Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25241 del 09/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 09/10/2019, (ud. 08/05/2019, dep. 09/10/2019), n.25241

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17395-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE, (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

GIUSEPPE FERRARI 35, presso lo studio dell’avvocato ANTONINO

SPINOSO, rappresentata e difesa dall’avvocato CARLO DALL’ASTA;

– ricorrente –

Contro

D.D.E.;

-intimato –

avverso la sentenza n. 949/2017 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 30/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’08/05/2019 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCA

SPENA.

Fatto

RILEVATO

che con sentenza in data 30 novembre 2017 numero 949 la Corte d’Appello di L’AQUILA confermava la sentenza del Tribunale di Chieti, che aveva accolto l’opposizione proposta da D.D.E. nei confronti di EQUITALIA CENTRO S.p.A., poi EQUITALIA SERVIZI DI RISCOSSIONE spa per l’impugnazione della comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria notificata in data 12 maggio 2015, relativa a quattordici cartelle esattoriali per il recupero di crediti previdenziali;

che a fondamento della decisione la Corte territoriale osservava che correttamente la sentenza impugnata aveva accertato la prescrizione quinquennale dei crediti relativi alle cartelle esattoriali presupposte, sopravvenuta alla notifica della cartella di pagamento. Per quanto affermato dalla Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, nell’arresto del 17 novembre 2016 numero 23397 doveva applicarsi il termine quinquennale di prescrizione, nella specie integralmente decorso, pur tenendosi conto della interruzione derivante dalla notifica di una intimazione di pagamento in data 1.3.2010.

che avverso la sentenza ha proposto ricorso AGENZIA DELLE ENTRATE RISCOSSIONE, quale ente subentrante ex lege a titolo universale alle società del gruppo EQUITALIA, articolato in due motivi, cui l’intimato non ha opposto difese;

che la proposta del relatore è stata comunicata alle parti -unitamente al decreto di fissazione dell’udienza – ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che la parte ricorrente ha dedotto:

– con il primo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, – violazione dell’art. 2946 c.c..

Ha assunto che, anche in ipotesi di ritenuta inapplicabilità dell’art. 2953 c.c., il termine di cui all’art. 2946 c.c., troverebbe applicazione in quanto con la trasmissione del ruolo all’Agente della riscossione si determinerebbe un effetto novativo dell’obbligazione posta in riscossione: le singole obbligazioni per contributi, sanzioni, accessori e spese – dovute a separate ragioni di credito – verrebbero inglobate in un unico credito, senza che sia possibile scorporarne le voci; con la conseguenza che la prescrizione non seguirebbe il regime originario dei crediti contributivi portati dal ruolo.

A riscontro della rinnovata natura della obbligazione la parte ricorrente ha indicato vari indici normativi, tra i quali il riferimento ai “debiti della medesima specie” operato al D.P.R. n. 603 del 1972, art. 31, o il richiamo al “credito per cui si procede” contenuto nel D.P.R. n. 602 del 1973, art. 76, comma 2, e art. 77, comma 1.

Ha aggiunto che il D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 39, indica l’Agente della riscossione come autonomo legittimato passivo della impugnazione proposta dal debitore nonchè responsabile in proprio in caso di mancata chiamata dell’ente creditore nelle controversie riguardanti anche il merito della pretesa.

Ha dedotto che una univoca indicazione nel senso dell’applicazione ai crediti esattoriali della prescrizione ordinaria si trarrebbe dal D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 20, a tenore del quale l’ente creditore, dopo il discarico dell’Agente della riscossione per inesigibilità del credito iscritto, può riaffidarlo in riscossione ove individui significativi elementi reddituali e patrimoniali riferibili ai debitori, a condizione che non sia decorso il termine di prescrizione “decennale”. La norma era applicabile alla generalità dei crediti da iscriversi a ruolo e da essa emergeva la individuazione in dieci anni del termine di prescrizione dopo l’affidamento del ruolo all’agente della riscossione. Il legislatore delle leggi esattoriali si era ispirato al criterio dell’adozione di una disciplina uniforme della riscossione a mezzo ruolo e quando aveva inteso limitare l’ambito di applicazione di talune disposizioni alle sole entrate tributarie -ovvero alle imposte sui redditi – lo aveva previsto espressamente. Gli artt. 19 e seguenti, erano tra l’altro contemplati nel capo secondo del D.lgs. n. 112 del 1999, relativo ai principi generali dei diritti e degli obblighi del concessionario ed erano, dunque, applicabili alla generalità dei crediti da iscriversi a ruolo.

Da ultimo la Agenzia ricorrente ha osservato, secondo un criterio di ragionevolezza, che la riscossione era svolta dall’agente in modo unitario, agendo nei confronti del debitore per tutti i carichi iscritti a ruolo, cumulativamente (il credito per cui si procede, secondo il testo del cit. D.P.R. n. 602, artt. 76 e 77). Di qui l’efficacia e l’economicità della azione di riscossione, che evitava la pluralità delle azioni di ciascun ente creditore; sarebbe stato irrazionale pretendere dall’agente di riscossione di frazionare la azione avendo riguardo al regime di prescrizione dei singoli crediti.

Divenuta irretrattabile la pretesa, con la notifica della cartella di pagamento, il termine di prescrizione sarebbe dunque unico, riferibile al diritto alla riscossione, come unica è l’azione affidata all’agente della riscossione.

– con il secondo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, – violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 112, art. 20, e del D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, artt. 17,18,19 e 20. Con il motivo si censura la sentenza impugnata per avere ritenuto che il D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 20, possa applicarsi soltanto alle entrate di natura tributaria assumendosi che la norma prevede una disciplina uniforme, applicabile a tutte le entrate riscosse a mezzo del ruolo.

che ritiene il Collegio si debba dichiarare inammissibile il ricorso a mente dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1;

che, invero, i due motivi, che possono essere trattati congiuntamente per la stretta connessione, non pongono in discussione il principio, enunciato dalle sezioni Unite di questa Corte nell’arresto del 17 novembre 2016 n. 23397, secondo cui la scadenza del termine per proporre opposizione avverso la cartella esattoriale non determina la conversione del termine di prescrizione breve (nella specie quinquennale, L. n. 335 del 1995, ex art. 3, commi 9 e 10), in termine decennale, secondo il regime dell’art. 2953 c.c.; si assume, piuttosto, che lo stesso effetto derivi dalla novazione della obbligazione prodotta dalla iscrizione a ruolo, in ragione della disciplina prevista dal D.P.R. n. 602 del 1973.

L’assunto non è condivisibile.

Questa Corte si è già pronunciata in relazione ad analoghi ricorsi proposti dalla medesima Agenzia con ordinanze del 4.12.2018 n. 31352 e 6.12.2018 n. 31658 e successivamente con ordinanze numeri 6888, 10025, 10595, 10796, 10797 del 2019; il ricorso non offre elementi per la rimeditazione dei principi ivi espressi.

Non si individuano, in primo luogo, tratti di novità nella disciplina del credito iscritto a ruolo tali da far ritenere la estinzione del credito originario e la costituzione di un nuovo credito avente titolo nel ruolo.

Il legislatore individua i crediti per cui si procede come “credito” iscritto a ruolo a meri fini descrittivi, che non attestano alcun effetto giuridico.

Il preteso effetto di novazione “ex lege” dovrebbe trovare riscontro in una diretta disposizione normativa o, comunque, in una disposizione inequivoca, nella specie carente.

Le deduzioni svolte dalla parte ricorrente, in riferimento alla disciplina del D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 20, comma 6, – nella parte in cui prevede il riaffidamento della riscossione del credito “a condizione che non sia decorso il termine di prescrizione decennale” – non valgono a porre in dubbio quanto già osservato in riferimento alla norma dalle Sezioni Unite di questa Corte nell’arresto n. 23397/2016.

Invero – anche a voler ammettere, come sostiene parte ricorrente, la applicabilità della procedura di discarico alla riscossione dei crediti previdenziali e la sua rilevanza anche esterna ai rapporti tra ente impositore ed agente della riscossione – resterebbe preclusivo il rilievo (cfr. sentenza citata, in motivazione, punto 19.6 e 19.7) che la norma fa riferimento al termine di prescrizione decennale, con espressione ellittica, unicamente in quanto trattasi del termine che si applica ordinariamente per la riscossione delle imposte, senza alcun possibile riferimento all’art. 2953 c.c., ed, a maggior ragione, ad un effetto novativo derivante dalla iscrizione a ruolo dei crediti (fiscali e previdenziali).

Da ultimo, l’effetto di novazione della obbligazione previdenziale non può farsi discendere dai principi di efficienza ed economicità della azione amministrativa, perchè tali principi si prestano, all’opposto, a sorreggere la ratio acceleratoria sottesa alla fissazione del termine breve di prescrizione oltre che alla generalizzazione per i crediti degli enti pubblici previdenziali del regime della riscossione mediante ruolo;

che, pertanto, essendo condivisibile la proposta del relatore, il ricorso deve essere respinto con ordinanza in camera di consiglio, ex art. 375 c.p.c.;

che non vi è luogo a refusione delle spese per la mancata costituzione della parte intimata;

che, trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, (che ha aggiunto il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater), – della sussistenza dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la impugnazione integralmente rigettata.

PQM

La Corte dichiara la inammissibilità del ricorso. Nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 8 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 ottobre 2019

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