Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25251 del 25/10/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 25/10/2017, (ud. 09/05/2017, dep.25/10/2017),  n. 25251

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – rel. Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina L. – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5829-2016 proposto da:

D.F.F. quale erede di B.A.N.D.,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA NICANDRO 155 presso lo studio

dell’avvocato DI GREGORIO TANTA D’ANGELO BARBARA, rappresentato e

difeso dall’avvocato FRANCESCO SPIRITO;

– ricorrente –

contro

R.N., C.G., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA TEULADA 55, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO

MARCONI, rappresentati e difesi dall’avvocato BRUNO BARONE;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1021/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 13/02/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 09/05/2017 dal Consigliere Dott. ULIANA ARMANO.

Fatto

FATTI DEL PROCESSO

D.F.F. in proprio e nella qualità di erede di B.A.N.D., propone ricorso con sette motivi avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma del 13-2-2015 che, in riforma della sentenza di primo grado, ha rigettato la domanda di risarcimento danni riportati da un villino di loro proprietà a causa di un comportamento ostruzionistico dei confinanti R.N. e C.G..

R.N. e C.G. resistono con controricorso.

La controversia è stata trattata nella camera di consiglio non partecipata della sesta sezione civile a seguito di proposta d’inammissibilità del relatore.

Il Collegio ha invitato a redigere una motivazione semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

La Corte d’appello ha rigettato la domanda proposta dai coniugi D.F.F. e B.A.N.D. sul rilievo che era stato accertato che l’occlusione della condotta fognarie da cui erano derivati danni si trovava all’interno della stessa proprietà dei ricorrenti e che i coniugi R. – C. non avevano impedito o ostacolato le necessarie operazioni di ispezione e manutenzione sul loro terreno e non avevano quindi ritardato la risoluzione degli inconvenienti lamentati dai coniugi D.F. – B..

Il ricorrente propone sette motivi in cui denunzia rispettivamente: 1. Omesso esame di un fatto controverso e decisivo del giudizio oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 c.p.c., n. 5 evidenziando che “le risultanze istruttorie sono state interpretate diversamente in maniera opposta tra il giudice di primo grado e quello di secondo grado. Il giudice di primo grado ha dato maggiore rilievo alla documentazione processuale del procedimento cautelare (che ha preceduto il presente giudizio) ed al fatto che gli appellanti erano stati costretti a introdurre un giudizio stesso per risolvere il problema. Ugualmente avrebbe dovuto interpretare la Corte d’appello di Roma che aveva dato invece rilevanza unicamente alla dichiarazioni testimoniali prive di indicazione di un episodio specifico”;

2. Omesso esame di un fatto controverso e decisivo del giudizio oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 c.p.c., n. 5.

Secondo il ricorrente “la prova documentale, rappresentata nel caso di specie non solo dai documenti del procedimento cautelare ma dalle diffide che l’hanno preceduto, supera come valore forza probatoria quella testimoniale”;

3. Omesso esame delle risultanze istruttorie” in merito alla circostanza di fatto relativa alla opponibilità dei R. – C. al sopralluogo decisiva per il giudizio” ex art. 360 c.p.c., n. 5;

4. Omesso esame dell’errore del c.t.u. nel procedimento cautelare come fatto decisivo per il giudizio.

5. Violazione di norme di diritto per la liquidazione delle spese e dei danni ex art. 360 c.p.c., nn. 1 e 3, ex artt. 115 e 116 c.p.c..

6.Omesso esame sull’attendibilità dei testimoni e sul valore probatorio dei documenti come fatto decisivo del giudizio ex art. 360 c.p.c., n. 5.

7 Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ex art. 360, n. 5 sulla circostanza che” i coniugi D.F. e B., titolari della servitù relativa all’uso della condotta fognarie per il comportamento illecito degli appellanti,che hanno impedito loro di intervenire per riattivare l’esercizio della servitù, hanno subito danni e disagi al ritardo della risoluzione del problema”.

8. I motivi si esaminano congiuntamente per la stretta connessione logico giuridica che li lega e sono inammissibili.

Si ricorda che in virtù della data di pubblicazione della sentenza si applica la nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

L’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.

La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione. Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014.

9.Nella specie i ricorrenti non indicano il fatto decisivo oggetto di discussione fra le parti, il cui esame sarebbe stato omesso dal giudice del merito, ma censurano l’accertamento della mancata responsabilità dei coniugi confinanti R. – C. e quindi la censura attinge il risultato della valutazione degli elementi istruttori, il cui esame non è stato omesso dalla Corte di merito, elementi istruttori che hanno portato i giudici di merito a ritenere l’assenza di responsabilità dei R. – C. negli asseriti danni. La motivazione della sentenza si estende all’esame di tutti gli elementi istruttori raccolti formulando una ricostruzioni dei fatti convincente e sorretta da decisione coerente con i fatti accertati ed adeguatamente motivata.

I motivi di violazione di legge, non attengono alla violazione del canone normativi ma, in realtà censurano gli accertamenti di fatto dei giudici di merito Non è pertinente il richiamo degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. in quanto essi rilevano, sotto il profilo del vizio di violazione di legge, soltanto quando il giudice dia ingresso a prove non fornite dalle parti od erri sulla nozione di fatto notorio o sulla configurabilità o meno di una prova legale; per ogni altro aspetto, l’omessa valutazione delle prove proposte dalla parti o dei fatti non contestati ovvero il cattivo uso del “prudente apprezzamento” rilevano soltanto quali vizi di motivazione (cfr., tra le altre, Cass. n. 14267/06), deducibili in Cassazione nei limiti posti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Il ricorso è inammissibile e le spese seguono la soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 3.500,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, accessori e spese generali come per legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 9 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 25 ottobre 2017

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