Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2528 del 31/01/2017


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Cassazione civile, sez. II, 31/01/2017, (ud. 11/11/2016, dep.31/01/2017),  n. 2528

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13872-2012 proposto da:

M.L. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

DELLE MILIZIE 38, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO BOGGIA,

rappresentata e difesa dall’avvocato NICOLA MAZZIA;

– ricorrente –

contro

A.A., L.L.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 92/2011 della CORTE D’APPELLO Lecce SEZ.DIST.

DI TARANTO, depositata il 28/03/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/11/2016 dal Consigliere Dott. GUIDO FEDERICO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO LUCIO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

ESPOSIZIONE DEL FATTO

Con atto di citazione notificato il 16.10.2001 A.A. e L.L., convenivano innanzi al tribunale di Taranto M.L., per sentir dichiarare la nullità della compravendita per notar Q., stipulata il 30.8.1989, trattandosi di acquisto “a non domino” e con oggetto impossibile, oltre alla condanna della convenuta alla restituzione del prezzo di Lire 36.000.000, maggiorato di interessi e risarcimento dei danni.

Gli attori esponevano che dopo la stipula del rogito avevano accertato che l’immobile oggetto del contratto non era stato condonato e non era condonabile, in quanto era stato confiscato dal Comune ed annesso al suo patrimonio indisponibile, con ordinanza trascritta in data 1.3.1984 ed inoltre una quota superiore ad 1/3 del bene risultava costruita su terreno demaniale.

La convenuta resisteva, deducendo di essere stata ignara dell’ordinanza di demolizione e di quella di acquisizione, che era stata comunque impugnata innanzi al TAR e da questo sospesa. Rilevava inoltre che gli attori erano comunque a conoscenza della mancanza di concessione edilizia e della controversia circa l’eventuale occupazione di terreno demaniale.

Il Tribunale di Taranto, con la sentenza n. 2395/2005 del 17.10.2005 dichiarava la nullità della compravendita e condannava la convenuta alla restituzione di 18.592,00 Euro oltre ad interessi legali.

La Corte d’Appello di Lecce – sez. stacc. di Taranto – confermava integralmente la sentenza impugnata.

La Corte d’Appello, in particolare, per quanto qui ancora interessa, confermava la nullità del contratto di vendita stipulato in data 30.8.1989, in forza della disposizione della L. n. 47 del 1985, art. 40 in quanto, a quella data, era già stata disposta dal sindaco di Taranto l’acquisizione del bene al patrimonio indisponibile del Comune di Taranto, con ordinanza n. 250 del 3.2.1984, dichiarata esecutiva dal Pretore di Taranto l’8.2.1984, notificata alla M. il 20.2.1984 e trascritta il 3.3.1984.

La Corte, premesso che non risultava fornita la prova che detto atto fosse stato impugnato in via amministrativa e che avesse perso la propria efficacia, rilevava, ai sensi della L. n. 47 del 1985, art. 7 e L. n. 10 del 1977, 15 l’intervenuta acquisizione del bene al patrimonio del Comune in via automatica, in conseguenza dell’accertamento dell’inottemperanza all’ingiunzione di demolizione, attesa la produzione ipso iure dell’effetto ablatorio.

Da ciò, la conseguenza che alla data del rogito non poteva invocarsi alcuna sanatoria, avendo il M. perso la titolarità del bene che, a seguito dell’acquisizione al patrimonio indisponibile del Comune, era divenuto incommerciabile e la nullità della vendita.

Rilevava inoltre che il rogito del (OMISSIS) era nullo anche in virtù della parziale occupazione del suolo demaniale.

Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione M.L..

I signori A. e L. non hanno resistito.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Con il primo motivo la ricorrente denunzia violazione della L. n. 47 del 1985, artt. 40 e 43 e art. 1418 c.c., in relazione all’art. 360, n. 3), codice di rito censurando la statuizione della Corte d’Appello secondo cui la domanda di condono edilizio allegata all’atto pubblico di compravendita avrebbe dovuto considerarsi tamquam non esse, poichè, alla data in cui era stata presentata, la parte venditrice aveva perso la titolarità del bene, atteso che sia le opere che l’intera area erano state trasferite al patrimonio comunale.

Deduce al riguardo che, ai sensi della L. n. 47 del 1985, art. 43 il condono non sarebbe precluso dall’acquisizione dell’immobile abusivo al patrimonio del Comune, e che, a seguito del decorso del termine di 24 mesi dalla presentazione dell’istanza di condono edilizio, effettuata in data 29 aprile 1986, si sarebbe formato il silenzio-assenso ed il consequenziale accoglimento della domanda, onde la precedente ordinanza di acquisizione del fabbricato al patrimonio del comune aveva perso ope legis ogni efficacia e doveva ritenersi tamquam non esset, senza necessità di alcuna impugnazione da parte della ricorrente medesima.

Con il secondo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 1346, 1418 e 1419 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), deducendo che, seppure una porzione di circa 1/3 del bene insisteva su suolo demaniale marittimo, tale parte del fabbricato era costituita dalla veranda prospicente la spiaggia e l’autorità amministrativa non aveva mai chiesto la demolizione della suddetta porzione di fabbricato insistente sul demanio, nè aveva adottato alcun tipo di sanzione.

Secondo la prospettazione della ricorrente, l’acquirente avrebbe dovuto piuttosto esperire azione di risoluzione o riduzione del prezzo o di garanzia per evizione, azioni che però non furono mai proposte e che erano dunque ormai prescritte.

I motivi che, in quanto connessi, vanno unitariamente esaminati, non hanno pregio, seppure deve correggersi la motivazione della sentenza impugnata, il cui dispositivo è però conforme a diritto.

Ed invero la Corte d’Appello ha affermato la nullità del contratto L. n. 47 del 1985, ex art. 40, comma 2 in forza di due ragioni:

– con ordinanza n. 624 dell’11.5.1983 il bene era stato acquisito al patrimonio indisponibile del Comune, onde la domanda di sanatoria presentata dal venditore doveva considerarsi tamquam non esset;

– l’immobile insisteva, in parte, su suolo demaniale ed era pertanto anche per tale verso incommerciabile.

Ora, le deduzioni svolte dalla ricorrente nei due motivi di ricorso non appaiono idonee a inficiare la pronuncia di nullità del contratto L. n. 47 del 1985, ex art. 40attesa la non controversa occupazione del suolo demaniale di una porzione di 1/3 del bene oggetto del contratto di compravendita.

Ed invero l’occupazione (parziale) di suolo demaniale con il fabbricato costituisce certamente causa ostativa al rilascio di concessione in sanatoria, atteso che le disposizioni della L. 28 febbraio 1985, n. 47, sul cosiddetto condono edilizio, riguardano i procedimenti inerenti ad opere abusive, costruite senza licenza o concessione od in contrasto con essa, che siano suscettibili di sanatoria a norma degli artt. 31 e segg. della legge medesima, e pertanto non sono invocabili in controversia attinente a costruzioni abusive in quanto realizzate su terreni demaniali (Cass. Ss.Uu. 427/1988: Cass. 9476/1995).

Un manufatto costruito su area demaniale, infatti, ne fa per ciò stesso parte, in forza del generale principio dell’accessione di cui all’art. 934 c.c., cui non si sottraggono i beni demaniali (Cass. 14791/2009).

La formazione del silenzio-assenso sull’istanza di concessione in sanatoria, invocata dalla ricorrente, è dunque evidentemente inidonea a sanare il carattere abusivo della costruzione derivante dalla (parziale) occupazione di un’ area demaniale e la conseguente nullità della vendita per mancanza di una “causa adquirendi” per l’accertata incommerciabilità del bene (cfr. Cass. 16757/2014, in materia di realizzazione del manufatto su terreno demaniale).

Non appare al riguardo condivisibile la prospettazione della ricorrente, che si oppone alla declaratoria di nullità del contratto facendo leva sul fatto che solo una parte del fabbricato insisteva sull’area demaniale.

Si osserva in contrario che a fronte della pacifica circostanza che una rilevante porzione del bene – ad pari 1/3 – insiste su area demaniale e che il fabbricato è stato dalle parti considerato in modo unitario quale oggetto del contratto di compravendita, con previsione di un corrispettivo determinato unitariamente, la ricorrente non risulta aver mai chiesto, nei giudizi di merito la pronuncia di nullità parziale del contratto ex art. 1419 c.c., nè aver mai provato, o quanto meno dedotto, la comoda separabilità ed il carattere meramente accessorio della porzione edificata su area demaniale, onde potersi desumere, ex art. 1419 c.c., che gli acquirenti avrebbero concluso il contratto anche senza la porzione edificata su area demaniale.

Non risulta dunque accertato, posto che la relativa questione non risulta essere mai stata prospettata, nè delibata nei due gradi di merito (cfr. al riguardo Cass. 2140/2006 secondo cui il ricorrente, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione avanti al giudice del merito, ma anche di indicare in quale atto del precedente giudizio lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di cassazione di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione) lo stesso presupposto di cui all’art. 1419 c.c..

Deve dunque confermarsi la pronuncia di nullità della compravendita per violazione della L. n. 47 del 1985, art. 40.

Considerato che gli intimati non hanno svolto, nel presente giudizio, attività difensiva non vi è luogo a provvedere sulle spese.

PQM

La Corte respinge il ricorso.

Così deciso in Roma, il 11 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 31 gennaio 2017

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