Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25243 del 10/11/2020

Cassazione civile sez. II, 10/11/2020, (ud. 11/09/2020, dep. 10/11/2020), n.25243

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21015-2019 proposto da:

E.P., elettivamente domiciliato in Foggia via da Zara n. 3,

presso lo studio dell’avv.to VITTORIO SANNONER, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

e contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 2169/2018 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 20/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

11/09/2020 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. La Corte d’Appello di Bari, con sentenza pubblicata il 20 dicembre 2018, respingeva il ricorso proposto da E.P., cittadino della (OMISSIS), avverso il provvedimento con il quale il Tribunale di Bari aveva rigettato l’opposizione avverso la decisione della competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale che aveva, a sua volta, rigettato la domanda proposta dall’interessato di riconoscimento dello status di rifugiato e di protezione internazionale, escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione complementare (umanitaria).

2. La Corte d’Appello confermava il giudizio di non credibilità del racconto del richiedente che aveva riferito di essere fuggito dalla (OMISSIS) perchè ricercato dalla polizia per aver causato un incidente stradale, alla guida senza patente del veicolo di sua madre, provocando la morte di una donna.

La Corte d’Appello rilevava che la vicenda narrata dal richiedente era priva di riferimenti fattuali credibili, così fortemente contraddittoria da non poter essere ritenuta veritiera.

Inoltre, anche a prescindere dalla non credibilità del racconto alla luce delle stesse dichiarazioni rese dal richiedente doveva escludersi la possibilità di accogliere la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato fondandosi questa sul presupposto del fondato timore di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un gruppo sociale o un’opinione politica. Dal racconto dello stesso appellante non emergeva alcuna violenza subita e ancor meno alcuna forma di persecuzione. La vicenda raccontata, inoltre, non era riconducibile ad alcuna fattispecie in astratto prevista dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b). Non ricorrevano i presupposti neanche della protezione di cui al citato art. 14, successiva lett. c), non risultando dalla consultazione delle fonti ufficiali, che l’area della (OMISSIS) di provenienza del ricorrente fosse soggetta a una violenza generalizzata.

Anche il permesso di soggiorno per motivi umanitari doveva essere negato non risultando allegata, prima ancora che provata, alcuna ragione di debolezza e neanche alcun elemento di integrazione.

3. E.P. ha proposto ricorso per cassazione avverso il suddetto decreto sulla base di tre motivi di ricorso.

4. Il Ministero dell’interno si è costituito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5.

La censura attiene alla non applicazione del principio dell’onere probatorio attenuato nel ritenere non credibile il racconto del richiedente senza attivazione del dovere di cooperazione istruttoria con riferimento alle fonti ufficiali non correttamente valutate da parte della corte d’appello. Il ricorrente riporta numerose fonti internazionali dalle quali emergerebbe, da un lato, il riscontro alle dichiarazioni rese dal richiedente e, dall’altro, la grave situazione di pericolo generalizzato esistente in (OMISSIS).

2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 8 e art. 14, lett. c).

La censura riguarda la ritenuta insussistenza di una minaccia grave alla vita del ricorrente e alla sua situazione di vulnerabilità.

Si richiama nuovamente la condizione del paese di origine caratterizzata dall’esistenza generalizzata di aspri e violenti conflitti di carattere etnico religioso, in continua evoluzione e diffusi in tutto il territorio nazionale. Al fine di escludere la protezione sussidiaria nell’ipotesi sub c) sono necessarie due condizioni, una oggettiva, riguardante l’area di appartenenza o l’intero paese, l’altra soggettiva riguardante la condizione personale. A parere del ricorrente l’esame della situazione oggettiva da parte della Corte d’Appello non sarebbe stato effettuato in modo sufficientemente adeguato. Sarebbe mancato l’esame rigoroso dell’intervento dell’autorità statuale della (OMISSIS) sulla situazione di violenza diffusa a fronte di una incontestata situazione di violenza indiscriminata in diverse aree. In particolare, sarebbe stata omessa la valorizzazione delle risultanze probatorie di cui al rapporto annuale di Amnesty International. Questi stessi elementi avrebbero dovuto essere valorizzati anche in relazione alla situazione di vulnerabilità del richiedente.

3. Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 5, comma 6.

Anche in questo caso il ricorrente lamenta che la Corte d’Appello sia venuta meno ai poteri istruttori ufficiosi non avendo valorizzato le fonti internazionali in relazione all’endemica violenza che caratterizza il (OMISSIS). Sarebbe, quindi, sussistente quella situazione di vulnerabilità in caso di rimpatrio forzoso.

4. I tre motivi di ricorso, che stante la loro evidente connessione possono essere trattati congiuntamente, sono inammissibili.

In particolare, quanto alla valutazione in ordine alla credibilità del racconto del richiedente, essa costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c). Tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito. (Sez. 1, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019, Rv. 652549). Le dichiarazioni rese, peraltro, oltre alla loro inattendibilità, sono state giudicate anche prive di rilevanza ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b).

La critica formulata nei motivi costituisce, dunque, una mera contrapposizione alla valutazione che la Corte d’Appello ha compiuto nel rispetto dei parametri legali e dandone adeguata motivazione, neppure censurata mediante allegazione di fatti decisivi emersi nel corso del giudizio che sarebbero stati ignorati dal giudice di merito.

La Corte d’Appello ha anche motivato, sia in relazione alla situazione soggettiva del ricorrente, sia in ordine alla situazione complessiva della (OMISSIS), sicchè è del tutto evidente che non vi è stata alcuna violazione di legge o omessa motivazione nell’accezione di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5. Ne consegue che la censura si risolve in una richiesta di nuova valutazione dei medesimi fatti. Peraltro, al di là della veridicità del racconto, la vicenda narrata, relativa ad un mero incidente automobilistico, non descrive alcuna forma di persecuzione e, dunque, non rientra in nessuna delle situazioni che consentono il riconoscimento delle forme di protezione internazionale.

Il ricorrente, inoltre, deduce genericamente la violazione di norme di legge, avuto riguardo alla sua vicenda personale ed alla situazione generale del paese di origine, attraverso il richiamo alle disposizioni disattese e tramite una ricostruzione della fattispecie concreta quanto all’insicurezza della (OMISSIS) difforme da quella accertata nel giudizio di merito.

Il potere-dovere di cooperazione istruttoria, correlato all’attenuazione del principio dispositivo quanto alla dimostrazione, e non anche all’allegazione, dei fatti rilevanti, è stato dunque correttamente esercitato con riferimento all’indagine sulle condizioni generali del paese, anche in relazione alla vicenda personale narrata.

In ordine al riconoscimento della protezione umanitaria, il diniego è dipeso dall’accertamento dei fatti da parte del giudice di merito, che ha escluso, alla stregua di quanto considerato nei paragrafi che precedono la stessa allegazione di una situazione di sua particolare vulnerabilità. All’accertamento compiuto dai giudici di merito viene inammissibilmente contrapposta una diversa interpretazione delle risultanze di causa.

5. In conclusione il ricorso è inammissibile. Nulla sulle spese non avendo svolto attività difensiva il Ministero intimato.

6. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso;

ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda civile, il 11 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2020

 

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