Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25273 del 09/12/2016


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Cassazione civile sez. lav., 09/12/2016, (ud. 06/10/2016, dep. 09/12/2016), n.25273

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – rel. Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21217-2012 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS), in

persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

Avvocati ANTONINO SGROI, CARLA D’ALOISIO, LELIO MARITATO, giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

ALEXANDRIA COMMERCIALE S.R.L., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DEI MONTI PARIOLI 48, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE

MARINI, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati

ERNESTINA POLLAROLO, DIEGO DIRUTIGLIANO, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 220/2012 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 19/03/2012 R.G.N. 334/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/10/2016 dal Consigliere Dott. ADRIANA DORONZO;

udito l’Avvocato SGROI ANTONINO;

uditi gli Avvocati CHITI MARIO PILADE per delega Avvocato MARINI

GIUSEPPE;

uditi gli Avvocati POLLAROLO ERNESTINA e DIRUTIGLIANO DIEGO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CERONI Francesca, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con sentenza depositata il 19 marzo 2012, la Corte d’appello di Torino rigettava l’appello proposto dall’INPS avverso la sentenza con cui il Tribunale di Alessandria aveva condannato l’Istituto a rimborsare alla odierna controricorrente, il 90% dei contributi versati nel triennio 1995-1997.

2. La Corte territoriale, per quanto qui rileva, riteneva che il D.L. n. 300 del 2006, art. 3-quater, (conv. con L. n. 17 del 2007), che aveva prorogato al 31.7.2007 il termine di presentazione delle domande di cui alla L. n. 350 del 2003, art. 4, comma 90, che a sua volta aveva esteso ai soggetti colpiti dagli eventi alluvionali del novembre 1994 e destinatari di provvedimenti agevolativi in materia di versamento di somme dovute a titolo di tributi, contributi e premi, i benefici di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, avesse fugato ogni dubbio in ordine all’applicabilità delle disposizioni recate dalla norma ult. cit. anche ai contributi previdenziali. Sotto altro e connesso profilo, considerava che non potevano distinguersi, ai fini dell’accesso ai benefici in questione, la posizione di coloro che a tale data non avessero ancora provveduto al pagamento dei contributi e quella di coloro che, come la società ricorrente, vi avessero già provveduto, dovendo in tale caso riconoscersi il loro diritto a ripetere quanto versato in eccesso rispetto al dovuto. Infine, riteneva la norma compatibile con le disposizioni comunitarie sugli aiuti di Stato, in particolare con l’art. 107 TUFE.

3. Per la cassazione di tale pronuncia ricorre l’INPS, affidandosi a due motivi. La società si difende con controricorso e deposita memoria e documenti.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo l’Inps censura la sentenza per la violazione e falsa applicazione degli artt. 107 e 108 TFUE, nonchè delle regole di diritto comunitario in tema di divieto di erogazione dei benefici prima della valutazione della Commissione Europea, nonchè della L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, L. n. 350 del 2003, art. 4, comma 90, e D.L. n. 300 del 2006, art. 3 quater, comma 1, convertito in L. n. 17 del 2007, dell’art. 437 c.p.c., e vizio di motivazione.

2. Con il secondo motivo l’Inps deduce la violazione e falsa applicazione della L. 11 agosto 1973, n. 533, art. 7 e si duole del capo della sentenza nella parte in cui ha riconosciuto la decorrenza degli interessi legali sulla somma da rimborsare nel giorno di presentazione della domanda amministrativa.

3. Il primo motivo è fondato nei limiti di quanto si dirà e comporta l’assorbimento del secondo motivo. Preliminarmente, deve dichiararsi la inammissibilità della produzione documentale offerta dalla controricorrente, unitamente alla memoria ex art. 378 c.p.c. Si tratta infatti di documenti che non riguardano la nullità della sentenza e/o l’ammissibilità del ricorso o del controricorso, come prevede l’art. 372 c.p.c., sicchè degli stessi non si può tener conto ai fini della decisione.

4. Deve darsi atto che, nelle more del giudizio è intervenuta la decisione n. 195/2016 della Commissione Europea in data 14.8.2015 (notificata con il n. C (2015) 5549 e pubblicata in G.U.U.E. del 18.2.2016).

5. Con tale decisione, infatti, la Commissione ha ritenuto che le misure legislative che istituiscono i benefici in questione nel presente giudizio fossero state adottate in violazione dell’art. 108, par. 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) e, di conseguenza, ha concluso che esse “costituiscono aiuti di Stato incompatibili con il mercato interno” (punto 133), aggiungendo, in punto di conseguenze (punti 134-136):

a) che una decisione negativa in merito ad un regime di aiuti non pregiudica la possibilità che determinati vantaggi concessi nel quadro dello stesso regime non costituiscano di per sè aiuti di Stato o configurino, interamente o in parte, aiuti compatibili con il mercato interno (ad esempio perchè il beneficio individuale è concesso a soggetti che non svolgono un’attività economica e che pertanto non vanno considerati come imprese, oppure perchè il beneficio è in linea con il regolamento c.d. de minimis applicabile, oppure perchè è concesso in conformità di un regime di aiuto approvato o di un regolamento di esenzione);

b) che l’Italia è tenuta ad annullare tutti i pagamenti di aiuti in essere, con effetto alla data di adozione della decisione, e a partire dalla data della decisione nessuna delle norme in esame nel presente giudizio può essere usata come base di riferimento per la futura concessione o il futuro pagamento di aiuti;

c) che, per quanto attiene agli aiuti individuali già versati prima della data di avvio della decisione e dell’ingiunzione di sospensione, il regime va considerato compatibile con il mercato interno, ai sensi dell’art. 107, par. 2, lett. b), TFUE, a condizione che possa essere stabilito un nesso chiaro e diretto tra i danni subiti dalla singola impresa in seguito alla calamità naturale e l’aiuto di Stato concesso, evitando i casi di sovracompensazione rispetto ai danni subiti dalla impresa; inoltre, ogni compensazione relativa a tali danni, ottenuta da una qualsiasi fonte, deve essere dedotta ed è necessario escludere ogni tipo di cumulo tra gli aiuti previsti dal regime qui in esame ed eventuali aiuti previsti da altre misure per i medesimi costi.

6. La Commissione, infine, ha esentato l’Italia dall’obbligo di recuperare gli aiuti relativi a regimi illegali concessi per le calamità naturali risalenti ad oltre dieci anni prima della sua decisione, con l’unica eccezione degli aiuti fruiti da beneficiari non aventi, al momento della calamità, una sede operativa nell’area colpita.

7. Ciò posto, va ricordato che le decisioni adottate dalla Commissione delle Comunità europee, nell’ambito delle funzioni ad essa conferite dal Trattato CE sull’attuazione e lo sviluppo della politica della concorrenza nell’interesse comunitario, ancorchè prive dei requisiti della generalità e dell’astrattezza, costituiscono fonte di produzione di diritto comunitario, anche con specifico riguardo alla materia degli aiuti di Stato, e quindi vincolano il giudice nazionale nell’ambito dei giudizi portati alla sua cognizione, obbligandolo a dare attuazione al diritto comunitario, se necessario attraverso la disapplicazione delle norme interne che siano in contrasto con esso (v. da ult. Cass. n. 15354 del 2014).

8. Nel caso di specie, recando una normativa che, all’evidenza, detta una nuova disciplina del rapporto controverso, la decisione della Commissione costituisce ius superveniens, che essendo posteriore alla proposizione del ricorso può e deve essere valutato, dal momento che la questione della spettanza o meno dei benefici (non importa in quale forma nè in virtù di quale profilo di doglianza: v. in tal senso Cass. n. 11642 del 2010) è stata devoluta all’esame di legittimità. E costituendo principio consolidato quello secondo cui, allorchè lo ius superveniens comporti la necessità di accertamenti in fatto incompatibili con il giudizio di legittimità, la decisione dì merito deve essere cassata con rinvio (cfr. da ult. Cass. n. 5888 del 2005, sulla scorta di Cass. n. 5224 del 1998), s’impone la cassazione con rinvio della sentenza impugnata.

9. Non giova in contrario obiettare che, essendosi formato il giudicato sulla qualifica di impresa alluvionata dell’azienda controricorrente, la spettanza dei benefici oggetto della domanda dovrebbe ritenersi ormai intangibile: la vicenda per cui è causa non configura infatti un’ipotesi di “aiuti individuali già versati nel quadro delle misure in esame prima della data di avvio della decisione e dell’ingiunzione di sospensione” del 17.12.2002, di cui al punto 136 della decisione della Commissione, quanto piuttosto un’ipotesi di “pagamenti di aiuti in essere” di cui al precedente punto 135 (v. in tal senso Cass. nn. 13458 e 13459 del 2016), e rispetto a tale seconda ipotesi la qualifica di impresa alluvionata costituisce bensì presupposto necessario per l’accesso ai benefici, ma – come anzidetto – di per sè non sufficiente, il diritto in questione potendo riconoscersi solo in presenza degli ulteriori requisiti di cui s’è detto supra, sub lett. c), ossia quando l’aiuto individuale rientri nei limiti del regolamento c.d. de minimis applicabile (punto 115 della decisione), ovvero possa beneficiare della deroga prevista dall’art. 107, par. 2, lett. b) TFUE (punto 132 della decisione).

10. Segue da quanto sopra che il giudice del rinvio dovrà verificare la sussistenza del diritto dell’azienda in epigrafe a fruire dei benefici di cui alla L. n. 350 del 2003, art. 4, comma 90, e successive modifiche e integrazioni, accertando a tal fine, anzitutto, l’eventuale ricorrenza dei presupposti di fatto per l’applicabilità del regolamento de minimis (la cui prova è a carico del soggetto che invoca il beneficio e non può essere ritenuta sussistente soltanto in ragione dell’essere l’importo oggetto della domanda inferiore alla soglia prevista dalla disciplina comunitaria: arg. ex Cass. nn. 6756 del 2012 e 6780 del 2013) e tenendo conto che la regola de minimis, stabilendo una soglia di aiuto al di sotto della quale l’art. 92, n. 1, TFUE, può considerarsi inapplicabile, costituisce un’eccezione alla generale disciplina relativa agli aiuti di Stato, per modo che, quando la soglia dell’irrilevanza dovesse essere superata, il beneficio dovrà essere negato nella sua interezza (arg. ex Cass. n. 11228 del 2011).

11. Qualora la prova dei presupposti per l’applicabilità del regolamento de minimis non venga fornita, il giudice del rinvio dovrà verificare la compatibilità con il mercato interno del beneficio costituente aiuto di Stato, ex art. 107, par. 2, lett. b), TFUE, e dunque, da un lato, quale sia stato l’importo del danno diretto subito dall’impresa per effetto dell’alluvione, da accertare a livello della stessa impresa (cfr. punto 132 della decisione), e dall’altro, nell’ambito del danno così individuato, quale importo sia stato già compensato da altre fonti (assicurazioni o altre misure di aiuto: cfr. punto 148 della decisione della Commissione), dovendo, in particolare, tenersi conto anche dei benefici previsti dalla stessa normativa in materia di tributi e premi, giacchè l’aiuto oggetto dell’attuale controversia potrà essere riconosciuto nei limiti della compensazione del danno residuo.

12. Nell’accertare tali circostanze, inoltre, il giudice del rinvio dovrà attenersi all’ulteriore principio secondo cui, posto che l’invocazione dell’ius superveniens e il giudizio positivo sulla idoneità della nuova disciplina giuridica ad incidere sulla decisione della lite costituiscono fattori sufficienti e determinanti per la cassazione della sentenza, dev’essere consentita, in sede di rinvio, l’esibizione di quei documenti prima non ottenibili ovvero l’accertamento di quei fatti che in base alla precedente disciplina non erano indispensabili, ma che costituiscono il presupposto per l’applicazione della nuova regola giuridica (cfr. in tal senso già Cass. n. 5224 del 1998, cit.).

13. In ragione dei principi di diritto dianzi esposti, la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata ad altro giudice, che si individua nella Corte d’appello di Torino, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte, provvedendo sul ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Torino, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 dicembre 2016

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