Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25255 del 25/10/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 25/10/2017, (ud. 13/09/2017, dep.25/10/2017),  n. 25255

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 21880/2016 R.G. proposto da:

EQUITALIA SERVIZI DI RISCOSSIONE S.P.A., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DELLA PINETA SACCHETTI n. 482, presso lo studio dell’avvocato

EMANUELA VERGINE, rappresentato e difeso dall’avvocato MARIA ROSARIA

SAVOIA;

– ricorrente –

contro

L.M.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 974/2016 del TRIBUNALE di TARANTO, depositata

il 21/03/2016;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata

del 13/09/2017 dal Consigliere Dott. Franco DE STEFANO.

Fatto

RILEVATO

che:

Equitalia Servizi di Riscossione spa ricorre, affidandosi a sei motivi, per la cassazione della sentenza n. 974 del 21/03/2016 del Tribunale di Taranto, di accoglimento dell’opposizione alle cartelle esattoriali emesse dalla sua dante causa Equitalia Sud spa nei confronti di L.M., per ritenuta inesistenza dei crediti azionati;

non espleta attività difensiva in questa sede l’intimato;

è formulata proposta di definizione – per manifesta fondatezza – in camera di consiglio ex art. 380-bis c.p.c., comma 1, come modif. dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, comma 1, lett. e), conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197;

non sono depositate memorie.

Diritto

CONSIDERATO

che:

il Collegio ha disposto redigersi la motivazione in forma semplificata;

è sufficiente rilevare che in vicenda processuale assolutamente analoga in merito al primo motivo (di “nullità della sentenza per violazione dell’art. 618 c.p.c., comma 2; dell’art. 24 Cost. – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, punto 4)”) questa Corte ha già avuto modo di statuire l’erroneità non sanabile del modus procedendi consistente nella pronuncia di una sentenza direttamente all’esito di una fase sommaria di un’opposizione esecutiva, per di più senza neppure la concessione dei termini previsti dall’art. 190 cod. proc. civ. (Cass. 21258/16 e Cass. 2045/17): sicchè, tanto essendosi verificato anche in tal caso, la doglianza va accolta, in forza delle argomentazioni già illustrate nei precedenti appena richiamati, che qui si intendano per interamente trascritte;

ogni altra doglianza, riguardando profili di rito logicamente successivi ed il merito, è assorbita, sicchè è superfluo anche solo dare conto degli altri cinque motivi di ricorso;

va solo puntualizzato, ad ulteriore conferma dell’interpretazione resa nei precedenti richiamati, che al caso di specie non può trovare applicazione la pure consolidata giurisprudenza risalente a Cass. 22033/11 (seguita da numerose pronunzie successive), in base alla quale, quando il g.e. definisca impropriamente la fase sommaria dell’opposizione ex artt. 615 o 617 c.p.c. (o art. 619) con provvedimento che non disponga la invece doverosa prosecuzione mediante instaurazione del giudizio di merito, alla parte non è dato ricorrere per cassazione, per essere suo onere dare corso invece (ad una procedura di correzione – per integrazione – del provvedimento al fine di conseguire la fissazione di termine per iniziare il detto giudizio di merito, oppure direttamente) alla non espletata fase a cognizione piena sul merito dell’opposizione;

la portata del principio può dirsi del resto essere stata, a contrario, ribadita anche dalle più recenti Cass. ord. 24/05/2017, n. 13108, nonchè 22/06/2017, n. 15605, che prescrivono invece l’opposizione agli atti esecutivi quando il provvedimento del g.e. sia stato di definitivo arresto del procedimento esecutivo (e perfino con liberazione delle somme pignorate): il meccanismo processuale disegnato da Cass. 22033/11, insomma, presuppone ed esige che il provvedimento sia stato adottato dal g.e. comunque all’esito della proposizione di un’opposizione esecutiva; in difetto, esso diviene impugnabile ex art. 617 cod. proc. civ. nell’ipotesi in cui abbia impropriamente definito la fase sommaria di un’opposizione esecutiva con la definizione del procedimento esecutivo (o, secondo Cass. ord. 15605/17, anche ex art. 624 cod. proc. civ. quanto all’arresto del medesimo);

la peculiarità della fattispecie sta in ciò, che l’opposizione esecutiva vi è stata ed è stata trattata, con totale pretermissione della scansione processuale disegnata dal codice, dal giudice dell’esecuzione non solo e non tanto con una inammissibile fusione e confusione delle due fasi, quella sommaria di sua competenza e quella di merito, quanto piuttosto con l’esaurimento anche della seconda con una pronuncia che, adottata senza il rispetto di alcuna delle regole dettate per il giudizio a cognizione piena in cui si estrinseca ogni opposizione esecutiva nella fase successiva a quella sommaria, ambisce chiaramente, fin dalla sua autodefinizione quale sentenza, a definire le questioni di diritto agitate dalle parti contrapposte con efficacia di giudicato;

tanto comporta che il provvedimento del giudice assume la forma e la sostanza di una sentenza e va impugnato appunto con il ricorso per cassazione: peraltro fondato, appunto per i motivi di illegittimità di tale radicale pretermissione di tutte le scansioni processuali già richiamate nei citati precedenti;

il ricorso va pertanto accolto, con rinvio a tribunale diverso da quello che ha reso la pronuncia cassata, in ragione della persistente reiterazione di pronunzie contrarie ai principi qui affermati: e che si individua in quello del capoluogo della sede principale della Corte di appello cui appartiene il primo e quindi in quello di Lecce, il quale provvederà anche a liquidare le spese del giudizio di legittimità, ad esso restando rimesse la valutazione degli evidenti limiti di proponibilità delle opposizioni per crediti tributari e l’applicazione degli ormai consolidati principi sulla piena sufficienza probatoria degli estratti di ruolo e sull’assoluta idoneità delle notifiche delle cartelle ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26;

non sussistono, per essere stato accolto il ricorso, i presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, sul contributo unificato per le impugnazioni.

PQM

accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri. Cassa la gravata sentenza in relazione al motivo accolto; rinvia al Tribunale di Lecce, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 13 settembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 25 ottobre 2017

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