Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25280 del 11/11/2020

Cassazione civile sez. III, 11/11/2020, (ud. 21/07/2020, dep. 11/11/2020), n.25280

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SESTINI Danilo – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – rel. Consigliere –

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 24686/2019 proposto da:

D.M.G., elettivamente domiciliato in Roma, alla via F.

Massimo n. 45, presso lo studio dell’avvocato Luigi Matteo,

rappresentato e difeso dall’avvocato Donnino Donnini;

– ricorrente –

contro

Provincia di Pesaro e Urbino, in persona del legale rappresentante in

carica, domiciliato in Roma presso la Cancelleria Civile della Corte

di Cassazione, rappresentata e difesa dall’avvocato Maria Beatrice

Riminucci;

– controricorrente –

nonchè di

Regione Marche;

– intimata –

avverso la sentenza n. 00103/2018 del TRIBUNALE DI PESARO, depositata

il 30/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del

21/07/2020 da Dott. Cristiano Valle.

Osserva quanto segue:

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1) D.M.G. agì in giudizio, dinanzi al Giudice di Pace di Pergola, per ottenere il risarcimento dei danni provocati alla sua autovettura dalla collisione con un animale selvatico, verosimilmente un capriolo, sulla strada provinciale n. (OMISSIS), nel territorio della Regione Marche, intorno alle ore 22 del (OMISSIS).

1.1) Nella contumacia della Regione Marche e nel contraddittorio con la Provincia di Pesaro e Urbino, il Giudice di Pace adito rigettò la domanda.

1.2) Il Tribunale di Pesaro, su appello del D.M., nel ricostituito contraddittorio con la sola Provincia di Pesaro e Urbino, con sentenza n. 00103 del 30/01/2018, confermò la decisione del primo giudice.

1.3) Avverso la sentenza d’appello propone ricorso per cassazione, con atto affidato a tre motivi, D.M.G..

1.4) Resiste con controricorso la Provincia di Pesaro e Urbino, mentre la Regione Marche è rimasta intimata.

1.5) Il P.G. ha depositato conclusioni scritte, chiedendo il rigetto del ricorso.

1.6) La Provincia di Pesaro e Urbino ha depositato memoria per l’adunanza camerale.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

2) Il ricorrente deduce tre motivi, di cui il primo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, in relazione all’art. 115 c.p.c. e art. 2697 c.c..

2.1) Il secondo mezzo afferma violazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione agli artt. 115 e 324 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c..

2.2) Il terzo mezzo deduce violazioni procedimentali ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione all’art. 2043 c.c. e dell’art. 2697 c.c..

3) Sulla legittimazione passiva della sola Regione Marche, affermata dal Tribunale di Pesaro, non vi è stata impugnazione alcuna, con la conseguenza che sul detto capo della sentenza di secondo grado si è formato giudicato. La Provincia di Pesaro e Urbino, pertanto, non aveva interesse a resistere ulteriormente in giudizio in fase di legittimità, non investendo in alcun modo i motivi di ricorso proposto dal D.M. la detta questione della legittimazione passiva.

3.1) In punto di titolo dell’azione esperibile nel caso di danni cagionati da animali selvatici questa Corte ha, peraltro, recentissimamente affermato – mutando in parte il proprio precedente orientamento, che fondava il titolo di responsabilità ai sensi dell’art. 2043 c.c. – quanto segue (Cass. n. 07969 del 20/04/2020 Rv. 657572 – 01 e 03, nonchè, più di recente n. 13848 del 06/07/2020 Rv. 658298 – 01)): “I danni cagionati dalla fauna selvatica sono risarcibili dalla P.A. a norma dell’art. 2052 c.c., giacchè, da un lato, il criterio di imputazione della responsabilità previsto da tale disposizione si fonda non sul dovere di custodia, ma sulla proprietà o, comunque, sull’utilizzazione dell’animale e, dall’altro, le specie selvatiche protette ai sensi della L. n. 157 del 1992, rientrano nel patrimonio indisponibile dello Stato e sono affidate alla cura e alla gestione di soggetti pubblici in funzione della tutela generale dell’ambiente e dell’ecosistema. Nell’azione di risarcimento del danno cagionato da animali selvatici a norma dell’art. 2052 c.c., la legittimazione passiva spetta in via esclusiva alla Regione, in quanto titolare della competenza normativa in materia di patrimonio faunistico, nonchè delle funzioni amministrative di programmazione, di coordinamento e di controllo delle attività di tutela e gestione della fauna selvatica, anche se eventualmente svolte – per delega o in base a poteri di cui sono direttamente titolari – da altri enti; la Regione può rivalersi (anche mediante chiamata in causa nello stesso giudizio promosso dal danneggiato) nei confronti degli enti ai quali sarebbe in concreto spettata, nell’esercizio di funzioni proprie o delegate, l’adozione delle misure che avrebbero dovuto impedire il danno”. Il titolo dell’azione esperibile deve, pertanto, essere individuato nell’art. 2052 c.c. e non più nell’ambito della responsabilità extracontrattuale del tutto atipica di cui all’art. 2043 c.c..

Nella specie, tuttavia, non può farsi riferimento all’ambito disegnato dall’art. 2052 c.c., in quanto l’azione venne proposta in primo grado con riferimento all’art. 2043 c.c.. Sulla qualificazione dell’azione quale proposta ai sensi dell’art. 2043 c.c., si è formato giudicato interno, non risultando proposta alcuna impugnazione avverso detta statuizione del giudice di Pace, con la conseguenza che rimaneva fissata, per il Tribunale, la necessità di fare riferimento ai soli criteri di cui all’art. 2043 c.c..

3.2) In ordine allo scrutinio dei motivi di impugnazione: i primi due mezzi possono essere congiuntamente scrutinati, in quanto strettamente connessi.

3.3) La sentenza in scrutinio afferma che non è stata raggiunta adeguata prova che nell’occorso, ossia nella collisione tra l’animale selvatico e l’autovettura condotta dal D.M., vi fosse colpa degli enti preposti alla manutenzione della strada e che, pertanto, è mancata la prova, da parte del D.M., della condotta colposa da parte degli enti preposti in ordine alle condizioni e modalità di mantenimento della strada e delle sue immediate adiacenze.

3.4) Il primo ed il secondo motivo, sebbene riferiti nominalmente a violazione e (o) falsa applicazione di norme di diritto o a vizi assoluti di motivazione, chiedono, in concreto, un nuovo apprezzamento delle risultanze di fatto, incluse le prove testimoniali (di cui sono riportati stralci) compiuto dal giudice di merito e, sono, pertanto, di perciò solo inammissibili.

3.5) I due mezzi, inoltre, pretendono, erroneamente, giusta quanto rilevato in punto di cristallizzazione della domanda come proposta ai sensi dell’art. 2043 c.c., che sia operato un ribaltamento, o inversione, dell’onere probatorio, in quanto affermano che sarebbe stato onere degli enti territoriali convenuti (Regione Marche e Provincia di Pesaro e Urbino) fornire la prova dell’adozione di adeguate misure atte a prevenire fenomeni di attraversamento della sede stradale da parte di animali selvatici (anche mediante la predisposizione ed effettuazione di adeguate campagne di “abbattimento”), ma, in tal modo, travisano l’art. 2043 c.c., sulla cui base, sin dal primo grado di giudizio, l’azione è stata proposta, in quanto chiedono che siano i convenuti onerati di fornire la prova liberatoria e non, viceversa, come prescritto dall’art. 2043 c.c., letto in relazione all’art. 2697 c.c., che sia l’attore a fornire la prova del fatto, connotato, quantomeno, da colpa.

3.6) Il secondo mezzo ribadisce, inoltre, ed ancora una volta inammissibilmente, la richiesta di rinnovazione di accertamenti di fatto in ordine alla velocità dell’automezzo condotto dal D.M. e, comunque, appare inammissibile laddove deduce che sul punto della (adeguata, ossia moderata) velocità del mezzo si è formato giudicato interno, poichè ancora una volta persegue un’inversione dell’onere probatorio in danno de soggetti convenuti.

4) Il terzo motivo ribadisce, tuzioristicamente, che il D.M. ha inteso agire in giudizio avvalendosi dell’art. 2043 c.c., ma nulla apporta alle critiche, già ritenute inconferenti, di cui ai primi due motivi del ricorso, presupponendoli fondati, e, in ogni caso, non esplica quale sarebbe stato, in concreto, la violazione procedimentale o motivazionale ascrivibile al Tribunale.

5) Il ricorso è, pertanto, dichiarato inammissibile.

6) Nulla per le spese di lite, in quanto, pur risultando il ricorso inammissibile, la Provincia di Pesaro e Urbino, ritualmente costituitasi in giudizio anche in questa fase di legittimità, non aveva più alcun valido interesse in causa, non risultando impugnata, come già rilevato, la statuizione del giudice di merito sulla legittimazione passiva della sola Regione Marche.

7) Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso;

nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile, il 21 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2020

 

 

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