Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25266 del 25/10/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 25/10/2017, (ud. 06/06/2017, dep.25/10/2017),  n. 25266

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. DI NICOLA Vito – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 20473/2010 R.G. proposto da

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma, via de Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

DE SANCTIS 106 s.r.l., in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa, per procura speciale in calce al

controricorso, dagli avv.ti Claudio Zerbini e Giancarlo Penzavalli,

ed elettivamente domiciliata presso lo studio legale del secondo

difensore, in Roma, via Bettolo, n. 22;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia, n. 53/50/2009, depositata in data 11 giugno 2009;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 6 giugno 2017

dal Cons. Lucio Luciotti.

Fatto

PREMESSO IN FATTO

– che con sentenza n. 53 dell’11 giugno 2009 la Commissione tributaria regionale della Lombardia rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso proposto dalla De Sanctis 106 s.r.l. avverso la cartella di pagamento emessa a seguito di controllo formale della dichiarazione relativa all’anno di imposta 2002, effettuato ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, e recante l’iscrizione a ruolo della somma di Euro 1.271,08 dovuta per IVA ed IRPEG, conseguente al disconoscimento del credito di imposta indicato nella dichiarazione relativa al precedente anno di imposta (2001) che l’amministrazione finanziaria sosteneva non essere stata presentata;

– che i giudici di appello ritenevano che nel caso di specie, in cui la società contribuente aveva provveduto alla prestazione telematica della dichiarazione dei redditi e provato la sua regolare trasmissione ad opera di un intermediario autorizzato, era onere dell’amministrazione finanziaria “avvisare ciascun intermediario via e-mail (e quindi, recapitargli il messaggio presso la sua casella di posta elettronica), che sulla sua casella Entratel (diversa quindi da quella alla quale era da indirizzarsi l’avviso) era consultabile l’elenco delle dichiarazioni trasmesse telematicamente e che, dall’eseguito controllo, avevano evidenziato anomalie ed errori che non ne consentivano l’acquisizione. Onere cui l’appellante non ha dato prova di aver adempiuto”, aggiungendo, altresì, che, non essendosi in presenza di dichiarazione omessa, non vi era “alcun danno erariale, bensì (in presenza) di una situazione di mancanza di chiarezza fra l’Amministrazione ed il contribuente, in violazione della L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5, che prevede che prima dell’iscrizione a ruolo l’Ufficio debba invitare il contribuente a fornire i necessari chiarimenti”;

– che aveva tale statuizione l’Agenzia ricorrente propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi, cui replica l’intimata società con controricorso e memoria illustrativa.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

– che con il primo motivo l’Agenzia ricorrente lamenta l’insufficiente motivazione della sentenza impugnata per avere i giudici di appello risolto la controversia affermando che la società contribuente aveva prodotto copia della conferma della ricezione della dichiarazione trasmessa in via telematica;

– che il motivo è inammissibile per diverse convergenti ragioni, la prima da ravvisarsi nella non decisività del fatto dedotto, peraltro non costituendo ratio decidendi della statuizione impugnata, fondata sul mancato assolvimento da parte della ricorrente amministrazione finanziaria dell’onere di provare l’avvenuta comunicazione all’intermediario della società contribuente dell’errore bloccante, e la seconda da ravvisarsi nel fatto che il dedotto vizio di insufficiente motivazione non è prospettato con la illustrazione della chiara indicazione elle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione (cfr. ex multis, Cass. n. 24255 del 2011) non potendosi ritenere adeguato il quesito di fatto o “momento di sintesi” formulato, a conclusione del motivo (ex art. 366 bis c.p.c., vigente ratione temporis), nel seguente termine: “Il giudice di appello, in sintesi, pur a fronte di specifica contestazione, ha omesso ogni verifica in punto di fatto”;

– che con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5, sostenendo che ha errato la CTR nel ritenere nella specie la notifica della cartella di pagamento non era stata preceduta dall’invito alla società contribuente a fornire i necessari chiarimenti, non sussistendo nella specie incertezza su aspetti rilevanti dalla decisione;

– che con il terzo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 1 e ss., così come modificato dal D.P.R. n. 435 del 2001, e art. 2697 c.c., sostanzialmente sostenendo che era onere del contribuente e del suo intermediario “richiedere la prova dell’avvenuto invio (della dichiarazione) di guisa, così, da poter e dover conoscere il motivo dello scarto della dichiarazione e, quindi, il mancato buon fine dell’attività di trasmissione”;

– che, ragioni di ordine logico – giuridico, impongono il preliminare esame di tale ultimo mezzo di impugnazione;

– che il motivo è inammissibile in quanto non coglie la ratio decidendi della statuizione impugnata fondata sul mancato adempimento da parte dell’amministrazione finanziaria dell’onere di provare di avere tempestivamente comunicato all’intermediario, autorizzato e delegato alla trasmissione telematica della dichiarazione fiscale della società contribuente, lo scarto della predetta dichiarazione per la presenza di un errore bloccante;

– che, al riguardo, questa Corte ha affermato che “in tema di accertamento delle imposte sui redditi, la dichiarazione inviata in via telematica, ai sensi del D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, art. 3, comma 2, (nel testo applicabile “ragione temporis”), si considera presentata nel giorno in cui è trasmessa, e si ritiene ricevuta, ai sensi del comma 10 del medesimo articolo, dal momento della comunicazione di ricevimento da parte dell’Amministrazione finanziaria, atto che assolve alla finalità di fornire prova dell’avvenuta, tempestiva, consegna da parte del contribuente e del regolare adempimento degli obblighi di presentazione”, precisando che “tale disciplina si applica anche nel caso in cui si siano verificati i cosiddetti errori bloccanti della trasmissione telematica, che – con i tempi e le modalità di cui alla circolare n. 35 del 23 aprile 2002 del Ministero delle finanze – sono segnalati nel sistema telematico consultabile dal contribuente, il quale, messo in condizione di avvedersi in tempo utile dell’avvenuto scarto della propria dichiarazione, può porvi tempestivo rimedio” (cfr. Cass. n. 675 del 2015; conf. Cass. n. 11156 del 22014, n. 7558 e n. 16003 del 2015);

– che, sulla base della ricognizione delle disposizioni, anche regolamentari (ci si riferisce alle circolari n. 195 del 24.9.1999 e n. 35 del 23.4.2002), disciplinanti la materia, questa Corte ha costruito l’intero sistema osservando che: “a) la comunicazione attestante l’avvenuto ricevimento della dichiarazione presentata in via telematica prevista dal D.P.R. n. 322 del 1998, art. 3, comma 10, è il documento in formato elettronico trasmesso dall’Agenzia delle Entrate al contribuente o all’intermediario all’uopo incaricato che prova che la dichiarazione è stata presentata e che essa è stata ricevuta dall’amministrazione; b) la comunicazione è generata dal servizio telematico Entratel nel quale la dichiarazione è immessa dal contribuente o dall’intermediario incaricato a condizione che la sua presentazione non sia inibita dalla presenza di anomalie che determinano il blocco alla trasmissione c.d. errori bloccanti che il servizio evidenzia a messo di tre o quattro asterischi; c) la comunicazione è emessa a seguito dell’avvenuta presentazione della dichiarazione e contiene l’esito del primo controllo formale operato su di essa, in caso negativo operando lo scarto della dichiarazione, ed è inoltrata al contribuente o all’intermediario incaricato dopo breve tempo (alludendo, evidentemente, ad una consegna cartacea si trova anche indicato al punto 4.3 della Circolare 35/2002 al più tardi entro il giorno successivo a quello di consegna); d) qualora di seguito alla trasmissione della comunicazione emergano, nella fase di liquidazione della dichiarazione errori o anomalie, l’intermediario abilitato sarà raggiunto da un preavviso telematico di irregolarità, del cui contenuto potrà prendere visione onde adottare le iniziative del caso”;

– che, pertanto, nell’ipotesi come quella in esame in cui la società contribuente ha dedotto di aver ricevuto una comunicazione di conferma della ricezione del file telematico di trasmissione della dichiarazione senza l’indicazione di errori bloccanti, spettava all’amministrazione finanziaria fornire la prova che, invece, il servizio telematico aveva in realtà generato una comunicazione di errore bloccante, tale da rendere necessaria una seconda tempestiva trasmissione della dichiarazione ovviamente emendata dal segnalato errore;

– che il motivo in esame è anche inammissibile perchè presuppone che sia stata regolarmente inviata all’intermediario la comunicazione di errore che, a seguito del primo controllo formale, impediva l’accettazione della dichiarazione, ma che la società ha negato di aver mai ricevuto e l’amministrazione finanziaria non ha provato di averla effettuata;

– che il secondo motivo resta, quindi assorbito;

– che, conclusivamente, il primo e terzo motivo di ricorso vanno dichiarati inammissibili, assorbito il secondo, e la ricorrente condannata al pagamento delle spese processuali liquidate come in dispositivo;

PQM

dichiara inammissibili il primo e terzo motivo di ricorso, assorbito il secondo, e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.400,00 per compensi, oltre al rimborso forfetario nella misura del 15 per cento e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 6 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 25 ottobre 2017

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