Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25245 del 08/11/2013
Civile Sent. Sez. 2 Num. 25245 Anno 2013
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: PROTO CESARE ANTONIO
SENTENZA
sul ricorso 21395-2009 proposto da:
SUD SYSTEM SRL 05488480632, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA LUDOVISI 35, presso lo studio
dell’avvocato ANDREA MORETTI, rappresentato e difeso
dagli avvocati AMBROSINO FRANCESCO, PECORA PAOLO;
– ricorrente 2013
1968
contro
FAVIERE ROSETTA FVRRTT52H47G975K, MARTINO ERMANNO
MRTRNN82R24G975E, MARTINO ROMANO MRTRMN47L18E919C,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA PRATI FISCALI
258, presso lo studio dell’avvocato BERARDI
Data pubblicazione: 08/11/2013
PIERGIORGIO, rappresentati e difesi dall’avvocato
LAINO ANNA;
– controricorrenti nonchè contro
DI TRANI MARIA LUISA;
avverso la sentenza n. 137/2009 della CORTE D’APPELLO
di POTENZA, depositata il 06/05/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 26/09/2013 dal Consigliere Dott. CESARE
ANTONIO PROTO;
udito l’Avvocato BERARDI Piergiorgio con delega
depositata in udienza dell’Avvocato LAINO Anna,
difensore dei resistenti che ha chiesto il rigetto
del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. AURELIO GOLIA che ha concluso per il
rigetto del ricorso.
– intimata –
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione del 12/11/1996 Martino Vincenzo conveniva
in giudizio Di Trani Maria Luisa e la s.r.l. Marco
Immobiliare esponendo di avere constatato che alcuni
beni immobili, di sua proprietà per averli ricevuti in
Di Trani alla società Marco Immobiliare; ciò premesso,
chiedeva l’accertamento della proprietà dei beni per
intervenuta usucapione in quanto gli immobili da tempo
immemorabile erano da lui posseduti e, in precedenza,
dal padre e dai suoi danti causa.
La Di Trani restava contumace e si costituiva la
società acquirente opponendo il proprio regolare
acquisto.
Con sentenza del 26/6/2001 il Tribunale di Trani, sulla
base di prove testimoniali, accoglieva la domanda di
usucapione del Martino.
La s.r.l. Sud System, già Marco Immobiliare s.r.1.,
proponeva appello lamentando l’erroneità della
valutazione degli elementi probatori sulla base dei
quali era stata riconosciuta l’usucapione, ma la Corte
di Appello di Potenza, con sentenza del 6/5/2009
rigettava l’appello ritenendo che il materiale
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donazione dal proprio padre, risultavano venduti dalla
istruttorio fosse stato correttamente valutato dal
giudice di prime cure.
In particolare, la Corte di Appello riteneva che il
Martino avesse dato prova idonea del possesso utile
godimento
essendo
emersa
dall’istruttoria
manifestato
dell’immobile
il
attraverso
l’attività di pulizia, l’abbattimento delle parti
pericolanti della costruzione, l’utilizzo dell’immobile
per vent’anni come deposito di attrezzi e materiali, il
tutto contrapposto all’assenza, nei luoghi, dei
proprietari formali e dell’esercizio, da parte loro, di
atti di possesso.
La s.r.l. Sud System ha proposto ricorso affidato a due
motivi.
Faviere Rosetta, Martino Romano e Martino Ermanno,
quali eredi di Martino Vincenzo, hanno resistito con
controricorso.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo la società ricorrente deduce il
vizio di motivazione della sentenza in quanto il
giudicante non avrebbe preso in considerazione:
– la comunicazione del 24/1/1992 con la quale il Comune
di Maratea rispondendo alla richiesta di Trani Maria
Luisa escludeva che fossero stati realizzati lavori
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all’usucapione
edili da parte del Martino tra la sua casa e la via
Rosa, peraltro specificando che lo stesso aveva
eseguito lavori di pulizia;
– una dichiarazione liberatoria del 10/11/1993 ai fini
di un piano di recupero del centro storico di Maratea,
proprietaria dell’immobile.
La ricorrente aggiunge che la Corte di Appello avrebbe
mal valutato le deposizioni dei testi (dei quali uno
soltanto avrebbe riferito sull’utilizzo del bene) e non
avrebbe dato adeguata spiegazione sull’incompatibilità
delle attività del Martino con l’altrui diritto di
proprietà.
1.1. Il motivo è infondato.
Le cosiddette prove documentali che la Corte di
Appello, a dire della ricorrente, non avrebbe preso in
considerazione sono del tutto irrilevanti rispetto alla
motivazione con la quale è stato riconosciuto il
possesso ultraventennale.
La circostanza che nel 1992 il Comune di Maratea abbia
escluso che il Martino, in un tratto di territorio
compreso tra la casa di sua proprietà e la via Rosa non
abbia eseguito opere edili e abbia invece eseguito la
pulizia di alcuni ruderi, da un lato conferma
nel quale il Martino riconosceva la soc. San Marco
l’esercizio di un potere di fatto su quel territorio e
dall’altro non esclude che, nell’arco del ventennio,
siano state abbattute parti pericolanti del rudere,
come riferito dal teste Martino Biagio.
di
considerazione
irrilevanza
assoluta
dell’accertato
(anche
possesso
in
utile
all’usucapione e del decorso del termine) è la
dichiarazione del Martino al Comune di partecipare ad
un piano di recupero che interessa anche la proprietà
della società Marco Immobiliare per due ragioni:
secondo l’attore la fattispecie acquisitiva per
usucapione si era perfezionata con l’atto di donazione
del 20/8/1992 come riferisce la stessa ricorrente a
pagina 17 del ricorso e pertanto la dichiarazione, non
potendo essere considerata quale atto di rinuncia ad
una usucapione già maturata, non poteva assumere
rilevanza alcuna;
– trattasi di dichiarazione rivolta ad un terzo e non
alla parte e la dichiarazione relativa al titolo di
proprietà non è affatto incompatibile con la conoscenza
del diritto altrui in quanto la pretesa del possessore
prescinde dall’esistenza di una corrispondente
posizione di diritto soggettivo (Cass. n. 6818/88;
Cass. 2857/2006), rilevando solo il possesso inteso
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Egualmente
come esercizio di un potere di fatto sulla cosa con la
volontà di esercitarlo alla stregua di un proprietario.
La ricorrente assume inoltre che la Corte di Appello,
valutando nel suo complesso le prove orali e non
considerando alcune incongruenze nelle deposizioni, non
di un solo teste tra i quattro escussi, alcune
circostanze di fatto quali l’abbattimento di parti
pericolanti del rudere oggetto di usucapione e la
duratura destinazione dell’immobile a deposito di
attrezzi;
denuncia
infine
l’insufficienza
della
motivazione della sentenza nella parte in cui
affermato che
“non si comprende perché l’attività di
pulizia di un immobile, foss’anche costituito da un
rudere fatiscente, non debba integrare in sé una
manifestazione di godimento della cosa…”.
La censura riguarda, nella sostanza, la valutazione di
merito della Corte di Appello (per giunta conforme a
quella del primo grado) senza che siano ravvisabili
specifici vizi motivazionali.
Infatti,
deposizioni
considerati
anche
testimoniali
che
ricorso:
7
i
sono
contenuti
trascritti
delle
in
avrebbe dovuto ritenere provate, con la testimonianza
la Corte di Appello non ha individuato solo
nell’attività di pulizia dell’immobile la
manifestazione del possesso, ma anche nell’utilizzo
dello stesso quale deposito e nei pur sporadici
interventi diretti ad eliminare parti della costruzione
secondo la valutazione dei giudici del merito esprimono
l’esercizio di un possesso uti dominus;
– la testimonianza del teste Martino Romano non
affatto in contrasto con quella di altri testi i quali
non hanno escluso che gli interventi sull’edificato
siano stati realizzati, né hanno escluso il godimento
dell’immobile utilizzato come deposito
(il teste
Dattoli riferisce di non ricordare se l’immobile fosse
utilizzato come deposito), ma semplicemente non hanno
riferito in merito.
In conclusione, il motivo deve essere rigettato.
2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce la
violazione e falsa applicazione dell’art. 1140 e 1158
c.c.
e
sostiene
che
le
attività
esercitate
nell’immobile e sull’immobile, ritenute provate dalla
Corte di Appello, non sarebbero riconducibili ad un
possesso duraturo e ininterrotto, utile all’usucapione.
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“\.
pericolanti, tutte attività che nel loro complesso,
Formulando il quesito di diritto, la ricorrente chiede
se le attività di godimento debbano essere conformi,
coerenti e adeguate alla natura e alla destinazione del
bene, se l’attività di pulizia„ di uso in forma di
ricovero per attrezzi e materiali e l’abbattimento di
manifestazioni di possesso di un fabbricato destinato
ad abitazione, utili all’usucapione.
2.1 n motivo è infondato.
Il cosiddetto fabbricato destinato ad abitazione, come
risulta dalla sentenza di appello, altro non era se non
un rudere dal quale il possessore, utilizzandolo come
deposito, ha tratto l’utilità compatibile con la sua
condizione.
La
Corte
di
Appello
ha
inoltre
correttamente
evidenziato che l’attività esercitata sull’immobile, di
pulizia e messa in sicurezza con intervento sulle parti
pericolanti, oltre al pieno ed esclusivo utilizzo in
funzione di deposito, integravano, nel loro complesso
manifestazione di un possesso
uti dominus;
tali
attività ben possono essere annoverate come
manifestazioni di possesso utile all’usucapione e in
tal senso occorre rispondere al quesito.
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una parte pericolante, possano costituire
3. In conclusione il ricorso deve essere rigettato con
la condanna della ricorrente, in quanto soccombente, al
pagamento delle spese di questo giudizio di cassazione
liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
System s.r.l. a pagare a Faviere Rosetta, Martino
Romano e Martino Ermanno, quali eredi di Martino
Vincenzo le spese di questo giudizio di cassazione che
liquida in euro 2.500,00 per compensi oltre euro 200,00
per esborsi.
Così deciso in Roma, il 26/9/2013.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la società Sud