Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25270 del 10/11/2020

Cassazione civile sez. VI, 10/11/2020, (ud. 24/09/2020, dep. 10/11/2020), n.25270

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – rel. Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14835-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) SRL, in persona del Curatore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MIRCO MINARDI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 141/6/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE delle MARCHE, depositata il 26/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 24/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CROLLA

COSMO.

 

Fatto

RITENUTO

CHE:

1. Il Fallimento (OMISSIS) srl impugnava davanti alla Commissione Tributaria Provinciale Ancona il silenzio rifiuto dell’Agenzia delle Entrate serbato sull’istanza di rimborso dell’Iva a credito maturato dalla società in bonis negli anni 2009 e 2010 per un totale di Euro 395.977,53 non utilizzato in compensazione.

2. La CTP accoglieva il ricorso del Fallimento rilevando che non poteva essere considerata di ostacolo al rimborso la mancata presentazione della dichiarazione avendo la fallita provveduto a depositare tutta la documentazione comprovante il diritto al rimborso.

3. La sentenza veniva impugnata dall’Agenzia delle Entrate e la Commissione Tributaria Regionale delle Marche rigettava l’appello ribadendo che il contribuente aveva assolto all’onere di cui all’art. 2697 c.c. versando in atti nel corso del giudizio di secondo grado, come consentito dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58, tutta la documentazione attestante le operazioni soggette ad IVA.

4. Avverso la sentenza della CTR ha proposto ricorso per Cassazione l’Agenzia delle Entrate affidandosi a due motivi. Il Fallimento si è costituito depositando controricorso e successiva memoria.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo di impugnazione la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 19 e 30, dell’art. 2697 c.c. e degli artt. 115 e 116 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; si sostiene che la CTR avrebbe erroneamente ritenuto assolto l’onere probatorio incombente sul contribuente in quanto le fatture non erano state prodotte nella causa avente ad oggetto il provvedimento del silenzio rifiuto ma nel giudizio non riunito seppure chiamato nello stesso giorno instaurato dal contribuente contro l’avviso di accertamento.

1.1 Con il secondo motivo viene dedotto omesso esame di fatti oggetto di discussione e decisivi ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, costituiti dalle anomalie contabili riscontrate nella documentazione depositata dal contribuente ed emerse anche in sede di adesione seguita alla notifica dell’avviso di accertamento.

2. Il primo motivo non è fondato

2.1 Non costituisce oggetto di contestazione il principio autorevolmente dettato da questa Corte a Sezioni Unite, in conformità con gli arresti della Corte di Giustizia UE, secondo il quale “La neutralità dell’imposizione armonizzata sul valore aggiunto comporta che, pur in mancanza di dichiarazione annuale per il periodo di maturazione, l’eccedenza d’imposta, che risulti da dichiarazioni periodiche e regolari versamenti per un anno e sia dedotta entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto, va riconosciuta dal giudice tributario se il contribuente abbia rispettato tutti i requisiti sostanziali per la detrazione, sicchè, in tal caso, nel giudizio d’impugnazione della cartella emessa dal fisco a seguito di controllo formale automatizzato non può essere negato il diritto alla detrazione se sia dimostrato in concreto, ovvero non sia controverso, che si tratti di acquisti compiuti da un soggetto passivo d’imposta, assoggettati ad IVA e finalizzati ad operazioni imponibili” (cfr. Cass. S.U. 17757 cui sono seguite anche Cass. 3292/2018 8131/2018 19938/2018).

2.2. La relativa prova dev’essere fornita dal contribuente mediante la produzione delle fatture e del registro in cuì vanno annotate e delle dichiarazioni periodiche in base ai criteri generali di riparto dell’onere della prova previsti dall’art. 2697 c.c., ed alle specifiche disposizioni del decreto IVA e della sesta direttiva, che regolano la materia della deducibilità dell’imposta assolta (Cass. s.u. citata).

2.3 Nella fattispecie la CTR, dopo aver correttamente enunciato il principio giurisprudenziale di cui sopra si è dato conto, ha, nell’ulteriore sviluppo motivazionale, affermato che “tali principi si applicano perfettamente alla fattispecie che qui ci occupa in quale dagli atti di causa risulta che il contribuente ha prodotto tutta la documentazione attestante gli acquisti e le vendite, le liquidazioni periodiche ed i registri Iva nonchè le comunicazioni dati Iva per l’anno in questione da cui emerge la certezza del credito Iva sorto nel 2010 ragion per cui l’omessa dichiarazione annuale è divenuta una violazione formale che non esclude il diritto alla detrazione” Ed ancora “Alla luce di quanto sopra, e verificata la documentazione prodotta da cui emerge la regolarità delle annotazioni nei registri Iva e quindi la legittimità della procedura di rimborso posta in essere dal contribuente”.

2.4 I giudici di secondo grado nel ritenere provato il diritto ai rimborso del contribuente sulla scorta della corretta tenuta e conservazione della contabilità,della produzione del registro Iva acquisti e registro Iva vendite e dei prospetti che espongono liquidazioni periodiche, hanno correttamente applicato il principio dell’onere della prova previsto dall’art. 2697 c.c. e non sono incorsi nella violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. avendo utilizzato documentazione ritualmente prodotta in giudizio.

2.5 Si tratta di accertamenti di fatto e di attività di valutazione del materiale probatorio insindacabili in sede di legittimità.

3 Il secondo motivo è inammissibile.

2.1 Ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c., commi 4 e 5, applicabile ratione temporis al caso concreto in quanto il giudizio di appello è stato introdotto dopo l’11 settembre 2012, ai sensi del D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 2, non può essere proposto riscorso per Cassazione per il motivo di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, avverso la sentenza di appello che conferma la decisione di primo grado.

2.2 Nella fattispecie in esame sia i giudici di primo che di secondo grado hanno riconosciuto la fondatezza del ricorso sulla base dell’assolvimento da parte del contribuente dell’onere probatorio del diritto al rimborso Iva. Non vi è prova che la “doppia conforme” si fondi su differenti ragioni di fatto poste a base delle decisioni di primo e secondo grado; anzi, dalla lettura dell’impugnata sentenza e dall’esame del ricorso emerge che la CTR abbia integralmente condiviso la valutazione dei fatti e le argomentazioni contenute nella sentenza di primo grado.

3 Il ricorso va quindi rigettato.

4 Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

La Corte:

– Rigetta il ricorso;

– condanna l’Agenzia delle Entrate alla refusione delle spese del presente giudizio che si liquidano in Euro 10.300 per compensi Euro 200 per esborsi oltre rimorso forfettario ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 24 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2020

 

 

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