Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25270 del 09/10/2019

Cassazione civile sez. trib., 09/10/2019, (ud. 09/04/2019, dep. 09/10/2019), n.25270

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. PERRINO Angel – Maria –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 2870/2017 R.G. proposto da:

C.A. e C.G., rappresentati e difesi

dall’Avv. Emilio Mattei, elettivamente domiciliata presso l’Avv.

Franco Carlini in Roma Piazza Cola Di Rienzo n. 92, giusta procura

speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle dogane, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale

dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei

Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale

dell’Umbria n. 311/03/2016, depositata il 15 giugno 2016.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 9 aprile 2019

dal Consigliere Giuseppe Fuochi Tinarelli.

Fatto

RILEVATO

che:

– C.A. e C.G. impugnavano l’avviso di rettifica emesso nei loro confronti, quali responsabili solidali della società Tiberina Energy Srl, dall’Agenzia delle dogane di Perugia in relazione alle importazioni, effettuate tra il 2010 e il 2011 presso l’ufficio doganale di Napoli, di partite di tabacchi provenienti dal Pakistan e dall’India, dichiarate dalla società di qualità, rispettivamente, (OMISSIS) e (OMISSIS) (corrispondente al (OMISSIS)), con dazio al 3,9%, ed invece da ricondurre alle qualità (OMISSIS) e (OMISSIS), con dazio nella misura massima di Euro 24 ogni 100 chilogrammi;

– i contribuenti contestavano la fondatezza della pretesa, in ogni caso parzialmente prescritta, e deducevano l’incompetenza territoriale dell’Ufficio emittente e il proprio difetto di legittimazione passiva;

– l’impugnazione era rigettata dalla Commissione tributaria provinciale di Perugia; la sentenza era confermata dal giudice d’appello;

– C.A. e C.G. ricorrono per cassazione con sei motivi, cui resiste l’Agenzia delle dogane con controricorso; i contribuenti depositano altresì memoria ex art. 380 bis 1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

Che:

– il primo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 326 TULD, degli artt. 60 e 70 CDC (Reg. n. 450/2008/CE), del D.Lgs. n. 374 del 1990, art. 11, comma 9, come modificato dal D.L. n. 16 del 2012, art. 9, comma 3 decies, conv. nella L. n. 44 del 2012, nonchè del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 16, della L. n. 241 del 1990, art. 21 octies;

– i contribuenti, in sostanza, lamentano che la CTR abbia ritenuto competente l’Ufficio doganale di Perugia ad emettere sia l’avviso di rettifica che l’atto di contestazione benchè diversa fosse la dogana dove si erano svolte le operazioni d’importazione;

– il motivo è in parte infondato, in parte inammissibile;

– il D.Lgs. n. 374 del 1990, art. 11, comma 9, ultimo periodo, come modificato dal D.L. n. 16 del 2012, art. 9, comma 3 decies, conv. nella L. n. 44 del 2012, prevede “l’ufficio doganale che effettua le verifiche generali o parziali con accesso presso l’operatore è competente alla revisione delle dichiarazioni doganali oggetto del controllo anche se accertate presso un altro ufficio doganale”;

– la disposizione, che, come condivisibilmente affermato da Cass. n. 26045 del 16/12/2016, non è retroattiva poichè non ha natura interpretativa ma “si presenta come un’ordinaria norma integrativa di quella preesistente”, è in vigore dal 29 aprile 2012 e, dunque, riguarda le revisioni che siano successive a questa data;

– la norma, peraltro, ha indubbiamente anche carattere procedimentale, nel senso che – con riguardo al procedimento di revisione – individua le regole e i criteri che debbono sussistere per stabilire, nel momento in cui l’atto viene ad originarsi, il soggetto competente;

– in altri termini, successivamente al 29 aprile 2012, ai fini della competenza il luogo dell’importazione è, in linea generale, ininfluente, mentre rileva quale sia l’ufficio che ha posto in essere le suddette verifiche, circostanza questa che costituisce presupposto in fatto per l’applicazione della norma determinativa della competenza;

– orbene, nella vicenda in giudizio, l’avviso di rettifica è stato emanato dall’Agenzia delle dogane in data 18 dicembre 2013, sicchè al momento del suo insorgere era applicabile la nuova disposizione;

– non si pone, dunque, un problema di applicazione retroattiva delle nuove regole di determinazione della competenza ma, solo e necessariamente, di valutazione – al momento dell’emissione dell’avviso di accertamento – dei presupposti in fatto (sorti necessariamente in un momento precedente) che fondano il legittimo esercizio del potere;

– tale esito del resto, è coerente con il principio da tempo consolidato, sia nella giurisprudenza di questa Corte che nella giurisprudenza amministrativa, secondo cui la legittimità di un atto amministrativo – anche sotto il profilo soggettivo – va valutata alla stregua delle norme vigenti al momento della sua emanazione (tempus regit actum);

– è invece inammissibile la censura ove diretta a contestare che la dogana di Perugia abbia svolto una verifica presso l’operatore atteso l’accertamento in fatto operato dalla CTR sul punto (“… l’Ufficio doganale che effettua la verifica presso l’operatore è competente alla revisione delle dichiarazioni doganali oggetto di controllo anche se queste sono state accertate presso altro ufficio doganale… per cui, nella fattispecie, consegue la competenza della dogana di Perugia e non già di quella di Napoli, come invece prospettato dalla società sul presupposto che le importazioni in questione erano state – appunto – svincolate dalla dogana di Napoli”), non censurabile in sede di legittimità;

– il secondo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., n. 5, omesso esame circa un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti con riguardo alla natura della verifica operata dalla dogana di Perugia e all’esistenza di accesso presso i propri uffici;

– il motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c., comma 5, che non consente più la proposizione del ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, nel caso vi sia stato un doppio accertamento conforme da parte dei giudici di merito sulle medesime questioni di fatto, circostanza che risulta dalla stessa motivazione della decisione impugnata e che è solo genericamente contestata dai contribuenti;

– il terzo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, violazione dell’art. 112 c.p.c. ed omessa pronuncia in ordine alla dedotta nullità e/o infondatezza dell’accertamento contestato con riguardo sia alle importazioni dal Pakistan che dall’India, mentre la CTR ha statuito solo sulle prime;

– il motivo è infondato;

– va rilevato, infatti, che la CTR si è riferita in termini generali e onnicomprensivi con riguardo all’importazione del tabacco e, seppure si riferisca solo in alcuni passaggi alla qualità della merce, chiaramente si riferisce ad entrambe (v. quart’ultima riga dove si indica il tipo di tabacco dichiarato come “(OMISSIS)” espressione riferibile ad entrambe le importazioni come risulta dall’atto di rettifica come indicato in ricorso: v. pag. 4), salva la disamina di specifiche questioni (v. terzo paragrafo, pag. 4 della motivazione con riguardo alla disamina della perizia di parte), sicchè ha statuito sull’intera domanda;

– il quarto motivo denuncia nuovamente omessa pronuncia con riferimento alla contestata loro posizione di responsabili solidali e all’eccezione di difetto di legittimazione passiva;

– il motivo è infondato;

– è sufficiente rammentare che, secondo pacifico insegnamento della giurisprudenza di legittimità, non ricorre il vizio di omessa pronuncia, nonostante la mancata decisione su un punto specifico, quando la decisione adottata comporti una statuizione implicita di rigetto sul medesimo (v. da ultimo Cass. n. 29191 del 06/12/2017; Cass. n. 20718 del 13/08/2018);

– nella specie la CTR ha esaminato il merito dell’atto di gravame proposto dai contribuenti e, nel ritenere fondata la pretesa erariale, ha necessariamente ritenuto sussistente la legittimazione passiva e la responsabilità degli stessi, trattandosi di questione che integra un prius logico e giuridico, così rigettando, per implicito, l’eccezione proposta dai medesimi;

– il quinto motivo denuncia omessa pronuncia con riguardo all’eccepita prescrizione della pretesa quanto alle bollette n. (OMISSIS), n. (OMISSIS) e n. (OMISSIS) del 20 dicembre 2010;

– il motivo è fondato;

– la CTR, infatti, non ha in alcun modo statuito sulla doglianza, la cui sede di deduzione sia in primo grado che in appello è stata specificamente indicata dai ricorrenti che ne hanno, sia pure riassuntivamente, riprodotto il contenuto, la quale non può ritenersi in alcun modo, neppure implicitamente, ricompresa nella statuita fondatezza della pretesa, trattandosi di questione, a differenza di quella precedente, il cui esame è successivo ad essa;

– il sesto motivo denuncia violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 ed omessa motivazione in relazione alla legittimazione passiva, alla ritenuta fondatezza della pretesa di cui all’avviso di rettifica, in ispecie con riguardo alle importazioni dall’India, nonchè all’eccepita prescrizione;

– il motivo è fondato limitatamente alla ritenuta legittimazione passiva dei ricorrenti; è assorbito quanto all’eccepita prescrizione per l’accoglimento del quinto motivo; è inammissibile per il resto;

– la CTR, infatti, con riguardo alla fondatezza della pretesa daziaria, ha ritenuto la tesi difensiva priva di concreti validi riscontri e tale conclusione si fonda su un chiaro e lineare iter argomentativo: esame delle bollette doganali; esclusione che l’indicazione operata dalla società fosse frutto di errore materiale (per l’elevato numero delle bollette e per essersi ripetuto l’errore anche “nelle fatture emesse dalla Superior Exports”); esistenza di numerosi riscontri ai rilievi dell’Ufficio con indicazione delle relative fonti di prova (documenti di trasporto tra azienda e acquirenti finali; dichiarazioni rese in sede di indagini penali; contratti di compravendita);

– il giudice d’appello, inoltre, dà conto delle opposte allegazioni e delle ragioni della loro non incidenza (la perizia è inattendibile per la genericità delle conclusioni a causa del degrado del prodotto; le dichiarazioni delle società esportatrici sono di contenuto generico ed incerta provenienza);

– ne deriva che la motivazione, che ha tenuto in adeguata considerazione gli elementi di prova in giudizio, valutati in sè ed unitariamente e senza trascurare quelli offerti a prova contraria, motivatamente ritenuti privi di ogni incidenza, non si pone al di sotto dal minimo costituzionale che giustifica il sindacato di legittimità (Sez. U, n. 8053 del 07/04/2014); la censura, in parte qua, mira, in realtà, ad una rivalutazione degli elementi probatori e documentali acquisiti in giudizio in vista di una rivisitazione dell’accertamento di fatto compiuto dai giudici di merito, non consentita nel giudizio di legittimità;

– con riguardo, invece, alla responsabilità dei ricorrenti, la CTR non ha in alcun modo spiegato le ragioni poste a fondamento del rigetto delle domande e, anzi, la motivazione è sul punto assente;

– in accoglimento del quinto e del sesto motivo, quest’ultimo limitatamente alla legittimazione passiva dei contribuenti, rigettati gli altri, la sentenza va cassata con rinvio, anche per le spese, alla CTR competente in diversa composizione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il quinto e il sesto motivo di ricorso, quest’ultimo nei limiti di cui in motivazione, inammissibile il secondo e il sesto per le restanti censure, infondati gli altri; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla CTR dell’Umbria in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 9 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 ottobre 2019

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