggiori costi
per il prolungamento dei lavori), mentre dette riserve si
sarebbero potute far valere, in tesi, sino alla chiusura
5

del registro di contabilità e del conto finale, redatto
nel caso il 12/3/97.
A riguardo, la Corte d’appello ha rilevato che,secondo il
r.d. 350/1895, disciplinante il contratto in oggetto,
come interpretato dal S.C., era infondato il principio

sostenuto dalla Costantini.
E’ stato respinto anche il terzo motivo, relativo alla
compensazione delle spese di lite, non sussistendo la
dedotta carenza di motivazione, avendo gli Arbitri
valorizzato proprio il pagamento del dovuto ai fini della
compensazione.
Ricorre avverso detta pronuncia la Costantini Elettronen
s.r.1., avendo assunto tale natura giuridica a seguito
della delibera di cui all’assemblea straordinaria del
18/1/2006, con ricorso affidato a quattro motivi, seguiti
da considerazioni attinenti al giudizio rescissorio.
Si difende con controricorso Sacaim.
Motivi della decisione
1.1.- Col primo motivo, la ricorrente denuncia i vizi di
cui all’art.360 n. 3 e n.5., sostenendo la nullità del
lodo ex art.829 n.5 nel richiamo all’art.823 n.5 c.p.c.,
nel testo applicabile ratione temporis (all’impugnazione
in oggetto infatti si applica la normativa anteriore al
d.1g.vo 40/2006, stante la proposizione della domanda di
arbitrato il 27/2/2002),

l’error

in procedendo,la

violazione di regole di diritto, in specie dell’art.1965
6

c.c.,

dell’art.5 n.2

del Regolamento e dell’atto

costitutivo dell’ATI.
Secondo la ricorrente, gli Arbitri hanno ignorato la
valenza dell’accordo transattivo ex art. 31 bis 1.109/94,
che ha precluso ogni possibilità di accertare quale fosse

la situazione giuridica precedente, così impedendo di
valutare le richieste specifiche, per cui l’unico
criterio per determinare l’importo dovuto alla Costantini
è il riferimento alla percentuale di partecipazione della
medesima all’ATI, del 7,91%.
La Corte del merito non ha inoltre valutato l’incidenza
della rinuncia alle penali per il ritardo da parte della
Committente; il ragionamento degli Arbitri è
assolutamente errato e privo di logica nel quantificare
forfettariamente nel 25% il corrispettivo spettante alla
ricorrente; è errato il rilievo del Giudice del merito in
relazione alla responsabilità solidale, che invece
costituisce un ulteriore elemento che annulla ogni
pretesa diversità tra ATI verticale ed orizzontale in
riferimento alla transazione; gli Arbitri e la Corte del
merito non hanno infine evidenziato l’obbligo della
capogruppo, ex art.5 del Regolamento, di produrre e
consegnare in tempo utile atti, documenti, riserve,
ricorsi alla stazione appaltante, e risulta
documentalmente che le riserve generali vennero calcolate
dalla ricorrente e riportate correttamente dalla Sacaim

-i
7

per

l’importo

di

lire

17.590.588.071,

riguardante

l’intera ATI.
Il motivo si conclude con il seguente quesito di diritto:
“La transazione immutando i precedenti rapporti preclude
ex art.1965 c.c. l’accertamento della situazione

giuridica precedente. Quindi, attesa la natura dell’ATI e
l’obbligo di iscrivere riserve per il mandatario, va
determinato che il corrispettivo liquidato
transattivamente ex art.31 dalla Stazione Appaltante va
calcolato in base alla percentuale di partecipazione
all’ATI.
La responsabilità solidale nei confronti del Committente
di tutti i partecipanti all’ATI di tipo verticale fa
venir meno l’elemento qualificante la differenza fra i
due istituti( verticale ed orizzontale).”
Il fatto controverso è così dedotto:” Le riserve iscritte
dalla mandataria Sacaim s.p.a. documentalmente risultano
dell’importo di lire 376.096.978 con riferimento a quelle
specifiche della Costantini s.p.a. e di L. 17.590.588.071
quelle generali di tutta l’ATI(doc. 16 e 17) riguardanti
il prezzo chiuso(revisione prezzi) e gli interessi.”
1.2.- Col secondo motivo, la ricorrente denuncia vizio di
motivazione, per la violazione dell’ art. 829 nn. 5 e 11
c.p.c. (il riferimento al n.11 è peraltro improprio, non
applicandosi, come già detto, la normativa di cui al
d.1g.vo 40/2006).
8

Secondo la ricorrente, dalla documentazione agli atti
risulta che le riserve generali della Costantini, per i
maggiori costi ed il prolungarsi dei lavori coincidono e
sono le stesse già iscritte da Sacaim(doc.16 e 17), e la
Corte del merito non ha considerato le lettere della

Costantini del 7/2/04, 15/3/04, e 31/3/04(rectius, del
1994)(doc. 29/31), di richiesta di iscrizione delle
riserve generali ben prima dell’ultimazione dei lavori.
La motivazione, conclude la ricorrente, è contraddittoria
in relazione al fatto pacifico della richiesta tempestiva
della Costantini dell’iscrizione delle riserve generali e
della rituale indicazione delle stesse alla committente
da parte di Sacaim.
1.3.- Col terzo mezzo, la ricorrente si duole dei vizi di
cui all’art.360 nn.3 e 5 c.p.c., facendo valere la
violazione dell’art.26, 1 0 comma 1.109/94, della 1.
700/1974 e dell’art.2 del d.l. 1501/1947.
La parte osserva che l’accordo con la Committente ha
riguardato elementi per i quali non è richiesta alcuna
riserva sino alla firma del certificato di collaudo del
29/6/2000; i ritardi nei pagamenti e quindi la
rivalutazione e gli interessi concernevano i vari SAL e
le erogazioni complessive della Committente e la
contabilità era tenuta della capogruppo, ed in ogni caso
non è necessaria l’iscrizione di riserva per far valere
il diritto agli

171

interessi, come disposto dall’ art.116,
9

40 comma, d.p.r. 554/1999, ed in precedenza dall’art. 4
della 1. 741/1981; la domanda di revisione del prezzo
andava formulata prima della firma del certificato di
collaudo ed era svincolata dalle procedure delle riserve;
in ogni caso, la richiesta della ricorrente avvenne

tempestivamente.
Il motivo si chiude con il seguente quesito di diritto: ‘N
La mandataria dell’ATI ha l’obbligo di iscrivere ed
esplicitare le riserve generali per l’Associazione con
riferimento ai corrispettivi complessivi dell’Appalto. La
richiesta di pagamento degli interessi e della revisione
dei prezzi alla Stazione Appaltante non sono soggette
alla formalità ed agli oneri previsti per le cosiddette
riserve.
Quindi la percentuale di partecipazione all’ATI va
utilizzata per determinare la somma spettante alla
Costantini s.p.a. come da transazione agli atti.”
1.4.- Col quarto motivo, la Costantini censura la
sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione
degli artt.91 e 92 c.p.c.
La

Saicam ha pagato il dovuto solo dopo l’inizio del

procedimento,né la riduzione della somma richiesta
comporta soccombenza.
La parte formula quesito di diritto in questi termini:
“Il rifiuto di corrispondere una somma dovuta rendendo
necessario il ricorso all’Autorità Giudiziaria determina,
10

,

nell’ipotesi di pagamento ancorchè di una somma ridotta

.-

rispetto alla richiesta,

la soccombenza totale o

parziale.”
2.1.- Il primo motivo presenta profili di inammissibilità
e di infondatezza, per quanto di seguito esposto.

Va in primis rilevato che l’indicazione, nella rubrica,
di error in procedendo, rimane del tutto priva di quesito
e di espositiva nel motivo ( alla presente impugnazione
si applica infatti l’art.366 bis c.p.c., introdotto, con
decorrenza dal 2 marzo 2006, dal d.lgs. 40/2006 ed
abrogato con decorrenza dal 4 luglio 2009 dalla 1. 69/47,
attesa la data di pubblicazione della sentenza impugnata
del 5/2/2007).
Occorre pertanto valutare le due censure, ex art.360 nn.3
e 5 c.p.c., avanzate dalla ricorrente e sintetizzate nel
quesito di diritto e nel momento di sintesi.
Prima di scendere alla compiuta valutazione delle
censure, è opportuno ribadire che, in sede di ricorso per
cassazione la Corte non può esaminare direttamente la
pronuncia arbitrale, ma solo la decisione emessa nel
giudizio di impugnazione, per verificare se essa sia
adeguatamente e correttamente motivata in relazione al
motivi di impugnazione del lodo ( tra le tante, vedi
Cass.10641/04, 11950/03, 15057/00, 7588/99); ne consegue
chei nell’ipotesi in cui questa abbia ritenuto la

\

Li

sussistenza del requisito della sommaria esposizione dei
11

motivi il sindacato di legittimità su tale statuizione
I

non può svolgersi mediante un esame diretto del lodo, ma
esclusivamente attraverso il riscontro della conformità a
legge e della congruità della motivazione della sentenza
stessa; per orientamento consolidato, inoltre, il difetto

di motivazione della pronuncia arbitrale, come vizio
riconducibile all’art. 829, 1 0 comma n. 5 c.p.c., in
relazione al requisito di cui all’art. 823 n. 3 c.p.c., è
ravvisabile ove la motivazione manchi del tutto o sia a
tal punto carente da non consentire di comprendere l’iter
del ragionamento seguito dagli arbitri e di individuare
la

ratio

della decisione adottata, ed il vizio di

contraddittorietà può costituire motivo di impugnazione
per nullità, al sensi dell’art. 829,1 ° comma n. 4 c.p.c.,
solo quando si risolva in una inconciliabilità tra parti
del dispositivo, ovvero anche tra parti della motivazione
di tale entità da rendere impossibile la ricostruzione
della

ratio decidendi,

e quindi da integrare una

sostanziale mancanza della motivazione (così le pronunce
7259/04, 1699/00, 7588/99).
Ciò posto, quanto alla censura ex art.360 n.3 c.p.c.,
relativa alla esclusione da parte della Corte del merito
del vizio di motivazione del lodo, ex art. 829 n.5 c.p.c.
che richiama l’art.823 n.3 c.p.c. nel testo
temporis,
;

ratione

si rileva che la Corte del merito ha

specificamente indicato

l’iter

argomentativo seguito
12

dagli Arbitri, che hanno respinto la domanda principale,
partendo dalla natura dell’ATI, di tipo verticale, come
desumibile dall’atto costitutivo e dal regolamento
(prevedente autonomia delli. singole imprese
nell’esecuzione, gestione, amministrazione della quota di

lavori di pertinenza, assunzione dei rischi, onere di far
pervenire alla capogruppo in tempo utile le riserve), e
riscontrato alla stregua della presentazione delle
riserve da parte delle singole imprese; né nell’
argomentazione degli Arbitri, la previsione della
responsabilità solidale delle imprese verso la Stazione
appaltante, prevista nell’atto costitutivo del
raggruppamento di imprese, aveva assunto rilevanza tale
da rendere incongruo il logico sviluppo argomentativo
della pronuncia.
Correttamente pertanto la Corte del merito ha escluso il
vizio motivazionale del lodo, nella sussistenza
dell’adeguato

iter logico seguito ai fini del rigetto

della domanda della Costantini, partendo dalla
valutazione, nel caso, di un ATI di tipo verticale, da
cui,

come conseguenza congruente sul piano logico-

giuridico, l’impossibilità di riconoscere alla Costantini
la quota parte dell’importo di cui all’accordo bonario,
nella misura corrispondente alla percentuale di
partecipazione all’ATI, o, più propriamente, al valore

13

dei lavori di propria competenza rispetto all’importo
complessivo dell’appalto.
Ancora,secondo la ricorrente, la Corte del merito sarebbe
incorsa nella violazione dell’art.1965 c.c., atteso che
l’accordo bonario impediva di “accertare quale fosse
id est le

realmente la situazione giuridica precedente”,

riserve o richieste specifiche, da cui il riferimento
obbligato solo alla transazione e quindi alla percentuale
di partecipazione della società all’ATI.
La censura è infondata, atteso che la transazione,
all’evidenza, ha inciso sui rapporti pregressi tra
Committente ed ATI, ma non certamente ha posto nel nulla
il rapporto intercorrente tra le società raggruppate in
ATI, né inciso sulla qualificazione del rapporto tra le
stesse, in base al contratto associativo.
E del tentativo della Costantini, inteso ad operare una
illegittima commistione tra il piano del rapporto interno
al raggruppamento di imprese e quello dell’accordo
bonario, è ben consapevole la Corte del merito, nel
rilevare, a pag.10 della sentenza, che il criterio fatto
valere dalla Costantini, commisurato alla sola entità dei
lavori commessi, “risulta scollegato dall’oggetto della
transazione, ch’è la tacitazione delle riserve avanzate
dalle varie mandanti e dalla capogruppo.”

:.

14

Inammissibile, sotto il profilo del vizio ex art.360 n.3
c.p.c., è infine la censura di pretesa violazione
dell’art.5 n.2 del Regolamento e dell’atto costitutivo
dell’ATI, che, stante la natura contrattuale, non possono
essere oggetto di denuncia di vizio di violazione e falsa

applicazione di legge in sè, se non sotto il profilo
della violazione dei canoni legali di ermeneutica
contrattuale, da indicarsi specificamente, con la
altrettanto precisa indicazione di come e con quali
considerazioni il giudice del merito si sia discostato
dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li
abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od
insufficienti.

Quanto al vizio ex art.360 n.5 c.p.c., va rilevata l’
incongruenza del momento di sintesi, omologo del quesito
di diritto, che, secondo la giurisprudenza, deve
contenere la chiara esposizione del fatto controverso e
le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della
motivazione renda la stessa inidonea a giustificare la
decisione(così tra le ultime, le pronunce 12248/2013 e
27680/2009, S.U. 20603/07).
Nella specie,

il “fatto controverso” si riferisce tout

court alle riserve iscritte da Sacaim, con riferimento
alle riserve specifiche della Costantini ed a quelle
generali di tutta l’ATI, da cui deve concludersi per

la

15

palese carenza di quello che sarebbe il fatto
controverso, oltre che per la mancanza dello specifico
sviluppo argomentativo nell’espositiva del motivo.
2.2.-11 secondo motivo è inammissibile.
Ed infatti, la parte intende sostenere che le riserve

generali della stessa sarebbero le stesse già iscritte
dalla Sacaim, e fa valere a riguardo le lettere 7/2/04,
15/3/04, 31/3/04(per evidente refuso, si devono ritenere
lettere dell’anno 1994, non 2004); la Corte del merito ha
rilevato che dette riserve andavano individuate alla
stregua della “sola lettera 13/12/1996, perché,come
afferma il lodo, sul punto non censurato, le lettere
precedenti non le menzionavano neppure e la lettera
8/4/97 non può utilizzarsi in quanto successiva alla data
indicata dalla stessa impugnante come conto finale, e
cioè il 12/3/1997”. Ne consegue che la prospettazione
odierna dAlla ricorrente è nuova rispetto a quanto fatto
valere ed esaminato nel giudizio di merito.

2.3.- Il terzo motivo, inammissibile

prima facie quanto

alla censura motivazionale, per carenza del momento di
sintesi( e manca in ogni caso nell’espositiva qualsiasi
deduzione relativa a detto vizio), quanto al vizio ex
art.360 n.3 c.p.c. deve ritenersi parimenti inammissibile
in quanto, per come risulta alla stregua della sentenza
impugnata, la Costantini non aveva inteso far valere il
16

mancato pagamento degli interessi e la revisione prezzi,
..»

e quindi la parte intenderebbe introdurre nel presente
giudizio delle questioni nuove, a tacere altresì del
contrasto con l’indicazione nello stesso ricorso del
diverso istituto del prezzo chiuso, indicato dalla

ricorrente alle pag. 3,4,7, 17,24 del ricorso (sulla
diversità tra la “revisione dei prezzi”, che mira a
ristabilire il rapporto sinallagmatico tra le prestazioni
mediante l’adeguamento del corrispettivo alle variazioni
del prezzo di mercato, nel caso di superamento della
soglia della normale alea contrattuale, ed il “prezzo
chiuso”, che, secondo la disciplina di cui all’art.33
della 1.41/1986, soddisfa l’esigenza di predeterminazione
dell’impegno della P.A., garantita grazie al criterio
della normale alea contrattuale, forfetizzata per
entrambi i contraenti in virtù di un sistema di computo
automatico degli aumenti, sganciato dal collegamento con
l’inflazione reale e caratterizzato dalla
predeterminazione ex ante degli incrementi di costo, vedi
tra le ultime, la pronuncia 7917/2012).
3.1.- Il ricorso va pertanto conclusivamente respinto.
Le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo,
seguono la soccombenza.
P.Q.M.

.

17

La Corte rigetta il ricorso; condanna la società
ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in euro
7000,00 per compenso, ed euro 200,00 per esborsi; oltre
accessori di legge.

Il Pres

t

Così deciso in Roma, in data 18 settembre 2013

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