Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2527 del 31/01/2017


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Cassazione civile, sez. II, 31/01/2017, (ud. 19/10/2016, dep.31/01/2017),  n. 2527

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – rel. Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7402/2016 proposto da:

V.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PIERLUIGI DA

PALESTRINA 63, presso lo studio dell’avvocato MARIO CONTALDI, che lo

rappresenta difende unitamente all’avvocato VINCENZO ROPPO;

– ricorrente –

contro

PRESIDENTE DEL CONSIGLIO NOTARILE DEI DISTRETTI RIUNITI DI TORINO E

PINEROLO, CONSIGLIO NOTARILE DEI DISTRETTI RIUNITI DI TORINO E

PINEROLO, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA LAURA MANTEGAZZA

16, presso lo studio dell’avvocato SABINA LORENZELLI, che li

rappresenta e difende unitamente agli avvocati VITTORIO BAROSIO,

GIORGIO GIUSEPPE VITTORIO SOBRINO;

– controricorrenti –

e contro

PROCURATORE DELLA REPUBBLICA C/O CORTE APPELLO DI TORINO;

– intimato –

avverso l’ordinanza della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il

41/12/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

19/10/2016 dal Consigliere Dott. EMILIO MIGLIUCCI;

udito l’Avvocato CONTALDI Stefania con delega depositata in udienza

dell’Avvocato CONTALDI Mario, difensore del ricorrente che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso e della memoria;

udito l’Avvocato BAROSIO Vittorio difensore dei resistenti che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La Commissione Amministrativa Regionale di Disciplina per la circoscrizione del Piemonte e della Valle d’Aosta dichiarava il notaio V. responsabile degli addebiti contestati, ovvero di:

1) avere indicato, nelle parcelle inviate ai clienti anticipazioni superiori a quelle effettivamente sostenute, riducendo correlativamente gli onorari, così occultando in modo sistematico parte degli onorari in modo da diminuire la base imponibile del proprio carico fiscale; 2) non avere dato completa e comprensibile lettura degli atti ricevuti in determinate giornate e correlativamente di non avere assistito personalmente a tutte le sottoscrizioni e svolto tutte le altre operazioni preparatorie e connesse alla stipula degli atti.

Per quanto riguardava i fatti sub 1), al notaio era inflitta la sanzione della sospensione di mesi uno in relazione agli illeciti di cui all’art. 147, comma 1, lett. a) della Legge Notarile, per avere il Notaio compromesso con la propria condotta la sua dignità e reputazione ed il decoro e il prestigio della classe notarile, e art. 147, comma 1, lett. b) della Legge Notarile, avendo il Notaio violato in modo non occasionale le norme deontologiche elaborate dal Consiglio Nazionale del Notariato ed in particolare l’art. 14, comma 1, lett. a) dei Principi di deontologia notarile per aver emesso fatture irregolari con enunciazione di anticipazioni inesistenti e occultamento di corrispettivi;

di mesi uno in relazione all’art. 147, comma 1, lett. c) della Legge Notarile, avendo il Notaio posto in essere comportamenti di illecita concorrenza, servendosi di mezzi non conformi al decoro ed al prestigio della classe notarile;

per quanto riguardava il fatto addebitato sub 2), era inflitta la sanzione della sospensione di mesi uno, essendo stato ritenuto che la condotta integrasse le fattispecie di cui all’art. 147, a) e b) in relazione all’art. 47 Legge Notarile e artt. 37 e 42 Principi di Deontologia professionale.

Con ordinanza pubblicata il 9 dicembre 2015 la Corte di appello di Torino rigettava il reclamo proposto dal notaio avverso tale decisione.

I Giudici ritenevano quanto segue.

Per quanto riguardava l’addebito sub 1), i fatti storici erano compiutamente provati sulla base della documentazione prodotta dal Consiglio, laddove in base alle parcelle del notaio afferenti ai singoli atti, alle ricevute dell’Agenzia delle Entrate, era emerso che gli importi indicati nelle relative parcelle concernenti le “anticipazioni” non corrispondevano mai alle spese documentate dal Notaio; d’altronde nel corso del procedimento disciplinare dinanzi alla Co.Re.D. il notaio V. mai aveva contestato tali dati nella loro oggettività.

Era da escludere la esistenza dell’invocato errore scusabile, non assumendo alcun rilievo la prassi posta in essere da altri notai si era proprio in presenza di un artificio utilizzato dal Notaio per ottenere un maggior guadagno (o risparmio fiscale).

Secondo i Giudici tale condotta integrava la violazione dell’art. 147, comma 1, lett. a), trattandosi di illecito di pericolo per il quale non è elemento costitutivo l’eco negativa nella comunità nè è richiesta la prova della sua esistenza, anche se “anche in questo procedimento, relativamente agli illeciti compiuti da alcuni Notai torinesi con le modalità di cui al presente procedimento, sono prodotti articoli di stampa, una interrogazione parlamentare ai Ministri della Giustizia e Economia e una richiesta di notizie rivolta al Consiglio Notarile da parte del Ministero della Giustizia, che dimostrano l’eco suscitato nel pubblico da tali condotte. Dunque deve concludersi che l’occultamento sistematico di onorari professionali sotto la falsa veste di “anticipazioni” e la conseguente sottrazione all’imposizione fiscale degli stessi lede la dignità e reputazione del Notaio che Io pone in essere e getta discredito sull’intera classe notarile”.

Con riferimento all’art. 147, comma 1, lett. b), i Giudici ritenevano che “la condotta aveva violato l’art. 14 del Codice deontologico in merito alla non occasionale irregolare documentazione della prestazione, realizzatasi mediante la mancata e documentata specificazione di anticipazioni, onorari, diritti e compensi e attraverso la emissione irregolare di fattura a fronte delle prestazioni….”.

Doveva ritenersi realizzata anche la violazione dell’art. 147, comma 1, lett. c), per illecita concorrenza secondo quanto previsto proprio dall’art. art. 14 dei Principi deontologici.

Era altresì confermata la decisione della Commissione laddove aveva ritenuto perfezionato l’illecito contestato sub 2) in relazione alla frettolosa lettura degli atti rogati e al mancato svolgimento personale delle attività preliminari e connesse demandate al Notaio (identificazione delle parti, verifica degli strumenti di pagamento, controllo dei documenti) in relazione agli atti stipulati nei mesi di settembre e dicembre 2009, tenuto conto delle indicazioni circa la data, l’orario e il luogo di stipulazione nei medesimi contenute.

Era disattesa l’eccezione di mancata contestazione dell’addebito sul rilievo che erano stati specificamente indicati gli estremi degli atti, le date, gli orari, i luoghi di stipulazione e la loro tipologia, di guisa che il notaio era stato in grado di esercitare compiutamente il diritto di difesa. Dalle stesse modalità di redazione si doveva trarre la presunzione circa la impossibilità di compiutamente dare lettura degli atti e di svolgere tutte la attività connesse alla stipula.

Infine, era respinta la richiesta di concessione delle attenuanti generiche in relazione alla gravità dell’incolpazione, al mancato ravvedimento operoso e alle modalità della condotta tenuta dal notaio.

2.- Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione il notaio V. sulla base di dieci motivi illustrati da memoria.

Resiste con controricorso l’intimato.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1. Il primo motivo denuncia che erroneamente la Corte aveva ritenuto che il notaio non avesse contestato la esistenza di una discrepanza – ritenuta consistente e sistematica – fra le anticipazioni e le spesse sostenute, per cui la Corte avrebbe dovuto piuttosto accertare l’entità e valutare la prova dell’effettivo sbilancio, circostanza che era stata posta a fondamento della responsabilità.

1.2. Il motivo va disatteso.

La doglianza è priva di autosufficienza, giacche avrebbe dovuto non solo indicare l’atto in cui era stata formulata la contestazione ma riportare il contenuto di tali difese in modo da consentire di verificare la decisività della censura.

2.1. Il secondo motivo denuncia che l’ordinanza impugnata aveva ritenuto illecito di pericolo quello addebitato al notaio relativamente all’ipotesi ex art. 147, lett. a) Legge Notarile; erroneamente aveva poi ritenuto provata la effettiva lesione del decoro quando i documenti indicati non si riferivano alla persona del notaio ricorrente ma ad altri notai. In subordine – osserva – comunque l’agevolazione probatoria dell’accusa si verifica soltanto nel caso di violazione di una norma deontologica e non pure quando, come nelle specie, sia contestata la violazione dell’art. 147, lett. a).

2.2. Il motivo è infondato.

In tema di illeciti disciplinari previsti a carico di chi esercita la professione notarile, della L. 16 febbraio 1913, n. 89, art. 147, lett. a), come modificato dal D.Lgs. n. 249 del 2006, prevede una fattispecie disciplinare a condotta libera, all’interno della quale è punibile ogni comportamento, posto in essere sia nella vita pubblica che nella vita privata, idoneo a compromettere l’interesse tutelato; il che si verifica ogni volta che si ponga in essere una violazione dei principi di deontologia enucleabili dal comune sentire in un determinato momento storico, dovendosi escludere che il verificarsi di un’eco negativa nella comunità integri un elemento costitutivo di tale illecito e che, tanto meno, occorra la prova della sua esistenza. Ed al fine di configurare l’illecito è sufficiente il riferimento ad atti che si pongano in contrasto con i principi che devono informare l’etica professionale, la cui violazione comporta di per sè il discredito della classe notarile e della persona del notaio, venendo meno a quella che dovrebbe essere la funzione stessa del notaio.

Le ulteriori considerazioni, pure compiute dalla Corte di appello circa la prova della effettiva compromissione del decoro e del prestigio sono evidentemente prive di valore decisorio, in quanto rese ad abundantiam.

3.1. Il terzo motivo denuncia: poichè l’art. 147, lett. b) rinvia all’art. 14 del codice deontologico e tale norma prevede ipotesi tipizzate di illecita concorrenza, la condotta del notaio andava valutata sotto il profilo della illecita concorrenza di cui all’art. 147, lett. c) e non avrebbe potuto essere sanzionata contemporaneamente ai sensi dell’art. 147, lett. a) e b); l’art. 14 deve essere interpretato alla luce dell’art. 147, lett. c), con la conseguenza che andava escluso anche l’illecito concorrenziale.

3.2.11 motivo è fondato nei limiti di cui si dirà.

L’art. 147, come sostituito dal D.Lgs. 1 agosto 2006, n. 249, art. 30, recita:

e punito con la censura o con la sospensione fino ad un anno o, nei casi più gravi, con la destituzione, il notaio che pone in essere una delle seguenti condotte: compromette, in qualunque modo, con la propria condotta, nella vita pubblica o privata, la sua dignità reputazione o il decoro e prestigio della classe notarile; b) viola in modo non occasionale le norme deontologiche elaborate dal Consiglio nazionale del notariato; c) fa illecita concorrenza ad altro notaio, con riduzioni di onorari, diritti o compensi, ovvero servendosi dell’opera procacciatori di clienti, richiami o di pubblicità non consentiti dalle norme deontologiche, o di qualunque altro mezzo non confacente decoro ed al prestigio della classe notarile.

La destituzione è sempre applicata se il notaio, dopo essere stato condannato per due volte alla sospensione per la violazione del presente articolo, vi contravviene nuovamente nei dieci anni successivi all’ultima violazione.

Il decreto ha, dunque, ha previsto tre ipotesi di illecito disciplinare dei notai.

L’art. 147, lett. a), configura come elementi costitutivi dello illecito disciplinare condotte che, seppur non tipizzate, siano comunque idonee – anche quando abbiano carattere occasionale – a ledere la dignità e la reputazione del notaio, nonchè il decoro ed il prestigio della classe notarile, la cui individuazione in concreto è rimessa agli organi di disciplina.

L’art. 147, lett. b), sanziona la reiterata e non occasionale violazione delle norme deontologiche; con deliberazione del 5 aprile 2008 il Consiglio Nazionale del Notariato ha, quindi, approvato i Principi di deontologia professionale dei notai che, all’art. 14 tipizzano specificandole, peraltro a titolo esemplificativo, alcune ipotesi di concorrenza sleale, fra le quali per l’appunto è menzionata la irregolare fatturazione.

L’art. 147, lett. c) prevede come illecita la concorrenza effettuata con riduzioni di onorari, diritti o compensi, o servendosi dell’opera di procacciatori di clienti, di richiami o pubblicità non consentiti dalle norme deontologiche, o di qualunque altro mezzo non confacente al decoro e al prestigio della classe notarile; quindi, la norma, rispettosa del principio di legalità, non vieta la concorrenza tra i notai (la cui liceità, anzi, implicitamente riconosce), ma ne vieta le forme illecite, Identificando l’interesse meritevole di tutela nella salvaguardia della dignità e reputazione del notaio nonchè del decoro e prestigio della classe notarile.

Orbene, qualora al notaio sia contestata, ai sensi dell’art. 147, lett. c) Legge Notarile, la illecita concorrenza – compiuta attraverso la reiterata emissione di fatture irregolari a fronte di anticipazioni di spese inesistenti – la condotta contestata rientra in una delle specifiche previsioni descritte dal citato art. 14 del codice deontologico, per cui l’ipotesi di cui all’art. 147, lett. c), comprende ed assorbe la condotta sanzionata dall’art. 147 b), in relazione all’art. 14 codice deontologico, che è integrata, come detto, dalla non occasionale ma ripetuta violazione delle norme deontologiche elaborate dal Consiglio nazionale del notariato; pertanto, si versa in una ipotesi di concorso apparente di norme, avendo le disposizioni, di legge e deontologica, ad oggetto il medesimo fatto.

4. Il quarto motivo deduce che l’illecito fiscale non può di per sè integrare illecita concorrenza, essendo a tal fine necessario che lo stesso consenta la realizzazione di una delle fattispecie previste dall’art. 147, lett. c), in relazione al cit. art. 14 codice deontologico: in tale ipotesi non rientra l’organizzazione di un servizio migliore. In ogni caso, tale circostanza non era stata dimostrata, posto che i Giudici erano incorsi nel divieto della doppia presunzione ovvero avevano desunto una presunzione da una precedente presunzione: dal risparmio fiscale avevano dedotto la migliore organizzazione dello studio e da questa un vantaggio concorrenziale o un accaparramento di clientela.

5. Il quinto motivo denuncia la violazione del principio di contestazione relativamente all’addebito concernente la stipulazione degli atti nei mesi di settembre e dicembre 2009.

6. Il sesto motivo censura l’ordinanza laddove aveva ritenuto il notaio responsabile non della omessa lettura ma della non adeguata e parziale frettolosa lettura: i Giudici avrebbero erroneamente dato rilevanza sotto il profilo disciplinare a inesistenti criteri quantitativi, come pure era stato chiarito di recente dalla S.C.; d’altra parte, nessuna norma prevede parametri circa i tempi e le modalità di lettura degli atti.

7. Il settimo motivo censura l’ordinanza laddove – per affermare la inadeguata lettura – aveva fatto riferimento ai dati relativi al numero e alla durata degli atti, che non possono assurgere a elementi presuntivi; d’ altra parte, illegittimamente non era stata ammessa la prova con cui il notaio aveva chiesto di dimostrare i tempi e le modalità di svolgimento della la prestazione notarile.

8. L’ottavo motivo denuncia che, ai fini della responsabilità del notaio, occorre la effettiva e comprovata lesione del prestigio professionale. Tale aspetto non era stato in alcun modo esaminato; ove si volesse ritenere che l’ordinanza avesse inteso basare la lesione sulla mancata lettura degli atti, la pronuncia sarebbe fondata su una presunzione di secondo grado.

9. Vanno esaminati congiuntamente per la stretta connessione il sesto, il settimo e l’ottavo motivo.

Le censure sono infondate.

L’ordinanza non si è limitata a considerare genericamente il numero di atti compiuto in un certo arco temporale ma, contrariamente alla fattispecie esaminata dalla decisione della S.C. citata dal ricorrente, ha proceduto ad un esame analitico dei singoli atti, verificando – in relazione al loro contenuto, al numero delle pagine di cui si componevano, al tempo occorso per ciascuno e in alcuni casi ai luoghi (diversi) di stipulazione – che il notaio non era stato in grado di dare una chiara lettura nè di svolgere le connesse attività della stipula degli atti secondo i precetti delle legge notarile e dei Principi di deontologia professionale. In proposito, la Corte, con indagine di fatto insindacabile in sede di legittimità, ha verificato la sussistenza dell’illecito addebitato, chiarendo per l’appunto che al notaio era stata contestata la mancata lettura che il notaio deve svolgere ai sensi degli artt. 37 e 42 Principi di deontologia professionale.

Qui è appena il caso di ribadire che le modalità con cui il notaio sistematicamente esegue in modo frettoloso la prestazione venendo meno ai suoi doveri istituzionali di pubblico ufficiale è idonea a ledere il prestigio e il decoro del notaio e della classe notarile, dovendo riportarsi a quanto si è detto prima sulla natura dell’illecito di disciplinare.

10. Anche il quinto motivo è infondato.

Con accertamento di fatto, insindacabile in sede di legittimità, la ordinanza ha verificato la specifica contestazione degli addebiti, dovendo considerarsi la natura amministrativa del procedimento disciplinare.

11.1. Il nono motivo denuncia l’omesso esame di numerosissimi atti, evidenziando come dal suo contenuto si sarebbe potuto e dovuto evincere la conformità allo standard di durata ritenuto necessario dalla Corte.

11.2. Il motivo va disatteso, posto che la doglianza si risolve nella inammissibile richiesta di riesame del merito.

12.1. Il decimo motivo censura la motivazione con la quale l’ordinanza aveva ritenuto di disattendere la richiesta di concessione delle attenuanti generiche, erroneamente motivando il diniego con riferimento alle circostanze che integrano gli elementi costitutivi dell’illecito.

12.2. Il motivo è assorbito per effetto dell’accoglimento del terzo motivo.

La sentenza va cassata in relazione all’accoglimento del terzo motivo con rinvio, anche per le spese della presente fase, ad altra sezione della Corte di appello di Torino.

PQM

Accoglie il terzo motivo nei limiti di cui in motivazione assorbito il decimo rigetta gli altri cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese della presente fase, ad altra sezione della Corte di appello di Torino.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 19 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 31 gennaio 2017

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