Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25264 del 09/12/2016


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Cassazione civile sez. lav., 09/12/2016, (ud. 04/10/2016, dep. 09/12/2016), n.25264

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25169-2011 proposto da:

P.E., c.f. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

ASMARA N.26, presso lo studio dell’avvocato LUIGI CESARO,

rappresentato e difeso dagli avvocati ADRIANO VITUCCI, ANTONIO

PARISI, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI AFRAGOLA, C.F. (OMISSIS);

– intimato –

Nonchè da:

COMUNE DI AFRAGOLA C.F. (OMISSIS), in persona del Sindaco pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, LARGO ARENULA 34, presso

lo studio dell’avvocato GENNARO TERRACCIANO, rappresentato e difeso

dall’avvocato ANTONIO MESSINA, giusta delega in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

P.E. C.F. (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 4347/2011 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 14/07/2011 R.G.N. 2088/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/10/2016 dal Consigliere Dott. ELENA BOGHETICH;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MASTROBERARDINO Paola, che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale, inammissibilità del ricorso incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza depositata il 14.7.2011 la Corte d’appello di Napoli, in riforma della decisione del Tribunale della stessa sede, respingeva la domanda di P.E., dipendente del Comune di Afragola, volta all’accertamento del diritto all’attribuzione della categoria D, posizione economica D1 (profilo professionale di Istruttore amministrativo direttivo) per scorrimento nella graduatoria approvata con Det. dirigenziale n. 454/A del 28.10.2004 all’esito del concorso interno. La Corte territoriale ha valutato la Delib. 30 dicembre 2004, n. 188 (con cui il Comune aveva effettuato un piano di ricognizione del fabbisogno di personale per l’anno 2004) ritenendo di rinvenire – in condivisione con la valutazione effettuata dal giudice di prime cure – una espressa determinazione all’assunzione di 10 unità nell’anno 2004 (e non un atto a carattere meramente programmatico) ma ha ritenuto che operavano i limiti al potere di assunzione della pubblica amministrazione fissati dalla L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, commi 95 e 98, dovendosi ritenere inclusi nel divieto di “assunzione” oltre che i reclutamenti dall’esterno anche le progressioni verticali da un’area all’altra.

Per la cassazione della sentenza ricorre il lavoratore affidandosi a due motivi. Il Comune resiste con controricorso e propone altresì ricorso incidentale fondato su un motivo; deposita memoria ex art. 378 c.p.c.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente denunzia violazione dell’art. 345 c.p.c. e nullità della sentenza (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4) avendo, la Corte territoriale, accolto il (terzo) motivo di impugnazione sollevato dal Comune nel proprio atto di appello nonostante si trattasse di questione nuova che configurava una mutatio libelli concernente l’inclusione – della progressione verticale a cui aveva partecipato il ricorrente stesso – nel divieto di assunzioni previsto dalla legge finanziaria per il 2005, art. 1, comma 98 (L. n. 311 del 2004).

2. Con il secondo motivo il ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione della L. n. 311 del 2004, art. 1, commi 33 e 98, e dell’art. 4 del c.c.n.l. comparto Regioni e Autonomie locali 31.3.1999 (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) avendo, la Corte territoriale, erroneamente ritenuto che il passaggio (a seguito di concorso interno) dalla categoria C a quella immediatamente superiore D integrasse una nuova assunzione (riconducibile, pertanto, al blocco di cui alla L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 98), rinvenendosi indici contrari nel c.c.n.l. di comparto quali la previsione dell’esonero dal periodo di prova, l’assenza della stipulazione di un nuovo contratto individuale, la possibilità – per l’ente – di erogare la retribuzione individuale di anzianità (RIA). Il ricorrente ribadisce (rilevando di aver già dimostrato la circostanza nel corso del processo di primo grado) che il passaggio dalla categoria C a quella superiore D non comporta alcun aggravio di spesa, essendo la retribuzione pressochè identica.

3. Con l’unico motivo di ricorso incidentale, il Comune denunzia violazione del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 91, comma 1, (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) avendo, la Corte territoriale, erroneamente interpretato la Delib. 30 dicembre 2004, n. 188 contenente il piano operativo del fabbisogno di personale per l’anno 2004 che, in realtà, rinviava a successivi atti dirigenziali per l’attuazione della previsione che, pertanto, avrebbe potuto realizzarsi sia tramite concorso interno sia tramite scorrimento della graduatoria valida.

4. Il primo motivo non merita accoglimento.

Come la più recente giurisprudenza di questa Corte ha chiarito, la questione relativa alla novità o meno di una domanda o di una eccezione giudiziale è correlata all’individuazione del bene della vita in relazione al quale la tutela è richiesta.

Ciò risponde a una linea di tendenza nettamente tracciata dalle Sezioni Unite sia in tema di impugnative negoziali (sentenza n. 26242/2014), sia in tema di ius variandi ex art. 1453 c.c., comma 2, (sentenza n. 8510/2014). E’ appena il caso di precisare che una eguale visione prospettica è stata da ultimo ribadita in relazione al tema della modificazione della domanda ex art. 183 c.p.c., la quale si è detto poter riguardare anche uno o entrambi gli elementi oggettivi della stessa (petitum e causa petendi), sempre che la domanda così modificata risulti comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e senza che, perciò solo, si determini la compromissione delle potenzialità difensive della controparte, ovvero l’allungamento dei tempi processuali (Sez. Un. n. 12310/2015, quanto al rapporto tra la domanda di esecuzione in forma specifica e la domanda di accertamento del trasferimento definitivo della proprietà).

A conferma di tale linea interpretativa, è stato affermato (Cass. n. 933/2016) che non può discorrersi di mutamento della domanda ove si sia in presenza di un mero ipotetico (in base alla postulazione) concorso di norme a presidio dell’unico diritto azionato. Invero il mutamento della domanda suppone il mutamento del corrispondente diritto, non della sua mera qualificazione in iure. Se l’attore abbia a invocare, a fondamento della propria domanda, un presidio normativo pur ulteriore rispetto a quello originariamente richiamato, fermi i fatti che ne costituiscono il fondamento, la ipotetica variazione non determina mutatio libelli, in quanto il diritto soggettivo, per cui la tutela è richiesta, rimane lo stesso.

E’ stato, altresì, affermato che è consentito solo al giudice di primo grado il potere incondizionato di qualificazione della domanda, mentre al giudice di appello – in ragione dell’effetto devolutivo di tale impugnazione e della presunzione di acquiescenza di cui all’art. 329 c.p.c. – non è più permesso di mutare “ex officio” la qualificazione ritenuta dal primo giudice, a meno che questa non abbia formato oggetto di impugnazione esplicita o, quanto meno, implicita, nel senso che una diversa qualificazione giuridica costituisca la necessaria premessa logico-giuridica di un motivo di impugnazione espressamente formulato (Cass. nn. n. 20730/2008, 24339/2010).

Nella fattispecie in esame, la Corte d’appello ha osservato che il giudice di primo grado aveva provveduto a qualificare la domanda di promozione ed a verificare la natura, vincolante o meramente programmatica, della delibera di approvazione del piano operativo per il fabbisogno del personale adottata dal Comune il 23.12.2004 (Delib. n. 188), pervenendo alla soluzione interpretativa di escludere la progressione concernente il ricorrente dall’ambito di applicazione del blocco delle assunzioni previsto dalla L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 98. Il giudice del gravame ha, inoltre, illustrato i motivi di appello del Comune, tra i quali era compreso quello relativo alla censura dell’interpretazione assunta dal giudice di prime cure in ordine alla L. n. 311, art. 1, comma 98.

La domanda afferiva pur sempre al diritto di progressione verticale dalla categoria C alla categoria D in relazione al fabbisogno di personale del Comune e alla disciplina, normativa e contrattuale, che regola tali passaggi anche con riguardo al rispetto degli impegni di spesa. E ciò è d’altronde riconosciuto, con certo qual grado di contraddizione, anche dal ricorrente, ove deduce di aver dimostrato “nel corso del processo di primo grado” l’assenza di aggravio dovuto a maggiorazioni retributive (pag. 24 del ricorso). Nel rispetto dei principi posti a presidio del sistema delle impugnazioni, il Comune risulta, inoltre, aver proposto specifico motivo di appello avverso la qualificazione operata dal giudice di primo grado.

5. Il secondo motivo è infondato.

In base a consolidato indirizzo della Corte Costituzionale, art. 97 Cost., comma 4, prescrive che anche il passaggio ad una fascia funzionale superiore comporta “l’accesso ad un nuovo posto di lavoro corrispondente a funzioni più elevate ed è soggetto, pertanto, quale figura di reclutamento, alla regola del pubblico concorso” (Corte cost. sentenze n. 37 del 2015; n. 194 del 2002; ex plurimis, inoltre, sentenze n. 217 del 2012, n. 7 e 108 del 2011, n. 150 del 2010, n. 293 del 2009; n. 159 del 2005, n. 34 del 2004, n. 218 e n. 194 del 2002, n. 1 del 1999).

Sulla scorta dei principi enucleati dalla giurisprudenza costituzionale sull’art. 97 Cost., le Sezioni Unite di questa Corte – in sede di interpretazione dei limiti e della portata della riserva alla giurisdizione amministrativa di legittimità prevista dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, comma 4, – hanno affermato un consolidato principio in base al quale il termine “assunzione” deve essere estensivamente inteso, rimanendovi comprese anche le procedure di cui sono destinatari soggetti già dipendenti di pubbliche amministrazioni quando sono dirette a realizzare un effetto di novazione del precedente rapporto di lavoro con l’attribuzione di un inquadramento superiore e qualitativamente diverso dal precedente (cfr., in particolare, Cass. S.u., nn. 8522/2012, 9164 del 2006).

5. Il ricorso incidentale deve ritenersi assorbito in quanto condizionato all’accoglimento dei motivi del ricorso principale, non residuando alcun interesse del Comune ricorrente in via incidentale a coltivare l’impugnazione a fronte del rigetto della domanda dell’Esposito allo scorrimento nella graduatoria per l’acquisizione della superiore categoria D.

6. In conclusione, il ricorso va rigettato. Le spese di lite seguono il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 c.p.c.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale; condanna il ricorrente principale a pagare le spese del presente giudizio, liquidate in Euro 100,00 per esborsi ed Euro 3.500,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 4 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 dicembre 2016

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