Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2525 del 01/02/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 2525 Anno 2018
Presidente: AMENDOLA ADELAIDE
Relatore: SCRIMA ANTONIETTA

ORDINANZA
sul ricorso 802-2016 proposto da:
GARBUJO LUIGI, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA A.
POLLAIOLO 5, presso lo studio dell’avvocato CARLO MARIA RICCIONI,
rappresentato e difeso dall’avvocato ANDREA CAVERZAN;
– ricorrente contro
UNICREDIT SPA, e per essa, quale mandataria della gestione del
credito di UNICREDIT SPA, DOBANK SPA, in persona del legale
rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA DELLA
LIBERTA’ 20 presso lo studio dell’avvocato MASSIMILIANO MAROTTA
che lo rappresenta e difende;
– controricorrente nonchè contro
BATTAGLIA PATRIZIA

Data pubblicazione: 01/02/2018

- intimata avverso la sentenza n. 669/2015 del TRIBUNALE di TREVISO,
depositata il 19/03/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 27/06/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIMA

FATTI DI CAUSA
Luigi Garbujo proponeva appello nei confronti di Unicredit S.p.a. e
di Patrizia Battaglia e avverso la sentenza del Tribunale di Treviso n.
669/15, depositata il 19 marzo 2015, con la quale, in accoglimento
della domanda proposta dalla predetta società ex art. 2901 cod. civ.,
il Giudice adito aveva dichiarato l’inefficacia, nei confronti dell’attrice,
dell’atto traslativo della proprietà di un immobile attuato, con le
condizioni di separazione tra i coniugi Luigi Garbujo (debitore della
predetta banca) e Patrizia Battaglia, a mezzo del verbale di
separazione consensuale del 22 maggio 2009 e del successivo
decreto di omologa del 4 giugno 2000, rep. n. 9400 del Tribunale di
Treviso, trascritti in data 22 giugno 2009 presso la Conservatoria dei
Registri Immobiliari di Treviso con il n. 23654 registro generale e il n.
14646 registro particolare, e aveva condannato i convenuti, in solido,
al pagamento delle spese di lite.
Resistette al gravame la Unicredit S.p.a. mentre la Battaglia
rimase contumace, come già avvenuto in primo grado.
La Corte di appello di Venezia, con ordinanza ex artt. 348 bis e ter
cod. proc. civ., depositata il 4 novembre 2015, dichiarò inammissibile
l’appello proposto dal Garbujo, condannò quest’ultimo alle spese di
quel grado in favore della Unicredit S.p.a. mentre compensò dette
spese tra l’appellante e la Battaglia e attestò che trovava applicazione
la disposizione di cui all’art. 1 comma 17 della legge 228/12 in tema
di pagamento del contributo unificato in capo all’appellante.

Ric. 2016 n. 00802 sez. M3 – ud. 27-06-2017
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SCRIMA.

Avverso la sentenza di primo grado Luigi Garbujo ha proposto
ricorso per cassazione basato su un unico articolato motivo e
illustrato da memoria, cui ha resistito, con controricorso, Unicredit
S.p.a., e per essa, quale mandataria della gestione del credito di
Unicredit Spa, doBank S.p.a..

La proposta del relatore è stata comunicata agli avvocati delle
parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di
consiglio, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.

Il Collegio ha disposto la redazione dell’ordinanza con

motivazione semplificata.
2. Con l’unico articolato motivo, lamentando violazione e falsa
applicazione degli artt. 2901 cod. civ., 2697 cod. civ., 2729 cod. civ.
e 92 cod. proc. civ., il ricorrente sostiene che il Tribunale avrebbe
violato: 1) l’art. 2901 cod. civ., ritenendo erroneamente sussistenti le
condizioni per l’esercizio dell’azione revocatoria, desumendo la
sussistenza della cd. partecipatio fraudis del terzo acquirente a titolo
oneroso dal semplice fatto che la Battaglia avesse costituito una
società di capitali di cui il Garbujo è amministratore unico; 2) l’art.
2697 cod. civ, stante il mancato assolvimento dell’onere probatorio
da parte dell’attrice; 3) l’art. 2729 cod. civ., in quanto avrebbe
fondato la sua decisione su una presunzione, non grave precisa e
concordante, e, pur avendo riconosciuto che la consapevolezza del
pregiudizio arrecato alle ragioni creditorie non era desumibile dal
mero rapporto di coniugio tra il Garbujo e la Battaglia, avrebbe
desunto tale consapevolezza dai rapporti di carattere patrimoniale ed
imprenditoriale tra gli stessi coniugi, così facendo implicito riferimento
proprio al rapporto di coniugio; 4) l’art. 92 cod. proc. civ., nella sua
formulazione ante riforma, in quanto, avendo il Tribunale revocato
l’atto di trasferimento di cui si discute in causa non basandosi sulle

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Patrizia Battaglia non ha svolto attività difensiva in questa sede.

argomentazioni dell’attrice, che aveva definito tale trasferimento
come atto a titolo gratuito, con conseguente non necessità del
requisito del consilium fraudis del terzo acquirente, bensì ritenendo
quello in parola atto a titolo oneroso, con conseguente onere, a carico
dell’attrice, di dimostrare la consapevolezza in capo al debitore e al

creditorie, ad avviso del ricorrente, la difesa attorea avrebbe trovato
solo accoglimento parziale; pertanto, una corretta applicazione della
norma da ultimo indicata avrebbe consentito di compensare le spese
di lite.
2.1. Il motivo è infondato.
2.1.1. Si osserva che, in relazione alla prima delle questioni poste
dal ricorrente, il Tribunale ha fatto corretta applicazione del principio
già affermato da questa Corte e che va in questa sede ribadito,
secondo cui, in tema di azione revocatoria ordinaria, quando l’atto di
disposizione sia successivo al sorgere del credito, unica condizione
per il suo esercizio è la conoscenza che il debitore abbia del
pregiudizio delle ragioni creditorie, nonché, per gli atti a titolo
oneroso, l’esistenza di analoga consapevolezza in capo al terzo, la cui
posizione, sotto il profilo soggettivo, va accomunata a quella del
debitore; la relativa prova può essere fornita tramite presunzioni, il
cui apprezzamento è devoluto al giudice di merito ed è incensurabile
in sede di legittimità ove congruamente motivato, come nel caso
all’esame (Cass. 30/12/2014, n. 27546 e Cass. 22/03/2016, n.
5618).
2.1.2. Non sussiste la lamentata violazione dell’art. 2697 cod.
civ., configurabile soltanto nell’ipotesi, non ricorrente nella specie, in
cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa
da quella che ne risulta gravata secondo le regole dettate da detta
norma (arg. ex Cass. 17/06/2013, n. 15107) e non già quando, a
seguito di una incongrua valutazione delle acquisizioni istruttorie, il
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terzo della natura pregiudizievole dell’atto con riferimento alle ragioni

giudice abbia errato nel ritenere che la parte onerata abbia assolto
tale onere, poiché, in questo caso, vi è soltanto un erroneo
apprezzamento sull’esito della prova, (Cass. 5/09/2006, n. 19064),
ora sindacabile in sede di legittimità solo nei ristretti limiti in cui è
ancora consentito dedurre il vizio di cui all’art. 360, primo comma, n.

2.1.3. Passando all’esame della terza questione proposta dal
ricorrente, va evidenziato che la prova della participatio fraudis del
terzo, necessaria ai fini dell’accoglimento dell’azione revocatoria
ordinaria nel caso in cui l’atto dispositivo sia oneroso e successivo al
sorgere del credito, può essere ricavata anche da presunzioni
semplici, ivi compresa la sussistenza di un vincolo parentale tra il
debitore ed il terzo, quando tale vincolo renda estremamente
inverosimile che il terzo non fosse a conoscenza della situazione
debitoria gravante sul disponente (Cass. 5/03/2009, n. 5359; v.
anche Cass. 15/02/2007, n. 3470 e Cass. 18/01/2007, n. 1068).
Inoltre, si osserva che le presunzioni semplici costituiscono una
prova completa alla quale il giudice di merito può attribuire rilevanza,
anche in via esclusiva, ai fini della formazione del proprio
convincimento, nell’esercizio del potere discrezionale,
istituzionalmente demandatogli, di individuare le fonti di prova,
controllarne l’attendibilità e la concludenza e, infine, scegliere, fra gli
elementi probatori sottoposti al suo esame, quelli ritenuti più idonei a
dimostrare i fatti costitutivi della domanda o dell’eccezione; spetta
pertanto al giudice di merito valutare l’opportunità di fare ricorso alle
presunzioni semplici, individuare i fatti da porre a fondamento del
relativo processo logico e valutarne la rispondenza ai requisiti di
legge, con apprezzamento di fatto che, ove adeguatamente motivato,
sfugge al sindacato di legittimità (Cass. 2/04/2009, n. 8023; Cass.
21/10/2003, n. 15737).

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5, cod. proc. civ. nella formulazione attualmente vigente.

2.1.4. Infine, quanto all’ultima questione sollevata dal Garbujo, si
rileva che in tema di spese processuali, il sindacato della Corte di
cassazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.,
è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il
quale le stesse non possono essere poste a carico della parte

potere discrezionale del giudice di merito la valutazione
dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, e ciò
sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca, sia nell’ipotesi di concorso
di altri giusti motivi (Cass. 19/06/2013, n. 15317; Cass., ord.,
31/03/2017, n. 8421).
3. Il ricorso va, pertanto, rigettato.
4. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in
dispositivo tra le parti costituite mentre non vi è luogo a provvedere
su dette spese nei confronti dell’intimata, non avendo la stessa svolto
attività difensiva in questa sede.
5.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti per il

versamento, da parte del ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1,
comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore
importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto
per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento,
in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio di
legittimità, che liquida in euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese
forfetarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in euro 200,00
ed agli accessori di legge; ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del
d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma
17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza
dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente,
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totalmente vittoriosa; pertanto, esula da tale sindacato e rientra nel

dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello
dello stesso art. 13.
dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta

Civile – 3 della Corte Suprema di Cassazione, il 27 giugno 2017.

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