Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25263 del 25/10/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 25/10/2017, (ud. 27/01/2017, dep.25/10/2017),  n. 25263

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13136-2011 proposto da:

MIRAND SRL in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA COSTANTINO MORIN 45, presso lo

studio dell’avvocato BARBARA CONTE, rappresentato e difesa

dall’avvocato SERGIO DELLA ROCCA giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI

PESCARA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 84/2010 della COMM.TRIB.REG. ABRUZZO

depositata il 25/03/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/01/2017 dal Consigliere Dott. MARIA ENZA LA TORRE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO RITA che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO

che:

Mirand s.r.l., esercente attività di rivendita generi di monopolio, bar e ristorazione, ricorre con tre motivi per la cassazione della sentenza della C.T.R. dell’Abruzzo, n. 84/10/10 dep. il 25.3.2010, che su impugnazione di avviso di accertamento emesso a seguito di verifica fiscale (D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39 ai fini IVA, Irpeg e Irap per l’anno 2003), ha respinto l’appello principale della contribuente e accolto l’appello incidentale dell’Agenzia delle entrate.

La C.T.R., per quanto ancora rileva, ha confermato la legittimità dell’accertamento induttivo, giustificato dalla presenza di scritture contabili inattendibili sotto il profilo della antieconomicità e ragionevolezza, cui “la contribuente non ha opposto se non generiche considerazioni relative alle percentuali di ricarico e ai costi”, inidonee a superare le presunzioni dell’Ufficio e le risultanze della consulenza tecnica d’ufficio esperita in primo grado. In accoglimento dell’appello incidentale dell’Ufficio, rilevato un errore di calcolo in cui era incorso il CTU, ha rideterminato il reddito imponibile su cui calcolare l’imposta sui redditi rideterminando il valore della produzione ai fini Irap.

L’Agenzia delle entrate, regolarmente intimata, non si è costituita.

Mirand s.r.l. ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Col primo motivo del ricorso si deduce violazione dell’art. 112 c.p.c. e violazione di legge (artt. 53 e 97 Cost.), per omessa pronuncia sulla censura di illogicità della sentenza di primo grado, con la quale la C.T.P. aveva statuito l’illegittimità dell’atto impositivo per plurime violazioni di legge per poi definire il giudizio con la rideterminazione del reddito imponibile.

2. Il motivo, oltre che generico, è infondato e va rigettato.

La C.T.R. infatti, contrariamente a quanto dedotto, ha implicitamente respinto la censura, affermando – correttamente in base alla giurisprudenza di questa Corte: Cass. n. 19486 del 2016; n. 26036 del 2015; n. 23550 del 2014; n. 20060 del 2014 – che la regolarità formale delle scritture contabili non impedisce un accertamento induttivo quando il comportamento economico del contribuente confligge, come accertato, con i criteri di ragionevolezza; e ha poi, su domanda dell’Ufficio, corretto un errore di calcolo contenuto nella consulenza tecnica d’ufficio inerente ai ricavi contabili dell’impresa, aumentando conseguentemente l’imponibile su cui calcolare l’imposta sul reddito e il valore della produzione ai fini dell’Irap.

Non sussiste pertanto alcuna illogicità nell’avere confermato l’operato dell’Ufficio e corretto un errore materiale (peraltro a vantaggio del contribuente).

3. Col secondo motivo del ricorso si lamenta violazione di legge (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2 e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 55); violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4).

Il motivo è infondato.

Con esso la contribuente contesta, peraltro in modo inidoneo richiamando passi della sentenza di primo grado, un principio, pacifico in giurisprudenza, circa la ricorrenza delle condizioni per l’accertamento induttivo, su cui la C.T.R. ha ampiamente motivato.

E’ infatti assolutamente consolidato il principio in virtù del quale, in tema di rettifica delle dichiarazioni dei redditi d’impresa, qualora l’Amministrazione constati un’inattendibilità globale delle scritture, è autorizzata, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 55 a prescindere da esse, ed a procedere in via induttiva, avvalendosi anche di semplici indizi sforniti dei requisiti necessari per costituire prova presuntiva (Cass. n. 13735 del 2016; n. 18902 del 2011; n. 14068 del 2014, in tema di IVA). Pertanto, una volta accertata l’antieconomicità di un comportamento posto in essere dal contribuente, perchè assolutamente contrario ai canoni dell’economia aziendale, incombe su quest’ultimo l’onere di fornire, al riguardo, le necessarie spiegazioni, dovendosi in difetto, confermare la piena legittimità del ricorso all’accertamento induttivo da parte dell’amministrazione (Cass. n. 1839 del 2014; n. 6918/13). Ne deriva la correttezza della sentenza impugnata, avendo il giudice di merito affermato che la “veridicità delle scritture contabili crolla innanzi al risultato economico rappresentato”, che a fronte di acquisti di materia prima rilevanti “denuncia un reddito totalmente inattendibile”; a parte comunque le numerose e gravi irregolarità riscontrate dai verificatori “che hanno confermato sostanzialmente la inattendibilità del risultato contabile formalmente corretto”. Ciò in assenza di prova contraria da parte della contribuente che ha opposto solo “generiche considerazioni”.

4. Col terzo motivo del ricorso si deduce violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, per non avere la C.T.R. esaminato i motivi di appello: a) sulla inidoneità delle presunzioni dell’Ufficio; b) sulla genericità delle percentuali di ricarico, prive peraltro di riscontri; c) sugli altri costi, di cui non si è tenuto conto.

5. Il motivo è inammissibile. Non sussiste infatti il denunciato vizio di omessa pronuncia, contenendo la sentenza impugnata un espresso riferimento alle percentuali di ricarico e ai costi nonchè all’iter seguito dall’Ufficio nell’accertamento induttivo: il contribuente avrebbe potuto al più censurare la sentenza per difetto di motivazione.

La censura è comunque infondata, poichè la C.T.R., unitariamente valutando le complessive prospettazioni delle parti, ha fornito adeguata e corretta giustificazione della decisione, indicando congrue ragioni del processo logico attraverso il quale è pervenuta alla decisione, tenendo presenti tutti i dati di fatto risultanti dalla espletata istruttoria probatoria.

6. In conclusione il ricorso va respinto.

7. Nulla sulle spese, in mancanza di costituzione in giudizio dell’Agenzia delle entrate.

PQM

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 27 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 25 ottobre 2017

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