Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25281 del 25/10/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 25/10/2017, (ud. 19/07/2017, dep.25/10/2017),  n. 25281

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. CORBO Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 788-2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

LA NUOVA PANETTERIA SRL;

– intimata –

avverso il provvedimento n. 88/2010 della COMM. TRIB. REG. di

FIRENZE, depositata il 12/11/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/07/2017 dal Consigliere Dott. CORBO ANTONIO.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza depositata in data 12 novembre 2010, la Commissione Tributaria Regionale di Firenze, respingendo l’appello dell’Agenzia delle Entrate di Firenze, ha confermato la decisione di primo grado, che aveva accolto il ricorso dalla società Nuove Panetterie s.r.l. avverso il provvedimento di chiusura dell’esercizio per la durata di quindici giorni emesso dalla medesima Agenzia delle Entrate in data 15 settembre 2006 nei suoi confronti per avere in un quinquennio compiuto tre distinte violazioni dell’obbligo di emettere lo scontrino fiscale.

La Commissione Tributaria Regionale ha ritenuto infondato l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate osservando che, a norma della L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 33, la disposizione relativa alla sospensione dell’esercizio dell’attività non si applica se i corrispettivi non documentati sono complessivamente inferiori a 500,00 Euro.

2. Ha presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale indicata in epigrafe l’Avvocatura Generale dello Stato per l’Agenzia delle Entrate, articolando un motivo, preceduto da una premessa.

Nella premessa si rappresenta che le violazioni attengono, in un caso, al 2003 e, in altri due casi, al 2005, che la società ha provveduto alla definizione agevolata, D.Lgs. n. 472 del 1997, ex art. 16, versando un quarto della sanzione, e che l’ufficio finanziario ha applicato la sanzione della sospensione dell’esercizio per quindici giorni una volta divenuti definitivi i provvedimenti di contestazione delle tre violazioni.

Con il motivo, si lamenta violazione di legge, in riferimento al D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 12, comma 2, nel testo vigente ratione temporis, e il D.L. n. 269 del 2003, art. 33, comma 11, conv. dalla L. n. 350 del 2003, nel testo vigente ratione temporis, a norma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), avendo riguardo alla disciplina applicabile al caso di specie.

Si deduce che la Commissione Tributaria Regionale ha ritenuto applicabile alla fattispecie la disciplina di cui al D.L. n. 269 del 2003, art. 33, comma 11, conv. dalla L. n. 350 del 2003, la quale esclude l’irrogazione della sanzione accessoria della chiusura temporanea dell’esercizio se i corrispettivi non documentati sono complessivamente inferiori a 50,00 (non 500,00) Euro, trascurando di considerare che, invece, occorreva dare applicazione alla disciplina di cui al D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 12, comma 2, la quale indica come presupposto le tre violazioni, ma non anche un importo minimo del corrispettivo non documentato, posto che, nel caso in esame, vi era stato il definitivo accertamento delle tre violazioni. Si rappresenta, in particolare, che l’art. 12 disciplina la sanzione irrogata dall’ufficio con provvedimento che non era immediatamente esecutivo (l’immediata esecutività è stata prevista solo dal D.L. n. 262 del 2006, come modificato in sede di conversione dalla L. n. 286 del 2006), presuppone il definitivo accertamento delle violazioni contestate e prescinde da un ammontare minimo dei corrispettivi complessivamente non documentati, mentre, invece, l’art. 33 attiene alla sanzione irrogata dal direttore regionale con provvedimento immediatamente esecutivo, si riferisce ai soli contribuenti che non hanno aderito al concordato fiscale preventivo, richiede la mera constatazione (non il definitivo accertamento) delle tre violazioni, ed esige l’ammontare minimo complessivo di 50,00 Euro dei corrispettivi non documentati. Si osserva, poi, che le due disposizioni coesistono, come può desumersi dalla evoluzione della complessiva disciplina in materia: non solo non risulta alcuna abrogazione espressa o tacita della disciplina di cui al D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 12, comma 2, ma, in modo estremamente significativo, l’ultimo intervento in materia, il D.L. n. 262 del 2006, come modificato in sede di conversione dalla L. n. 286 del 2006, ha interamente riscritto il D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 12, comma 2, ed ha fissato una disciplina transitoria, così confermando la vigenza, fino a quel momento, dello stesso; in altri termini, se il legislatore avesse ritenuto abrogato il D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 12, comma 2, dal D.L. n. 269 del 2003, art. 33, sarebbe intervenuto su questa disposizione e non su quella di cui, appunto all’art. 12, comma 2, cit. Del resto, la coesistenza delle due previsioni si spiega anche per la diversa ratio posta a loro fondamento: il D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 12, comma 2, si fonda su esigenze di tipo afflittivo – punitivo, mentre il D.L. n. 269 del 2003, art. 33, ha una funzione preventiva e di deterrenza, al fine di incentivare l’adesione dei contribuenti al concordato fiscale, come risulta anche dall’immediata esecutività del provvedimento del direttore regionale, originariamente non prevista per l’altro tipo di provvedimento.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato, per le ragioni di seguito precisate.

2. E’ applicabile, anche nel periodo successivo all’entrata in vigore della disposizione di cui al D.L. n. 269 del 2003, art. 33, comma 11, la disciplina di cui al D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 12, comma 2, nel testo vigente ratione temporis, ove ne sussistano i relativi presupposti, per ragioni di ordine testuale e sistematico.

2.1. Le due disposizioni precedentemente specificate prevedono discipline ben diverse quanto a presupposti ed effetti.

La disciplina di cui al D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 12, comma 2, nel testo vigente ratione temporis, prevede la sanzione della sospensione della licenza o dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività per un periodo da quindici giorni a due mesi “Qualora siano state definitivamente accertate, in tempi diversi, tre distinte violazioni dell’obbligo di emettere la ricevuta fiscale o lo scontrino fiscale compiute in giorni diversi nel corso di un quinquennio, anche se non sono state irrogate sanzioni accessorie in applicazione delle disposizioni del decreto legislativo recante i principi generali per le sanzioni amministrative in materia tributaria (…)”.

La disciplina di cui al D.L. n. 269 del 2003, art. 33, comma 11, invece, sempre nel testo ratione temporis, invece, recita: “La sospensione dell’esercizio dell’attività, ovvero della licenza o dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività, prevista dal citato D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 12, comma 2, è disposta dal direttore regionale dell’Agenzia delle entrate, per un periodo da quindici giorni a due mesi, qualora nei riguardi dei contribuenti che non hanno aderito al concordato siano constatate, in tempi diversi, tre distinte violazioni dell’obbligo di emettere la ricevuta fiscale o lo scontrino fiscale compiute in giorni diversi nel corso di un quinquennio; in deroga al D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 19, comma 7, il provvedimento di sospensione è immediatamente esecutivo. La disposizione di cui al presente comma non si applica se i corrispettivi non documentati sono complessivamente inferiori a 50 Euro. (…)”.

Come si evince da un immediato raffronto tra le due disposizioni, la prima richiede che le tre distinte violazioni dell’obbligo di emissione della ricevuta fiscale o dello scontrino fiscale “siano state definitivamente accertate”, e non fissa una soglia minima di rilevanza per i corrispettivi non documentati; la seconda, invece, si accontenta che le tre violazioni siano state “constatate”, e, però, esige che i corrispettivi non documentati siano pari o superiori a 50 Euro.

Inoltre, per effetto del testo delle due disposizioni e del contesto normativo di riferimento, mentre la previsione di cui al D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 11, comma 2, prevede che la sospensione della licenza o dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività sia disposta dall’Ufficio procedente, per di più con provvedimento all’epoca non immediatamente esecutivo, quella di cui al D.L. n. 269 del 2003, art. 33, comma 11, stabilisce che la sospensione dell’esercizio dell’attività sia decisa dal direttore regionale dell’Agenzia delle entrate con provvedimento immediatamente esecutivo, e si riferisca ai soli contribuenti che non abbiano aderito al concordato fiscale preventivo.

2.2. La differente regolamentazione del provvedimento di sospensione della licenza o dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività evidenzia la differente ragione delle due diverse disposizioni.

Come osservato nel ricorso, infatti, la previsione di cui al D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 11, comma 2, si caratterizza per una finalità di tipo afflittivo – punitivo, mentre quella di cui al D.L. n. 269 del 2003, art. 33, comma 11, ha una funzione diretta ad incentivare l’adesione dei contribuenti al concordato fiscale.

Questa osservazione spiega l’ammissibilità logico-sistematica della coesistenza delle due discipline.

2.3. L’argomento decisivo, poi, è di tipo testuale e sistematico, e deriva, in particolare, dalle previsioni di cui al D.L. n. 262 del 2006.

Precisamente, il D.L. n. 262 del 2006, art. 1, come convertito, con modifiche, dalla L. n. 286 del 2006, con i commi 8 e 8-bis, interviene a sostituire del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 12, comma 2, e ad inserire i commi 2 – bis, 2 – ter e 2 – quater; inoltre, con il comma 8 – ter, prevede che “Le disposizioni di cui al D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, art. 12, commi da 2 a 2 – quater, come modificate o introdotte dai commi 8 e 8-bis del presente articolo, si applicano alle violazioni constatate a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Per le violazioni già constatate alla medesima data si applicano le disposizioni previgenti.”.

Dal complesso di queste previsioni, deve ritenersi che il legislatore, nel 2006, ha ritenuto ancora vigente, fino a quel momento, il D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 12,comma 2: non avrebbe avuto senso, altrimenti, intervenire sullo stesso per modificarlo.

Si può aggiungere, inoltre, che anche la nuova disciplina di cui al D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 12, comma 2, – come sostituito dal D.L. n. 262 del 2006, art. 1, come convertito, con modifiche, dalla L. n. 286 del 2006 – non richiede il superamento di alcuna soglia minima con riferimento ai corrispettivi non documentati in conseguenza della violazione dell’obbligo di emettere la ricevuta fiscale o lo scontrino fiscale.

3. Affermata l’operatività della disciplina di cui al D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 12, comma 2, nel testo vigente ratione temporis, anche nel periodo successivo all’entrata in vigore della disposizione di cui al D.L. n. 269 del 2003, art. 33, comma 11, può concludersi che la stessa è stata correttamente applicata dalla Agenzia delle Entrate nella fattispecie in esame.

Le sentenze di primo e secondo grado, invece, hanno escluso l’applicabilità della misura della sospensione della licenza o dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività valorizzando il requisito di cui al D.L. n. 269 del 2003, art. 33, comma 11, concernente l’entità dei corrispettivi non documentati, che debbono essere pari o superiori a 50 Euro. Si tratta, però, di un requisito non previsto a norma del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 12, comma 2.

Di conseguenza, stante la sussistenza dei presupposti richiesti per l’applicazione della misura della sospensione della licenza o dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività a norma del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 12, comma 2, e la non necessità di ulteriori accertamenti in fatto, la sentenza impugnata deve essere cassata, e la causa deve essere decisa nel merito, con conseguente rigetto dell’originario ricorso della contribuente.

Le spese dell’intero giudizio debbono essere compensate, attesa la novità della questione esaminata.

PQM

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta l’originario ricorso della contribuente. Dichiara compensate le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella Adunanza Camerale, il 19 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 25 ottobre 2017

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