Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25249 del 29/11/2011

Cassazione civile sez. III, 29/11/2011, (ud. 09/11/2011, dep. 29/11/2011), n.25249

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. PETTI Giovanni Battista – Consigliere –

Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –

Dott. UCCELLA Fulvio – Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 27404-2009 proposto da:

S.F.M.D.C. (OMISSIS),

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CAMPO MARZIO 69, presso lo

studio dell’avvocato D’ALESSANDRO VINICIO, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato BARTOLINI GIUSEPPE giusta delega in

atti;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO DI (OMISSIS), (OMISSIS), nella persona

della Sig.ra C.E., quale legale rappresentante

della Amministrazione pro tempore del predetto Condominio “CENTRO

SERVIZI IMMOBILIARI PESARO DI CUCCHIARINI E BELLAGAMBA S.N.C.”,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G. G. BELLI 60, presso lo

studio dell’avvocato COLANTONI LUCIANA, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato BRUALDI RENATO giusta delega in atti; M.

M. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

ATTILIO FRIGGERI 18, presso lo studio dell’avvocato BONACCIO

GIOVANNI, che lo rappresenta e difende giusta delega in atti;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 628/2008 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 05/12/2008, R.G.N. 876/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/11/2011 dal Consigliere Dott. BRUNO SPAGNA MUSSO;

udito l’Avvocato LUCIANA COLANTONI;

udito l’Avvocato GIOVANNI BONACCI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAMBARDELLA Vincenzo che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione in data 27.11.2002, S.F.M.d.C. conveniva innanzi al Tribunale di Pesaro M.M., quale proprietario di un appartamento in (OMISSIS), concessole in locazione con contratto del 15.4.2002, affermando che l’appartamento era invivibile in quanto vi erano forti immissioni rumorose provenienti da un locale attiguo condominiale ove era ubicato l’impianto di riscaldamento, producendo in proposito una relazione tecnica.

Chiedeva pertanto di accertare e dichiarare la risoluzione del contratto di locazione per vizi della cosa locata, con condanna del M. alla restituzione di quanto percepito in riferimento a detto contratto.

Costituitosi il M., che chiedeva di essere manlevato dal condominio di (OMISSIS), costituitisi a sua volta, il Tribunale di Pesaro, con sentenza, del 14.6.2006, respingeva la domanda.

A seguito dell’appello della S.F., costituitisi il (OMISSIS) e il M. la Corte di Appello di Ancona, con la decisione in esame in data 5.12.2008, rigettava il gravame, non ritenendo sussistere i presupposti per la risoluzione del contratto.

Ricorre per cassazione la S.F. con un unico motivo, assistito da quesito; resiste con controricorso il M..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo di ricorso si deduce violazione dell’art. 32 Cost.

e artt. 1578 e 1580 c.c., in quanto “sono in atti ben due perizie di valutazione dell’impatto acustico in ambiente abitativo, l’una redatta dai tecnici dell’Arpam, su richiesta della S. e l’altra redatta dalla Silteco su richiesta del condominio che attestano in modo inoppugnabile che il livelli sonori immessi nell’ambiente abitativo, nel periodo diurno, dall’impianto di riscaldamento condominiale non rispettano i valori assoluti indicati dal D.P.C.M. 5 dicembre 1997. Al superamento dei limiti di legge stabiliti a tutela della salute delle persone consegue di diritto la risoluzione del contratto indipendentemente da una eventuale conoscenza dei vizi da parte del conduttore così come previsto dall’art. 1580 c.c.”.

Il ricorso è in parte inammissibile e in parte infondato. E’ inammissibile nella parte in cui non censura l’impugnata decisione in relazione alla ratio decidendi in essa contenuta e fondata sulla circostanza che “incombeva sull’attrice l’onere di provare in modo rigoroso non soltanto l’esistenza della dedotta rumorosità dell’appartamento locato, ma anche la gravita di tale difetto”, e che comunque il vizio in questione non era tale da determinare la risoluzione contrattuale; è infondato, avendo la Corte di merito più che sufficientemente motivato in ordine alla mancanza dei presupposti per la pronuncia di risoluzione del contratto.

Quanto al primo profilo sopra menzionato, deve rilevarsi che il ricorrente si limita a denunciare la presenza in atti di due perizie ma non evidenzia ove, rispetto ai dati in esse enunciati, risulta censurabile l’impugnata sentenza che, sulla base di valutazioni in fatto, non ulteriormente censurabili nella presente sede, ha statuito che “se anche per un verso la possibilità di risolvere il contratto ex art. 1578 c.c. non presuppone necessariamente la totale inutilizzabilità o completa impossibilità di godimento del bene locato (dato che la norma prevede entrambi i rimedi a fronte della diminuzione apprezzabile della idoneità all’uso pattuito e visto che, per l’ipotesi di totale inutilizzabilità provvede separatamente la disposizione dell’art. 1579 c.c. …)”; nè lo stesso ricorrente tiene conto del criterio di “minore gravita” adottato dalla Corte di merito.

In sintesi: a) la Corte di merito ha ritenuto non adempiuto l’onere probatorio di parte istante;

b) ha comunque ritenuto il vizio non grave in misura tale da determinare la risoluzione del contratto;

c) a fronte di tali argomentazioni, la ricorrente deduce censure non ad esse pertinenti, asserendo anche (soprattutto nella formulazione del quesito di diritto) una violazione dell’art. 32 Cost. ed il diritto alla salute che appare come questione nuova e quindi inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese della presente fase che liquida in complessivi Euro 3.200,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi), oltre spese generali ed accessorie come per legge.

Così deciso in Roma, il 9 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 novembre 2011

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