Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25279 del 25/10/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 25/10/2017, (ud. 19/07/2017, dep.25/10/2017),  n. 25279

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. CORBO Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24744-2011 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

EQUITALIA ESATRI SPA, elettivamente domiciliata in ROMA VIA DELLA

SCROFA 57, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE PIZZONIA, che la

rappresenta e difende unitamente agli avvocati GIANCARLO ZOPPINI,

GIUSEPPE RUSSO CORVACE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 115/2010 della COMM. TRIB. REG. di MILANO,

depositata il 16/09/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/07/2017 dal Consigliere Dott. CORBO ANTONIO;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero in persona del

Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL CORE SERGIO, che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza depositata in data 16 settembre 2010, la Commissione Tributaria Regionale di Milano, respingendo l’appello proposto dall’Agenzia dell’Entrate, Direzione Provinciale di Milano, ha confermato la decisione di primo grado, che aveva annullato il provvedimento emesso nel 2007 dalla medesima Amministrazione finanziaria nei confronti di Equitalia Esatri s.p.a., poi incorporata in Equitalia Nord s.p.a., denominato “provvedimento di irrogazione di sanzioni amministrative pecuniarie”, ed avente ad oggetto l’ingiunzione del pagamento della somma di 57.164,46 Euro, ritenuta dovuta, quanto a 28.582,23 Euro, per “accertato omesso riversamento” e, quanto ad ulteriori 28.582,23 Euro, per “sanzione amministrativa pecuniaria”.

Il provvedimento emesso dall’Agenzia dell’Entrate si riferisce al rimborso effettuato da Equitalia Esatri s.p.a., nel dicembre 2004, per l’importo di 24.942,80 euro, relativo a crediti I.V.A. in favore di un contribuente dichiarato fallito. La Commissione Tributaria Regionale ha ritenuto infondato l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate osservando che questa, a fondamento della sua richiesta, ha richiamato D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 47, il quale ha riguardo all’ipotesi del concessionario che non esegua, in tutto o in parte, alle prescritte scadenze, “i riversamenti agli enti creditori delle somme riscosse”, sebbene la pretesa azionata afferisse alla diversa ipotesi dell’effettuazione di un rimborso in favore di soggetto non legittimato.

2. Ha presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale indicata in epigrafe l’Avvocatura generale dello Stato, per conto dell’Agenzia delle Entrate, articolando un unico motivo.

Con il motivo, si lamenta violazione di legge, in riferimento al D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 112, artt. 5, 18, 22 e 47, artt. 1175,1176,1375 e 1710 c.c., e D.M. 28 dicembre 1993, n. 567, art. 24, comma 2, a norma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), avendo riguardo al dovere del concessionario di agire con diligenza, correttezza e buona fede, prima di procedere ad un rimborso.

Si deduce che l’agente della riscossione non ha agito secondo la diligenza, correttezza e buona fede richieste dalla disciplina del codice civile, le quali debbono essere valutate con il metro della particolare diligenza che si esige da soggetti la cui prestazione è caratterizzata da spiccata professionalità; nel caso in esame, del resto, l’agente della riscossione avrebbe dovuto semplicemente limitarsi ad accertare mediante visura presso i pubblici registri tenuti dalle Camere di Commercio quale fosse la situazione del soggetto a cui effettuare il rimborso. Si rileva, inoltre, che il D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 5, prevede che il Ministero delle Finanze (cui è subentrata l’Agenzia delle Entrate) esercita la vigilanza sui concessionari della riscossione emanando istruzioni e disposizioni ai concessionari, e che nella circolare n. 119/E del 22 luglio 1994 è espressamente previsto che il concessionario abbia il dovere di identificare il beneficiario del rimborso tramite acquisizione del certificato della Camera di Commercio. Si aggiunge, ancora, che, secondo del D.M. n. 567 del 1993, art. 24, comma 2, “per l’omesso o ritardato versamento alle sezioni di tesoreria provinciale o alle casse degli enti destinatari conseguente a rimborsi erroneamente erogati dal concessionario si applicano le disposizioni previste dal D.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43, art. 104”, e che è oggi sostituito dal D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 47.

3. Resiste con controricorso Equitalia Nord s.p.a., società incorporante Equitalia Esatri s.p.a..

Si deduce, in primo luogo, che il ricorso è inammissibile perchè confezionato in violazione dell’art. 366 c.p.c., e precisamente mediante la riproduzione di tutti gli atti dei gradi precedenti.

Si deduce, in secondo luogo, che il ricorso nel merito è infondato innanzitutto perchè il provvedimento dell’Agenzia delle Entrate faceva riferimento al D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 22, il quale ha esclusivamente ad oggetto il riversamento delle somme riscosse e non già il rimborso di somme a soggetto non legittimato. Inoltre, anche a voler ritenere applicabile il D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 47, alla fattispecie in esame, occorre tener conto che l’errore circa il beneficiario del rimborso è imputabile all’Ufficio, il quale aveva trasmesso una comunicazione incompleta ed inesatta, che tale errore sarebbe stato agevolmente riscontrabile dall’Agenzia, essendo la procedura fallimentare a carico del beneficiario pendente già da dieci anni al momento dell’emissione dell’elenco di pagamento, e che il concessionario non solo non aveva particolari ragioni di sospetto, in quanto il soggetto indicato era una persona fisica, ma non aveva nemmeno la possibilità di accedere in via diretta al sistema informativo dell’anagrafe tributaria, trattandosi di un’ipotesi di rimborso e non di riscossione.

Si ripropongono, poi, le doglianze formulate in sede di ricorso introduttivo e di controdeduzioni, con riferimento: -) al difetto di motivazione dell’atto di ingiunzione con riferimento all’elemento soggettivo della violazione: -) al difetto di legittimazione soggettiva del destinatario della richiesta, in quanto il concessionario è tenuto ai riversamenti solo di somme riscosse; -) all’illegittimità dello strumento utilizzato, ossia un provvedimento di irrogazione di sanzioni amministrative pecuniarie, tanto più che la società si è avvalsa della sanatoria prevista dalla L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 426, e che, quindi, non possono essere applicate sanzioni amministrative; -) al computo anche degli interessi ai fini della determinazione dell’entità della sanzione amministrativa pecuniaria.

4. Il Procuratore generale presso la Corte di cassazione, nella sua requisitoria, chiede l’accoglimento del ricorso, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio della causa ad altra Commissione Tributaria Regionale per l’esame, in fatto, della contestazione azionata dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di Equitalia Esastri s.p.a..

Pone a fondamento di tali conclusioni la disposizione di cui al D.M. 28 dicembre 1993, n. 567, art. 24, comma 2, che, nel disciplinare il recupero di rimborsi erroneamente erogati dal concessionario, richiama il D.P.R. n. 43 del 1988, art. 104, poi sostituito per effetto del combinato disposto del D.Lgs. n. 112 del 1999, artt. 69 e 47, comma 1.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato, per le ragioni di seguito precisate.

2. Il concessionario per la riscossione, anche nell’effettuare rimborsi di crediti tributari, deve agire con diligenza, prudenza e perizia.

Invero, il D.M. n. 567 del 1993, artt. 23 e 24 compresi entrambi nel titolo secondo, rubricato: “Rimborsi tramite concessionario”, prevedono l’uno, al comma 1, in via programmatica, il recupero dei rimborsi indebitamente effettuati dai concessionari per il servizio della riscossione, l’altro, al comma 2, le conseguenze derivanti dall’erronea erogazione di rimborsi. Precisamente, l’art. 24, comma 2, cit., dispone: “Per l’omesso o ritardato versamento alle sezioni di tesoreria provinciale o alle casse degli enti destinatari conseguente a rimborsi erroneamente erogati dal concessionario si applicano le disposizioni previste al D.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43, art. 104”.

Il D.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43, art. 104, è stato sostituito dal D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 47, applicabile in luogo del precedente per effetto del medesimo D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 69. Il D.Lgs. citato art. 47, (peraltro di contenuto molto simile al previgente del D.P.R. n. 43 del 1988, art. 104) recita: “1. Ferme le eventuali sanzioni penali, il concessionario che non esegue, in tutto o in parte, alle prescritte scadenze i riversamenti agli enti creditori delle somme riscosse, è tenuto a versare all’ente stesso anche gli interessi legali ed è punito con una sanzione amministrativa pecuniaria pari alla somma di cui è stato ritardato o omesso il riversamento. 2. La sanzione di cui al comma 1 è ridotta del 95 per cento, del 90 per cento e del 75 per cento se il concessionario riversa, rispettivamente, entro dieci giorni, trenta giorni o sei mesi dalla prescritta scadenza, le somme di cui ha omesso, in tutto o in parte, il riversamento.”.

Per effetto del combinato disposto delle previsioni di cui al D.M. n. 567 del 1993, art. 24 e di cui al D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 47, quindi, l’omesso (o ritardato) versamento di somme in conseguenza di rimborsi erroneamente erogati dal concessionario determina l’obbligo per quest’ultimo di procedere, oltre che al riversamento dei relativi importi, anche al pagamento degli interessi legali e di una sanzione amministrativa pecuniaria.

Ovviamente, poi, trattandosi di disciplina di tipo sanzionatorio, è necessario accertare se l’erogazione del rimborso sia o meno avvenuta con negligenza, imprudenza o imperizia.

3. La sentenza impugnata aveva escluso in radice l’applicabilità della disciplina di cui al D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 47.

Di conseguenza, nessun accertamento risulta compiuto in ordine alle modalità di svolgimento dell’attività connessa all’erogazione del rimborso I.V.A. in questione, ed al contesto nel quale la stessa è stata eseguita.

Si impone, quindi, la cassazione della sentenza impugnata per nuovo giudizio che accerti se il provvedimento di ingiunzione di pagamento della somma di Euro 57.164,46 possa dirsi correttamente emesso, all’esito di una verifica concernente il rispetto delle regole della prudenza, della diligenza e della perizia nello svolgimento delle attività relative all’erogazione del rimborso.

Il giudice del rinvio, che si individua nella Commissione Tributaria Regionale della Lombardia in diversa composizione, provvederà anche alla determinazione delle spese per il giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese del giudizio di legittimità alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Adunanza Camerale, il 19 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 25 ottobre 2017

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