Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25254 del 10/11/2020

Cassazione civile sez. trib., 10/11/2020, (ud. 11/02/2020, dep. 10/11/2020), n.25254

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A. P. – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello M. – rel. Consigliere –

Dott. FRAULINI Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 28446/2013 R.G. proposto da:

VARA COSTRUIZIONI SRL, con gli avvocati Fabio Rossi e Giovanni

Lauretti, nel domicilio eletto presso lo studio dell’avv.

Pieralfonso Longo, in Roma, Viale Doria Pamphili n. 25;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio eletto in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale per la

Campania n. 29/2013 depositata in data 23/04/2013 e non notificata.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11 febbraio

2020 dal Co: Marcello M. Fracanzani.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La società contribuente era attinta da avviso di accertamento per l’anno 2005 con ricostruzione induttiva del reddito D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 1, lett. d), ritenendo inattendibile la documentazione contabile, in rapporto all’andamento in perdita, alla situazione debitoria della società, ai conferimenti del socio unico (in realtà, poi accertato titolare del 95% delle partecipazioni di capitale), assolutamente non coerenti con la sua ridotta capacità contributiva come esposta in dichiarazione.

I gradi di merito erano sfavorevoli alla parte contribuente, segnatamente ove la sentenza d’appello rilevava che la richiesta di mutuo e l’acquisto di un terreno non erano in grado di alterare la situazione di inattendibilità delle scritture contabili e, quindi, della ripresa a tassazione.

Avverso questa sentenza ricorre per cassazione la società contribuente affidandosi a quattro motivi di ricorso, cui replica l’Avvocatura generale dello Stato con tempestivo controricorso.

In prossimità dell’udienza la parte privata ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Vengono proposti quattro motivi di ricorso.

1. Con il primo motivo si prospetta censura ex art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), e dell’art. 2729 c.c., nella sostanza criticando la sussistenza dei presupposti per l’applicazione del metodo induttivo. La commissione di secondo grado dà conto in motivazione degli argomenti – non scalfiti dall’apporto probatorio del contribuente nel corso del giudizio – per cui si è giunti alla ricostruzione induttiva del reddito: situazione debitoria poco documentata e poco credibile, andamento antieconomico, dubbi sulla sussistenza di finanziatori a titolo gratuito, sulla reale possibilità del socio (o dei soci) di sostenere la società con proprio apporto di capitali, stante la loro capacità reddituale siccome esposta. Il motivo è quindi infondato e dev’essere rigettato.

2. Con il secondo motivo si solleva censura ex art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione L. n. 212 del 2000, artt. 6 e 12, laddove il contribuente non è stato sentito in contraddittorio con l’Ufficio, in spregio alla giurisprudenza Europea e nazionale.

Va ricordato che le Sezioni Unite di questa Corte (Cass. 9 dicembre 2015, n. 24823), premesso che la L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, si applica ai soli casi di accesso ed ispezioni e verifiche nei tributi armonizzati, questi ultimi soggetti al diritto dell’Unione Europea, hanno chiarito che “in tema di tributi c.d. non armonizzati, l’obbligo dell’Amministrazione di attivare il contraddittorio endoproceclimentale, pena l’invalidità dell’atto, sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi, per le quali siffatto obbligo risulti specificamente sancito; mentre in tema di tributi cd. armonizzati, avendo luogo la diretta applicazione del diritto dell’Unione, la violazione del contraddittorio endoprocedimentale da parte dell’Amministrazione comporta in ogni caso, anche in campo tributario, l’invalidità dell’atto, purchè, in giudizio, il contribuente assolva l’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e che l’opposizione di dette ragioni (valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio), si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali è stato predisposto” (tra la successiva giurisprudenza conforme si vedano, tra le altre, Cass. sez. 5, 3 febbraio 2017, n. 2875; Cass. sez. 6-5, ord. 20 aprile 2017, n. 10030; Cass. sez. 65, ord. 5 settembre 2017, n. 20799; Cass. sez. 6-5, ord. 11 settembre 2017, n. 21071; Cass. sez. 6-5, ord. 14 novembre 2017, n. 26943). Motivo inammissibile (e comunque infondato);

Il motivo è dunque infondato.

3. Con il terzo motivo si propone ancora censura ex art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, protestando l’assenza di motivazione dell’atto impositivo, specie dove richiama l’indice del 1,53 come media nazionale non applicabile al caso di specie. La censura non è rivolta alla sentenza impugnata, ma all’atto impositivo e introduce circostanze di merito sottratte alla cognizione di questa Corte di legittimità.

Il motivo è dunque inammissibile.

4. Con il quarto motivo si prospetta censura ex art. 360 c.p.c., n. 5, per omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione fra le parti, laddove non si è motivato e nemmeno preso in considerazione l’aspetto della mancata audizione del contribuente.

Il motivo è inammissibile nella parte in cui si lamenta una “insufficienza” di motivazione non più denunciabile ex art. 360, comma 1, n. 5, e non si individua invece l’omesso esame di un fatto.

In definitiva, il ricorso è infondato e va rigettato. Le spese liquidate in dispositivo seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso, compensa le spese per i gradi merito, condanna la parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite del giudizio di legittimità a favore dell’Agenzia delle entrate, che liquida in Euro cinquemilaseicento/00, oltre a spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 11 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2020

 

 

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