Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25283 del 09/12/2016


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Cassazione civile sez. VI, 09/12/2016, (ud. 14/06/2016, dep. 09/12/2016), n.25283

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10730/2013 proposto da:

T.S.P., ((OMISSIS)) elettivamente domiciliato in

ROMA, VIALE DEITE MILIZIE 19, presso lo studio dell’avvocato

VINCENZO LUIGI EPIFANIO, che lo rappresenta e difende, giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

P.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 351/2012 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO

del 23/03/2012, depositata il 09/04/2012;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

14/06/2016 dal Consigliere Relatore Dott. MILENA FALASCHI.

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

Nel giudizio di primo grado, svolto dinanzi al Tribunale di Cosenza, P.G. conveniva in giudizio T.S.P. affinchè fosse dichiarato risolto il contratto di compravendita di legname stipulato inter partes. Con la sentenza n. 3128 del 01/12/2008 veniva accolta la domanda del P. e veniva condannato il convenuto al pagamento di 25.478,60 Euro, compensate le spese tra le parti.

Contro tale sentenza proponeva gravame il T.S. lamentandone l’erroneità e chiedendone la riforma, la Corte di Appello di Catanzaro, nella resistenza del P. che presentava appello incidentale sulle spese, con sentenza n. 351/2012, accoglieva solo in parte le richieste dell’ appellante limitatamente al risarcimento dei danni, ritenuti “privi di fondamento giuridico” ma, quanto alle spese processuali le compensava per 1/3 per entrambi i gradi, ponendole a carico del soccombente per la restante parte.

Il T.S. proponeva ricorso per cassazione avverso quest’ultima decisione1deducendo la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c.. L’intimato P. non ha svolto difese.

Il consigliere relatore, nominato a norma dell’art. 377 c.p.c., ha depositato la relazione di cui all’art. 380 bis c.p.c., proponendo il rigetto del ricorso.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

Vanno condivise e ribadite le argomentazioni e le conclusioni di cui alla relazione ex art. 380 bis c.p.c., che di seguito si riporta in forma sintetica.

11 ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., lamentando un contrasto tra il dispositivo e la motivazione contenuta nella sentenza stessa in cui veniva sì liberato dal pagamento della somma, priva di fondamento giuridico, alla quale era stato condannato dal giudice di prime cure, ma tale riforma non era stata estesa alla liquidazione e rivalutazione delle spese del precedente grado ai sensi delle norme che regolano la soccombenza. Chiedeva pertanto di cassare la sentenza impugnata “solo per la parte relativa alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di primo e di secondo grado”.

Il motivo è infondato.

Ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2 (nel testo, applicabile ratione temporis, anteriore all’entrata in vigore della L. n. 69 del 2009), se vi è soccombenza reciproca o concorrono altri giusti motivi esplicitamente indicati nella motivazione, il giudice può compensare, parzialmente o per intero, le spese tra le parti. Detta norma è stata interpretata da questa Corte nel senso che la motivazione sulle spese è censurabile in sede di legittimità soltanto se sia illogica e contraddittoria e tale da inficiare, per inconsistenza o erroneità, il processo decisionale (v. per tutte, Cass. n. 24531 del 2010). Giova ricordare che con le sentenze nn. 20598 e 20599 del 2008, le Sezioni Unite di questa Corte, nel comporre il contrasto giurisprudenziale in ordine alla questione se, nel regime anteriore alla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, comma 1, lett. a), la valutazione dell’opportunità della compensazione, totale o parziale, delle spese rientrasse nei poteri discrezionali del giudice di merito e non richiedesse specifica motivazione, restando perciò incensurabile in sede di legittimità, hanno affermato, con argomentazioni largamente condivisibili, la necessità che il provvedimento di compensazione parziale o totale delle spese per “giusti motivi” trovi nella sentenza un adeguato supporto motivazionale, anche se, a tal fine, non è necessaria l’adozione di motivazioni specificamente riferite a detto provvedimento, purchè, tuttavia, le ragioni giustificatrici di esso siano chiaramente e inequivocamente desumibili dal complesso della motivazione adottata a sostegno della statuizione di merito. In particolare, poi, per quanto attiene ai casi che possono giustificare la compensazione, è stato ritenuto, a titolo meramente esemplificativo, che l’obbligo motivazionale è assolto nel caso in cui il giudice di merito dia atto di oscillazioni giurisprudenziali sulla questione decisiva, ovvero di oggettive difficoltà di accertamenti in fatto, idonee a incidere sulla esatta conoscibilità a priori delle rispettive ragioni delle parti, o di una palese sproporzione tra l’interesse concreto realizzato dalla parte vittoriosa e il costo delle attività processuali richieste, ovvero, ancora, di un comportamento processuale ingiustificatamente restio a proposte conciliative plausibili in relazione alle concrete risultanze processuali (Cass. S.U. n. 20598 del 2008 cit. e successive conformi).

Nell’ambito di tale ampia configurabilità dei giusti motivi legittimanti la compensazione delle spese è, dunque, agevole includere il criterio seguito dalla Corte di Appello della soccombenza reciproca parziale, ritenuta prevalente quella del T.S. per avere trovato accoglimento le domande attoree, con esclusione di quella accessoria di risarcimento del danno. Nè vi è l’obbligo di un’esatta proporzionalità fra la domanda accolta e la misura delle spese poste a carico del soccombente (così Cass. n. 2149 del 2014), peraltro non sono di segno opposto neanche le sentenze indicate nel ricorso.

Conseguentemente il ricorso va respinto.

Nessuna pronuncia sulle spese di legittimità per essere rimasta la controparte intimata.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

l,a Corte, rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 2, il 14 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 dicembre 2016

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA