Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25247 del 07/12/2016


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Cassazione civile sez. VI, 07/12/2016, (ud. 05/10/2016, dep. 07/12/2016), n.25247

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20320/2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

D.M.N.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 193/1/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di L’AQUILA del 5/02/2015, depositata il 26/02/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

05/10/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GUIDO FEDERICO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c., osserva quanto segue:

L’Agenzia delle Entrate ricorre nei confronti del contribuente D.M.N., che non resiste, per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale dell’Abruzzo n. 193/1/15, depositata il 25 febbraio 2015, che, in riforma della sentenza di primo grado, ha accolto il ricorso del contribuente, annullando l’avviso di accertamento impugnato, fondato su accertamento induttivo D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 1, lett d).

La CTR affermava che nel caso di specie mancava una prova idonea a sostenere la percezione di maggiori ricavi rispetto a quelli dichiarati, rilevando in particolare che non era stata fornita la prova che il contribuente avesse una carta bancomat con conto corrente in San Marino presso cui far confluire ipotetici pagamenti “in nero”, non potendo ritenersi dimostrato che tutti gli agenti, compreso il contribuente, fossero titolari di un conto corrente in (OMISSIS).

Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate denunzia la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), lamentando che la CTR si sia limitata ad una affermazione del tutto generica, senza valutare la gravità, precisione e concordanza degli elementi indiziari posti dall’Agenzia a fondamento dell’accertamento.

Il motivo appare fondato.

Ed invero, secondo il consolidato orientamento di questa Corte cui intende darsi senz’altro continuità, in tema di accertamento tributario, relativo sia all’imposizione diretta che all’Iva, la legge – rispettivamente del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, ed del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, dispone che l’inesistenza di passività dichiarate, nel primo caso, o le false indicazioni, nel secondo, possono essere desunte anche sulla base di presunzioni semplici, purchè gravi, precise e concordanti, senza necessità che l’Ufficio fornisca prove “certe”.

Di conseguenza, il giudice tributario di merito, investito della controversia sulla legittimità e fondatezza dell’atto impositivo, è tenuto a valutare, singolarmente e complessivamente, gli elementi presuntivi forniti dall’Amministrazione, dando atto in motivazione dei risultati del proprio giudizio, impugnabile in cassazione non per il merito, per inadeguatezza o incongruità logica dei motivi che lo sorreggono (Cass. 9784/2010).

Orbene, nel caso di specie, tale complessiva e specifica valutazione degli elementi allegati dall’Ufficio non risulta effettuata dalla CTR, che si è limitata ad affermare che nel caso di specie non era stata fornita alcuna prova del fatto che il contribuente avesse una carta bancomat, con conto presso uria banca di (OMISSIS) presso cui far confluire ipotetici pagamenti “in nero”.

Risulta invece, secondo quanto riportato nel ricorso dell’Agenzia in ossequio al canone di autosufficienza, che nel caso di specie, a seguito di una verifica a carico della Karnak s.a., con sede legale ed amministrativa nella Repubblica di (OMISSIS), sia stata acquisita documentazione dalla quale risultava che diverse società facenti parte del gruppo Karnak Service srl, Titanedi s.s, Unika srl, Greka s.s. e K consulting srl di (OMISSIS), corrispondevano le provvigioni maturate dagli agenti su c/c presso istituti di credito sanmarinesi.

Con riferimento alla posizione del D.M. risulta acquisita comunicazione con la quale K consulting informava il contribuente dell’avvenuto bonifico provvisionale relativo ai mesi di “novembre” e “gennaio 2008”, nonchè una scheda contabile nelle quali risultava l’indicazione di provvigioni corrisposte al D.M. oltre all’indicazione di estremi di due bonifici bancari in favore del contribuente, per importi non interamente risultanti dall’estratto conto esibito dal contribuente.

Conviene premettere che questa Corte ha già affermato che la c.d. contabilità “in nero” risultante da brogliacci o appunti personali o informali dell’imprenditore costituisce valido elemento indiziario dotato dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dalla legge, con conseguente onere a carico del contribuente di fornire la prova contraria (Cass. 4080/2015; 20451/2011; 17627/2008).

Orbene, nel caso di specie non risulta che sia stata effettuata una adeguata e complessiva valutazione di tutti gli elementi presuntivi posti dall’Ufficio posti a fondamento dell’accertamento induttivo, dotati dei caratteri di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 39, comma 1, lett. d) e delle contrarie deduzioni del contribuente, in contrasto con il menzionato indirizzo di questa Corte in materia, essendosi la CTR limitata a dare rilievo alla mancata prova che il contribuente disponesse di una carta bancomat.

Con il secondo motivo di ricorso si denunzia la violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4), per omessa pronuncia in ordine alla questione relativa all’applicabilità dell’Iva alla fattispecie in esame. Pure tale motivo appare fondato, non risultando alcuna statuizione della sentenza impugnata sulla questione suddetta, afferente la sussistenza del requisito della territorialità dell’Iva con riferimento alle prestazioni di servizio effettuate, questione che risulta riproposta dall’Ufficio nelle controdeduzioni in appello, come riportate nel corpo del ricorso.

La sentenza impugnata va dunque cassata con rinvio ad altra sezione della CIR dell’Abruzzo, che provvederà alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio,ad altra sezione della CTR dell’Abruzzo.

Così deciso in Roma, il 5 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 7 dicembre 2016

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