Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25242 del 10/11/2020

Cassazione civile sez. II, 10/11/2020, (ud. 11/09/2020, dep. 10/11/2020), n.25242

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24113-2019 proposto da:

S.M., rappresentato e difeso dall’avvocato NICOLETTA MARIA

MAURO, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– resistente –

avverso il decreto di rigetto n. 2801/2019 del TRIBUNALE di LECCE,

depositato il 19/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

11/09/2020 dal Consigliere Dott. ROSSANA GIANNACCARI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto del 19.6.2019, il Tribunale di Lecce rigettò il ricorso di S.M., cittadino del (OMISSIS), avverso la decisione della Commissione Territoriale di Lecce di diniego della domanda di protezione internazionale nella forma del riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e del diritto di rilascio del permesso umanitario per motivi umanitari.

1.1. Il ricorrente, in sede di audizione, aveva dichiarato di appartenere al gruppo etnico (OMISSIS) e di aver lasciato il proprio paese di origine dopo che il fratello era stato ucciso mentre lavorava nei campi per via di una lite inerente l’abitazione condotta in locazione; temeva di rientrare a causa delle tensioni con i proprietari dell’abitazione locata.

1.2. Il Tribunale, per quel che rileva in sede di legittimità, ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b) ritenne scarsamente attendibili le dichiarazioni perchè prive di coerenza interna ed osservò che il ricorrente non aveva mai ricevuto minacce dirette. Disattese la richiesta di protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. ) ed il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari.

2.Per la cassazione del decreto ha proposto ricorso S.M. sulla base di un unico motivo.

2.1. Il Ministero dell’interno non ha svolto attività difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Con l’unico motivo di ricorso si deduce la violazione del D.Lgs. 25 del 2008, art. 8, comma 2 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 perchè la decisione non sarebbe stata assunta su base individuale, tenendo conto della situazione personale del ricorrente ma con motivazione standard, adottata nei riguardi dei ricorrenti di nazionalità pachistana, con la tecnica del copia-incolla.

1.1 Il motivo è inammissibile.

1.1. Il ricorrente censura genericamente ed apoditticamente la decisione del Tribunale, senza spiegare le ragioni su cui si basa la doglianza con riferimento al caso concreto.

1.2. Il Tribunale, in modo sintetico, ha spiegato le ragioni relative all’assenza di credibilità ed ha soprattutto rilevato come, in relazione ad un fatto peraltro avente natura privata e familiare, il ricorrente non avesse subito minacce. Egli aveva infatti dichiarato di aver lasciato il proprio paese di origine dopo che il fratello era stato ucciso mentre lavorava nei campi per via di una lite inerente l’abitazione condotta in locazione; il suo timore di rientrare nel paese di origine a causa delle tensioni con i proprietari dell’abitazione locata non aveva trovato la sua ragion d’essere in minacce o denunce. L’infondatezza della domanda era stata valutata anche in relazione alla protezione umanitaria, per l’assenza di una condizione di vulnerabilità, in comparazione con le condizioni di vita del paese di provenienza.

1.3. Ai fini del rigetto della domanda, il Tribunale non si è limitato ad affermare l’insussistenza dei presupposti per l’applicazione delle predette misure, ma ha escluso la stessa credibilità dei fatti narrati, evidenziando la genericità e l’incongruenza del racconto, nonchè la mancata dimostrazione da parte del ricorrente di aver vanamente richiesto la protezione dell’autorità di polizia. Tale apprezzamento, sindacabile in sede di legittimità esclusivamente ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, per omesso esame di un fatto decisivo che abbia costituito oggetto del dibattito processuale, ovvero ai sensi dell’art. 132 c.p.c., comma 2, per difetto assoluto, mera apparenza, perplessità o incomprensibilità della motivazione (cfr. Cass., Sez. I, 7/08/2019, n. 21142; 5/02/ 2019, n. 3340), non risulta validamente censurato, essendosi il ricorrente limitato a lamentare l’inosservanza del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 2 senza neppure precisare il modo in cui il Tribunale se ne sarebbe discostato.

1.3. A fronte delle argomentazioni addotte dal Tribunale, la doglianza si limita quindi ad addurre generiche ed infondate contestazioni senza indicare le affermazioni in diritto contenute nel decreto che si assumono in contrasto con le norme regolatrici citate, con ciò contravvenendo all’onere, gravante su parte ricorrente, di formulare motivi aventi i caratteri della specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata (Cass. civ., Sez. III, n. 15604 del 12/07/2007; Cass. civ., Sez. III, n. 13066 del 05/06/2007).

2. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.

2.1. Non deve provvedersi sulle spese non avendo il Ministero dell’interno svolto attività difensiva.

3. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte di cassazione, il 11 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2020

 

 

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