Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25256 del 09/10/2019

Cassazione civile sez. trib., 09/10/2019, (ud. 04/07/2019, dep. 09/10/2019), n.25256

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – rel. Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 12642-2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

F. IMMOBILIEN OHG DES FR.JO. & CO., SUN HOME GMBH BAU

& IMMOBILIEN, elettivamente domiciliati in ROMA VIA VALLISNERI

11, presso lo studio dell’avvocato PAOLO PACIFICI, che li

rappresenta e difende unitamente agli avvocati HANS-MAGNUS EGGER,

CLEMENTI HELMUT, giusta procura a margine;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 44/2013 della COMM. TRIBUTARIA II GRADO di

BOLZANO, depositata il 12/06/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/07/2019 dal Consigliere Dott. CROLLA COSMO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE GIOVANNI che ha concluso per l’accoglimento de ricorso;

udito per i ricorrente l’Avvocato GAROFOLI che ha chiesto

raccoglimento del ricorso;

udito per il controricorrente l’Avvocato PACIFICI per delega

dell’Avvocato HELMUT che ha chiesto il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1.Le società Sun Home GMBH Bau & Immobilien e la F. Immobilien OHG impugnavano con distinti ricorsi proposti davanti alla Commissione Provinciale di Bolzano l’avviso di rettifica e liquidazione di maggiore imposta del registro, ipotecaria e catastale, per un importo di Euro 43.375,41, notificato il 19/06/2010 dall’Agenzia delle Entrate a seguito della mancata realizzazione del piano di recupero di cui alla L. 168 del 1982, art. 5, entro il termine triennale di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 76, su parte del complesso immobiliare posto in Vipiteno ed oggetto del contratto di compravendita del 29/7/2007 stipulato dalle società ricorrenti con la società Angri spa.

2. La CTP, riuniti i ricorsi, li accoglieva.

3. La sentenza veniva impugnata dall’Amministrazione e l’adita Commissione Tributaria Regionale del Trentino Alto Adige respingeva l’appello ritendo non applicabile il termine triennale di decadenza, invocato dall’Agenzia delle Entrate in quanto non previsto da alcuna norma di legge.

4. Avverso la sentenza della CTR L’Amministrazione ha proposto ricorso per Cassazione sulla base di due motivi. Le società intimate si sono costituite depositando controricorso e memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Con il primo motivo di impugnazione viene denunciata violazione della L. n. 168 del 1982, art. 5, in combinato disposto con il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 76; in particolare la parte ricorrente si duole che il giudice del merito abbia erroneamente ritenuto non configurabile alla specie di causa il termine di decadenza fissato dal menzionato D.P.R. n. 131 del 1986, art. 76.

1.2 Con il secondo motivo viene dedotta nullità della sentenza per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 61 e art. 36, comma 2, n. 4, art. 132 c.p.c. e art. 111 Cost in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 per avere la CTR reso una motivazione del tutto apparente ed in ogni caso per non aver esposto l’iter logico e giuridico della decisione di rigetto dell’appello.

2. Il primo motivo del ricorso è fondato sulla base dell’ormai consolidato orientamento di questa Corte secondo cui: “In tema di agevolazioni tributarie, i benefici fiscali previsti dalla L. 22 aprile 1982, n. 168, art. 5 consistenti nella misura fissa delle imposte di registro, ipotecarie e catastali in favore dell’acquirente dell’immobile inserito in un piano di recupero di iniziativa pubblica o privata convenzionato ed effettivamente attivato dal medesimo soggetto, possono essere conservati a condizione che il contribuente realizzi la finalità dichiarata nell’atto di acquisto entro il termine triennale di decadenza, stabilito (D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, ex art. 74 poi D.P.R. 22 aprile 1986, n. 131, art. 76) per l’esercizio del potere di accertamento dell’Ufficio. Di conseguenza, deve ritenersi che il detto termine decadenziale dall’azione dell’Ufficio inizi a decorrere dal momento in cui l’intento del contribuente sia rimasto definitivamente ineseguito e quindi – giacchè il termine a disposizione del contribuente non potrà essere più ampio di quello in sè previsto per i controlli – al massimo dalla scadenza del triennio dalla registrazione dell’atto” (Cass. n. 13703 /2013, 3152/2015 e 18676/2016).

2.1 Nella fattispecie sono circostanze pacifiche in giudizio che il contratto di compravendita sia stato registrato il 5/7/2007 e che allo scadere del triennio non vi sia stata attuazione del piano di recupero.

2.2 Risulta altresì accertato in punto di fatto che il ritardo nell’inizio dei lavori per l’attuazione del piano di recupero è dipeso dal fatto che l’originario progetto presentato sia stato rivisto e riproposto a seguito della risoluzione problematiche relative a lesioni di diritti di passaggio vantati da terzi.

2.3 Tale fatto – conflitto con il diritto di passaggio dei confinanti accertabile prima della presentazione del progetto- non integra il concetto di forza maggiore idoneo a giustificare il superamento del termine decadenziale di legge (che non può riposare in una semplice mancanza di negligenza, ma deve invece consistere in un’energia esterna, idonea a costituire impedimento forzoso della condotta imposta dalla legge).

2.4 In ogni caso, alla luce dell’orientamento di questa Corte, occorre rilevare che l’agevolazione di cui alla L. n. 168 del 1982, art. 5, è correlata alla effettiva attuazione del piano di recupero previsto all’atto del trasferimento dell’immobile, e pertanto ne è giustificata la revoca ove sia accertata l’insussistenza dei prescritti requisiti, e ciò anche se la mancata attuazione in concreto del piano di recupero previsto nell’atto di trasferimento del cespite non sia imputabile a comportamento omissivo del contribuente (v. Cass. nn. 13703 del 2013, 11786 del 2008 e 14478 del 2003).

3. Il secondo motivo è infondato.

3.1 Ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento. E’ noto che in seguito alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv. con modif. in L. n. 134 del 2012, è denunciabile in cassazione l’anomalia motivazionale che si concretizza nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili”, quale ipotesi che non rende percepibile l’iter logico seguito per la formazione del convincimento e, di conseguenza, non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice. In particolare, il vizio motivazionale previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella formulazione introdotta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito in L. n. 134 del 2012, applicabile ratione temporis, presuppone che il giudice di merito abbia esaminato la questione oggetto di doglianza, ma abbia totalmente pretermesso uno specifico fatto storico, e si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile”, mentre resta irrilevante il semplice difetto di “sufficienza” della motivazione. E così, ricorre il vizio di omessa motivazione della sentenza, denunziabile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, quando il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero indica tali elementi senza una approfondita disamina logica e giuridica, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento;

3.2 Nella fattispecie la motivazione della sentenza non è connotata da tali deficienze in quanto la CTR hà dato conto delle ragioni poste a base della sua decisione affermando, erroneamente come sopra spiegato, la mancata applicabilità del termine di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 76.

4 In conseguenza dell’accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata e non essendo necessario alcun altro accertamento di fatto la causa può essere decisa nel merito con il rigetto del ricorso originario della contribuente

4.1 Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo mentre gli esiti dei giudizi di merito e il consolidamento dei principi affermati in epoca successiva alla proposizione del ricorso giustificano la compensazione delle spese relative ai giudizi di merito.

P.Q.M.

la Corte, accoglie il primo motivo del ricorso rigettato il secondo, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario proposto dai contribuenti. Condanna i contribuenti al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 5.000 per compensi, oltre rimborso forfettario ed accessori di legge. Compensa tra le parti le spese relative ai giudizi di merito.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 4 luglio 2019.

Depositato in cancelleria il 9 ottobre 2019

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