Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25272 del 29/11/2011

Cassazione civile sez. lav., 29/11/2011, (ud. 09/11/2011, dep. 29/11/2011), n.25272

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IANNIELLO Antonio – Presidente –

Dott. AMOROSO Giovanni – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 10382-2009 proposto da:

F.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA APPIA

NUOVA 96, presso lo studio dell’avvocato ROLFO PAOLO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato TOMMASO ROLFO, giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

NAVALE ASSICURAZIONE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CONDOTTI 91, presso

lo studio dell’avvocato ALBANESE LUCA, che la rappresenta e difende,

giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 579/2008 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 24/04/2008 R.G.N. 1361/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/11/2011 dal Consigliere Dott. ROSA ARIENZO;

udito l’Avvocato ALBANESE LUCA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ROMANO Giulio che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza de 24.4.2008, la Corte di Appello di Firenze rigettava l’appello principale proposto da F.C., agente di assicurazioni per la società Navale Assicurazione s.p.a. (già La Nationale s.p.a.), rilevando l’inammissibilità delle domande proposte in appello relative alla cancellazione dell’ipoteca iscritta sui beni dell’agente ai sensi del punto 2 del patto individuale, nonchè la richiesta risarcitoria concernente l’asserita illegittima escussione della fideiussione stabilita al punto 5 dell’accordo stipulato con la società e, quanto alla domanda risarcitoria proposta dall’agente per il presunto inadempimento di quest’ultima all’obbligo di consentire la liberalizzazione delle polizze, esaminata attraverso la ricostituzione fittizia del rapporto originario ai detti fini risarcitori, osservava che la lettera inviata alla clientela dalla società il 6.6.2000 era successiva all’avvenuta regolare liberalizzazione delle polizze del portafoglio del F. ed il suo contenuto poteva al più configurare una ipotesi di sviamento di clientela nell’ambito di forme di concorrenza sleale tra imprese assicurative, peraltro mai adombrata dell’appellato incidentale. Rilevava la Corte territoriale che la reiezione dell’appello del F. assorbiva l’impugnazione incidentale condizionata della Compagnia assicuratrice relativa alla sussistenza di una giusta causa di recesso dal contratto di agenzia a tempo indeterminato stipulato tra le parti nel gennaio 1997. Quanto all’appello incidentale della società, la Corte del merito osservava che la pretesa della società in merito a taluni crediti emersi dai riscontri contabili della disposta c.t.u. non poteva acquisire rilevanza, attesi i termini delle reciproche ammissioni e concessioni per la gestione contabile fino al 25.5.1999 e la volontà transattiva generale espressa per tutto quanto avvenuto fino a tale data.

Rilevava, poi, la sentenza impugnata, che dall’accordo del maggio 1999 esulava ogni partita contabile che traesse occasione da quanto avvenuto nel successivo anno di gestione transitoria del portafoglio dell’agenzia 683 di Firenze e che l’accertamento contabile svolto dal C.t.u., relativo al pagamento, da parte della società, nel settembre 2000 di un importo pari ad Euro 7.101,27 per un sinistro patito da tale B., con riferimento al quale non era pervenuta alla compagnia alcuna polizza, per avere l’agente omesso di rimetterne il premio, determinava che la relativa partita contabile era pienamente attribuibile in sede di riconvenzionale e di conseguente appello incidentale, in quanto oggettivamente estranea alla transazione del 25.5.1999. Analogamente, la partita contabile relativa allo sbilancio dei conti nell’ambito del riepilogo di cassa per il periodo giugno 1999 – febbraio 2000, con attribuzione di crediti in favore della società per Euro 8.764,44, onde, in parziale accoglimento dell’appello incidentale, il F. veniva condannato al pagamento di complessivi Euro 15.865,71, indicandosi quale errore materiale del dispositivo letto in udienza l’indicazione, in luogo di quest’ultimo importo, di quello di Euro 24.496,51.

Avverso detta decisione propone ricorso per cassazione il F., affidando l’impugnazione a cinque motivi.

Resiste la Navale Assicurazioni s.p.a., con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, il F. deduce l’omessa e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo della controversia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere la Corte di Appello di Firenze negato l’inadempimento della società sulla base di circostanze assolutamente inidonee a tale scopo. Assume che la sentenza aveva erroneamente negato l’inadempimento sul rilievo che le polizze valide nel portafoglio della Navale fossero solamente nove su un totale di tremila, laddove non era stata valutata la circostanza che alcun cliente tra quelli liberalizzati era passato al F. e che, comunque, anche le pochissime polizze non liberalizzate erano idonee ad integrare l’inadempimento dedotto.

Con il secondo motivo, il ricorrente denunzia la violazione e la falsa applicazione di norma di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la Corte territoriale ritenuto che non vi fosse inadempimento, disattendendo e violando l’art. 1375 c.c.. Il fatto di avere contattato direttamente i clienti liberalizzati diffondendo notizie false sull’interruzione del rapporto costituisce, secondo l’assunto, grave infrazione di quell’accordo, che aveva nella liberalizzazione il corrispettivo di tutta la transazione. All’esito della parte argomentativa, con specifico quesito, chiede affermarsi che costituisce violazione dell’ari. 1375 c.c., ed è quindi contrario a buona fede nell’esecuzione del contratto, il comportamento della compagnia che, a seguito di accordo di liberalizzazione con l’agente, invii alla clientela liberalizzata comunicazione nella quale fornisca i dati del nuovo agente, diffondendo notizie false sul recesso, mettendo in atto così comportamenti idonei a rendere difficoltoso e ad ostacolare il trapasso dei clienti dell’agente alla nuova compagnia e, comunque, a sollecitare clienti trapassati ad abbandonare la nuova compagnia appena raggiunta.

Con il terzo motivo, lamenta l’omessa motivazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, circa un punto controverso e decisivo del giudizio, per avere la Corte, senza motivare sul punto, omesso di tenere conto del credito di Euro 2.616,10 accertato in favore del ricorrente da parte del Ctu in primo grado, pari al 30% del 50% dell’indennità di risoluzione del rapporto.

Con il quarto motivo, il F. si duole della violazione di legge, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, rappresentata da combinato disposto degli artt. 1882 e 1223 c.c., per avere la Corte del merito ritenuto quale danno per il mancato versamento del premio da parte del ricorrente l’intero prezzo del sinistro. Il danno sarebbe dovuto essere quantificato con riferimento all’importo del premio e non all’importo del risarcimento versato al danneggiato. Con quesito ex art. 366 bis c.p.c., chiede affermarsi che, in applicazione dei principi stabiliti dalle norme sopra richiamate, il danno subito dalla compagnia per il mancato versamento del premio incassato da parte dell’agente non corrisponde all’eventuale risarcimento liquidato, ma all’ammontare del premio stesso.

Infine, con i quinto motivo rileva la contraddittorietà e omissione di motivazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, su un punto decisivo della controversia, per avere la Corte d’Appello fatto discendere un credito in favore della convenuta dall’allegato 4 alla c.t.u. di primo grado e ravvisato uno sbilancio dei conti, nonostante che l’ausiliare avesse concluso nel senso che nessun parere era possibile rendere in relazione agli atti acquisiti, documenti di provenienza esclusiva della convenuta, la cui affidabilità doveva essere adeguatamente valutata. Il giudice del merito non avrebbe dato conto dei motivi che l’avrebbero indotta a ritenere che le voci datate 1999/2000 erano riferite a partite contabili successive allo spartiacque determinato dal giudice di primo grado e vi era contraddittorietà nella parte della motivazione in cui era stato affermato che l’imputazione dello sbilancio era stata effettuata dal Ctu, laddove il documento era di provenienza della Navale ed era stato solo visionato dall’ausiliare, il quale aveva concluso per l’impossibilità di alcun tipo di imputazione temporale delle partite di credito in esame.

Il primo, secondo, terzo e quinto motivo di ricorso sono inammissibili ed infondati per quanto di seguito considerato in merito a ciascuno di essi.

Con riguardo al primo, deve rilevarsi che manca il necessario momento di sintesi riferito al fatto controverso dedotto e manca, altresì, l’indicazione analitica, anche con richiamo al relativo integrale contenuto, dei documenti che si assumono depositati nei precedenti gradi di giudizio, a dimostrazione dell’entità del portafoglio agenziale al termine del periodo di liberalizzazione. In ogni caso, deve rilevarsi la pluralità di elementi considerati dalla Corte di Appello a supporto della inconfigurabilità del dedotto inadempimento, rispetto alla quale anche la circostanza che le polizze per le quali non fosse stato chiesto l’annullamento rimanevano in carico alla compagnia La Nationale è stata idoneamente valorizzata, in ragione della considerazione che sia questa eventualità, che quella della mancata ricollocazione di parte della clientela “liberalizzata” non potevano di certo essere addebitate alla società, stanti i termini dell’accordo concluso . Era, invero, tutt’altro che inipotizzabile, come correttamente e congruamente osservato dalla Corte del merito, che al termine della liberalizzazione sussistessero polizze per le quali non fosse stato richiesto l’annullamento, ma ciò non poteva risolversi in danno della società, il cui comportamento, secondo il corretto iter motivazionale della sentenza impugnata, non era stato ritenuto di ostacolo all’esercizio della facoltà di liberalizzazione. Deve ulteriormente rilevarsi che le censure mirano a sollecitare una rivisitazione del merito, non consentita nella presente sede di legittimità, atteso che il ricorso per cassazione, con il quale si facciano valere vizi di motivazione della sentenza, impugnata a norma dell’art. 360 c.p.c., n. 5, deve contenere – in ossequio al disposto dell’art. 366 c.p.c., n. 4, che per ogni tipo di motivo pone il requisito della specificità sanzionandone il difetto – la precisa indicazione di carenze o lacune nelle argomentazioni sulle quali si basano la decisione o il capo di essa censurato, ovvero la specificazione d’illogicità, consistenti nell’attribuire agli elementi di giudizio considerati un significato fuori dal senso comune, od ancora la mancanza di coerenza fra le varie ragioni esposte, quindi l’assoluta incompatibilità razionale degli argomenti e l’insanabile contrasto degli stessi. Ond’è che risulta inidoneo allo scopo il far valere la non rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice del merito all’opinione che di essi abbia la parte ed, in particolare, il prospettare un soggettivo preteso migliore e più appagante coordinamento dei molteplici dati acquisiti, atteso che tali aspetti del giudizio, interni all’ambito della discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi dell'”iter” formativo di tale convincimento rilevanti ai sensi della norma in esame. Diversamente, si risolverebbe il motivo di ricorso per cassazione ex art. 360 c.p.c., n. 5 in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni effettuate ed, in base ad esse, delle conclusioni raggiunte dal giudice del merito; cui, per le medesime considerazioni, neppure può imputarsi d’aver omesso l’esplicita confutazione delle tesi non accolte e/o la particolareggiata disamina degli elementi di giudizio ritenuti non significativi, giacchè nè l’una nè l’altra gli sono richieste, mentre soddisfa l’esigenza di adeguata motivazione che il raggiunto convincimento risulti da un esame logico e coerente di quelle, tra le prospettazioni delle parti e le emergenze istruttorie, che siano state ritenute di per sè sole idonee e sufficienti a giustificarlo (in tali termini, cfr. Cass. 23 maggio 2007 n. 120520). Nella specie non risulta che la doglianza abbia evidenziato i profili di omissione, insufficienza o contradittorietà della motivazione nei termini consentiti in sede di legittimità, indicati dalla pronunzia richiamata.

Anche il secondo motivo deve essere disatteso, mancando, oltre alla trascrizione del contenuto della comunicazione del 6.6.2000 ai fini dell’autosufficienza del relativo motivo, anche una censura riferita specificamente – sotto il profilo della illogicità o della carenza motivazionale – alla affermazione che la missiva era stata inviata successivamente al periodo transitorio, all’esito della prevista definitiva risoluzione di ogni rapporto tra Compagnia ed agente, e che la stessa poteva al più realizzare un’ipotesi di sviamento della clientela, mai, peraltro, neanche dedotta. Il motivo è inammissibile anche perchè si fonda su una mera contrapposizione di diversa ricostruzione prospettata dal ricorrente e la questione in diritto sollevata con richiamo all’art. 1375 c.c. si rivela nuova e come tale non deducibile per la prima volta nella sede di legittimità, in mancanza di riferimenti alla sede della sua precedente avvenuta deduzione.

Il terzo motivo deve ritenersi genericamente formulato, non essendo specificato in virtù di quali presupposti competa la percentuale della indennità di risoluzione del rapporto reclamata, nè sono spiegati i parametri per la sua determinazione e, comunque, la censura doveva essere proposta in appello in relazione al mancato accertamento del credito già indicato nel ricorso introduttivo, o, al più dedotta come vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 4, ove fossero stati richiamati i termini della relativa proposizione già in appello. Peraltro, non risulta dallo stesso contenuto della doglianza che il credito abbia mai costituito fatto controverso, onde il motivo deve ritenersi inammissibile anche per carenza di interesse.

In merito al quinto motivo, a prescindere dai profili di inammissibilità evidenziati dalla controricorrente con riguardo alla mancata trascrizione dei passaggi argomentativi della c.t.u. sui quali si fonda l’assunto della contraddittorietà della decisione impugnata, deve rilevarsene la sostanziale infondatezza, atteso che viene censurata una motivazione in realtà non adottata dalla Corte territoriale nei termini ritenuti dal ricorrente, ma articolata nel senso che tra le partite a credito sono state estrapolate quelle la cui imputazione temporale era conseguenza del fatto che una parte dello sbilancio accertato era sicuramente riferibile al periodo successivo al giugno 1999 e che tale affermazione si fondava su dati contabili esaminati dal C.t.u. e da quest’ultimo temporalmente collocati con certezza nel detto periodo.

Il quarto motivo deve, invece, essere accolto, in quanto, seppure nessuna argomentazione in merito alla applicazione delle norme richiamate è contenuta nella sentenza impugnata, la censura evidenzia come nessun principio in tema di risarcimento del danno consenta di porre a carico dell’agente l’intero costo del sinistro in modo automatico. Questo non è previsto nè dalla disposizione dell’art. 1882 c.c., che indica l’assicurazione come il contratto col quale l’assicuratore, verso pagamento di un premio, si obbliga a rivalere l’assicurato, entro i limiti convenuti, del danno ad esso prodotto da un sinistro, nè dall’art. 1223 c.c. in tema di risarcimento del danno per inadempimento. Non è, in via generale, consentito identificare l’equivalente pecuniario del danno subito dall’assicuratore sic et simpliciter nel costo del sinistro pagato in mancanza di copertura assicurativa e di versamento del relativo premio, senza previo accertamento che al pregiudizio pari all’importo del premio non versato si aggiunga un ulteriore pregiudizio mediato che costituisca l’effetto normale della inadempienza o del ritardo dell’agente, secondo il criterio della regolarità causale, nel senso che il pagamento del sinistro trovi la sua causa proprio nell’inadempimento dell’agente e non nel contratto e che la sua quantificazione risponda a criteri controllabili e a passaggi motivazionali condivisibili, nella specie non indicati ed esplicitati in alcun modo nella motivazione del giudice del merito.

Sussiste, pertanto, la denunziata omissione, onde la sentenza va cassata in relazione all’accoglimento del menzionato motivo, con rinvio ad altro giudice che valuterà, in base ai criteri enunciati, in quali termini il pregiudizio per l’assicuratore si sia realizzato ed in che misura lo stesso sia risarcibile, in base ai dati forniti e alle allegazioni in merito formulate dall’interessato.

La Corte di appello designata dovrà provvedere anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il quarto motivo di ricorso, che rigetta nel resto;

cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte di Appello di Bologna.

Così deciso in Roma, il 9 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 novembre 2011

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