Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25278 del 25/10/2017
Cassazione civile, sez. trib., 25/10/2017, (ud. 18/07/2017, dep.25/10/2017), n. 25278
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –
Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –
Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –
Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –
Dott. PICARDI Francesca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sui ricorso iscritto al n. 20455/2010 R.G. proposto da:
R.L., rappresentata e difesa, per procura speciale a
margine del ricorso, dall’avv. Alesci Vincenzo, ed elettivamente
domiciliata presso lo studio legale dell’avv. Fabio Massimo Ventura,
in Roma, alla via Angelo Sacchi, n. 9;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,
rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso
la quale è domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
– controricorrente –
avverso la sentenza della commissione tributaria regionale del Lazio,
Sezione staccata di Latina, n. 287/40/2009, depositata in data 15
giugno 2009.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18 luglio
2017 dal Cons. LUCIOTTI Lucio.
Fatto
PREMESSO IN FATTO
– che R.L. impugna con ricorso per cassazione affidato ad un motivo, la sentenza in epigrafe indicata con cui la Commissione Tributaria Regionale de Lazio, ritenendo correttamente motivata la cartella di pagamento recante iscrizione a ruolo delle somme dovute per IVA relativa all’anno di imposta 1991, emessa a seguito dell’intervenuto passaggio in giudicato delle sentenze pronunciate dalla CTR laziale nei giudizi di impugnazione di un avviso di rettifica IVA, rigettava l’appello proposto dalla predetta contribuente avverso la sentenza di primo grado che aveva a sua volta rigettato l’impugnazione promossa, quale erede di S.L., avverso la predetta cartella;
che resiste l’Agenzia delle entrate con controricorso.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
– che con l’articolato unico motivo di impugnazione la ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, n, 4 e n. 5, la nullità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., L. n. 241 del 1990, art. 37, L. n. 212 del 2000, nonchè per “totalmente omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione sui punto decisivo della controversia, relativo alla carenza di motivazione della sentenza del giudice di appello come di primo grado, in ordine alla dedotta carenza assoluta di motivazione e/o di motivazione criptica della cartella di pagamento” (così nella rubrica dei motivo in esame);
– che la ricorrente sostiene di porre, con il predetto complesso motivo, la questione di diritto se fa cartella di pagamento notificata all’erede dei contribuente “debba contenere gli elementi minimi da cui lo stesso possa trarre di essere eventualmente ed astrattamente obbligato in solido al pagamento dell’imposta dovuta dal de cutus, al fine di tendere ad ottenere l’accertamento della propria estraneità ai rapporto tributario, eccependo la non corretta individuazione in capo a lui della suddetta qualità di erede; e segnatamente nei caso di specie, qualora trattasi di provvedimenti giudiziari, se debba, ai fine di cui sopra, essere indicata nella cartella di pagamento la data della loro definitività”;
– che l’articolato mezzo di cassazione è inammissibile;
– che, invero, la ricorrente, oltre a dedurre contemporaneamente e, quindi, inammissibilmente, in spregio ai requisito di specificità di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, un error in procedendo ed un vizio motivazionale, con argomentazioni tra loro inestricabili, non essendo possibile scindere le ragioni poste a sostegno dell’uno dell’altro vizio (cfr. Cass. n. 9793 del 2013; v. anche Sez. U., n. 9100 del 2016 e, in motivazione, Cass. n. 17526 dei 2016), ha omesso di formulare, con riferimento alla dedotta violazione di legge, il quesito di diritto e, invece, con riferimento al vizio motivazionale, il c.d. momento di sintesi, come prescritto dall’art. 366 bis c.p.c, vigente ratione temporis, essendo stata pubblicata la sentenza impugnata in data 15 giugno 2009, mentre invece itabrogazione della citata disposizione processuale (intervenuta ai sensi della L. n. 69 de 2009, art. 47) è divenuta efficace per i ricorsi avanzati con riferimento ai provvedimenti pubblicati successivamente alla data dei 4 luglio 2009 (cfr. Cass. n. 7119 del 2010 e n. 12556 del 2016)
– che alla dichiarazione di inammissibilità del motivo consegue la condanna della ricorrente, rimasta soccombente, ai pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.
PQM
dichiara inammissibile il motivo di ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore defila controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.600.00 per compensi, oltre al rimborso delle spese eventualmente prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 18 luglio 2017.
Depositato in Cancelleria il 25 ottobre 2017