Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25241 del 08/11/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 25241 Anno 2013
Presidente: ROVELLI LUIGI ANTONIO
Relatore: SAN GIORGIO MARIA ROSARIA

SENTENZA
sul ricorso 24788-2012 proposto da:
VALENTINI

SAURO

VLNSRA48C31C339C,

elettivamente

domiciliato in ROMA, PIAZZA DEI GERANI 6, presso lo
studio dell’avvocato DIEGO MARRA, rappresentato e
difeso dagli avvocati ZAULI MENOTTO, ZAULI CARLO;
– ricorrente contro

2013
1099

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA 8018440587, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e
difende;

Data pubblicazione: 08/11/2013

- controricorrente

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ANCONA,
depositatOil 21/05/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 18/04/2013 dal Consigliere Dott. MARIA

udito l’Avvocato Diego MARRA, con delega depositata
in udienza dell’Avvocato ZAULI Carla, difensore del
ricorrente che ha chiesto accoglimento del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

ROSARIA SAN GIORGIO;

LI

Svolgimento del processo
Sauro Valentini ha impugnato per cassazione – deducendo sei
motivi di censura, illustrati con memoria -, nei confronti del
Ministero della giustizia, il decreto, depositato in data 21
maggio 2012, con il quale la Corte d’appello di Ancona,

l’equa riparazione dei danni non patrimoniali ai sensi della L. 24
marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 1, in contumacia del Ministero
della giustizia, aveva condannato quest’ultimo a pagare al
ricorrente la somma di Euro 2000,00, a titolo di equa riparazione,
oltre gli interessi dalla pronuncia al saldo, condannandolo
altresì alle spese, previa compensazione per la metà.
In particolare, la domanda di equa riparazione per
l’irragionevole durata del processo presupposto era fondata sui
seguenti fatti: a) l’odierno ricorrente aveva promosso causa di
risarcimento di danni dinanzi al Tribunale di Forlì; b) il
Tribunale adito aveva pronunciato sentenza impugnata innanzi alla
Corte d’appello di Bologna, che aveva definito il giudizio con
sentenza depositata il 28 marzo 2011.
Avendo il ricorrente limitato la sua richiesta di riparazione
ai danni causati dalla eccessiva durata del processo presupposto
nel secondo grado, la Corte di merito, dopo aver precisato che il
giudizio non presentava profili di particolare complessità, ed
avere rilevato che la durata complessiva dello stesso era stata
pari ad anni quattro e mesi sette (dall’agosto 2006 al 28 marzo
2011), aveva determinato il periodo eccedente la ragionevole

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pronunciando sul ricorso dello stesso Valentini, volto ad ottenere

durata in due anni e sette mesi, giudicando congruo il periodo di
due anni per la definizione del grado dà appello. Il giudice di
merito aveva, poi, compensato per un mezzo le spese di lite
(ponendole per il residuo cinquanta per cento a carico
dell’Amministrazione soccombente), in considerazione del

chiesto la somma di euro 6875,00, o, in via gradata, di euro
3875,00 o infine di euro 1250,00 per ogni anno di durata eccessiva
del processo presupposto.
Motivi della decisione
Il Collegio, all’esito della odierna Camera di consiglio, ha
deliberato di adottare la motivazione semplificata.
Con i motivi di censura, il ricorrente sottopone a critica il
decreto impugnato, sostenendo che il giudice di merito: a) ha
considerato, ai fini dell’equa riparazione, il solo periodo
eccedente la ragionevole durata del processo presupposto, anziché
l’intera durata di esso (primo motivo); b) ha liquidato un
indennizzo inferiore ai parametri utilizzati dalla Corte EDU,
facendo inoltre illegittimamente decorrere gli interessi dalla
data della deliberazione del decreto, anziché da quella della
proposizione della domanda (secondo, terzo, quarto motivo; c) ha
disposto illegittimamente la compensazione delle spese per la metà
(quinto e sesto motivo).
La censura sub a) è infondata.
Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, in tema
di diritto ad un’equa riparazione in caso di violazione del

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ridimensionamento nel quantum della domanda, avendo il ricorrente

termine di durata ragionevole del processo, ai sensi della L. 24
marzo 2001, n. 89, l’indennizzo non deve essere correlato alla
durata dell’intero processo, bensì solo al segmento temporale
eccedente la durata ragionevole della vicenda processuale
presupposta, che risulti in punto di fatto ingiustificato o

detta legge, conformemente al principio enunciato dall’art. 111
Cost., che prevede che il giusto processo abbia comunque una
durata connaturata alle sue caratteristiche concrete e peculiari,
seppure contenuta entro il limite della ragionevolezza. Questo
parametro di calcolo, che non tiene conto del periodo di durata
ordinario e ragionevole, non esclude la complessiva attitudine
della L. n. 89 del 2001, a garantire un serio ristoro per la
lesione del diritto in questione, come riconosciuto dalla stessa
Corte europea nella sentenza 27 marzo 2003, resa sul ricorso n,
36813/97, e non si pone, quindi, in contrasto con l’art. 6, par.
1, della Convezione europea dei diritti dell’uomo” (Sez. 1^,
Ordinanza n. 3716 del 14/02/2008, 13 gennaio 2011, n. 727). Nè
rileva il contrario orientamento della giurisprudenza della Corte
europea dei diritti dell’uomo, poiché il giudice nazionale è
tenuto ad applicare le norme dello Stato e, quindi, il disposto
dell’art. 2, comma 3, lett. a) della citata legge; non può,
infatti, ravvisarsi un obbligo di diretta applicazione dei criteri
di determinazione della riparazione della Corte europea dei
diritti dell’uomo, attraverso una disapplicazione della norma
nazionale, avendo la Corte costituzionale chiarito, con le

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irragionevole, in base a quanto stabilito dall’art. 2, comma 3, di

sentenze n. 348 e n. 349 del 2007, che la Convenzione europea dei
diritti dell’uomo non crea un ordinamento giuridico sopranazionale
e non produce quindi norme direttamente applicabili negli Stati
contraenti, essendo piuttosto configurabile come trattato
internazionale multilaterale, da cui derivano obblighi per gli

giuridico italiano in un sistema più vasto, dai cui organi
deliberativi possano promanare norme vincolanti,

=Isso medio, per

tutte le autorità interne (v., per tutte, Cass., sent. n. 9258 del
2011);
Anche le censure sub b) sono infondate.
Secondo il costante orientamento di questa Corte, sussistendo
il diritto all’equa riparazione per il danno non patrimoniale di
cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2, si considera equo, in linea di
massima, l’indennizzo di Euro 750,00 per ciascuno dei primi
tre anni di irragionevole durata e di Euro 1.000,00 per ciascuno
dei successivi anni. Pertanto, il giudice di merito, avendo
indicato in due anni e sette mesi il periodo di durata del
processo eccedente quella ragionevole, ha complessivamente in modo
corretto liquidato la somma di euro 2000,00.
Quanto alla questione degli interessi su detta somma, l’equa
riparazione è stata determinata dalla Corte d’appello con
liquidazione espressamente effettuata all’attualità, sicché
l’importo riconosciuto è da ritenere comprensivo degli interessi
maturati dalla domanda al momento del decreto (v. Cass., sent. n.
29312 del 2012).

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Stati contraenti, ma non l’incorporazione dell’ordinamento

Fondata è invece la censura sub c). Ed infatti, in ordine alla
disposta compensazione per un mezzo delle spese di lite,
giustificata con il riferimento al ridimensionamento della
domanda, deve ribadirsi quanto questa Corte ha già in precedenza
statuito (tra le tante, Cass., Sez. I, 15 marzo 2010, n. 6193), e

ragionevole durata del processo, proposti ai sensi della legge n.
89 del 2001, non si sottraggono in tema di spese processuali alla
disciplina dell’art. 91 e segg. cod. proc. civ., con la
conseguente applicabilità del principio della soccombenza e della
compensabilità delle spese in presenza di giusti motivi, sulla
base di congrua motivazione.
Nella specie, il decreto della Corte territoriale dà un
rilievo eccessivo al discostamento tra quanto liquidato dal
giudice (euro 2.000,00) e quanto domandato dalla parte (da 6875,00
a euro 3875,00 in via subordinata, ovvero 1250,00 per ogni anno in
eccesso), senza considerare che detto discostamento non è nella
specie eccessivo e non è indice di una richiesta del tutto
scollegata dai parametri di quantificazione del danno non
patrimoniale invalsi nella giurisprudenza della Corte europea dei
diritti dell’uomo e della Corte di cassazione.
Il decreto impugnato deve essere pertanto cassato in
riferimento alla statuizione concernente la compensazione per un
mezzo delle spese del giudizio di merito, e, non essendo necessari
ulteriori accertamenti in fatto, questa Corte può decidere nel

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cioè che i giudizi di equa riparazione per violazione della

merito, ponendo dette spese per due terzi a carico del Ministero,
compensandole per la parte residua.
Infine, le spese del presente grado di giudizio seguono la
soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.

decreto limitatamente alla statuizione relativa alla compensazione
tra le parti per un mezzo delle spese del giudizio di merito, che
pone, invece, a carico del Ministero della Giustizia per due
terzi, compensandole per la parte residua. Condanna il Ministero
della Giustizia al pagamento delle spese del giudizio di
legittimità, che liquida in complessivi Euro 505,75, oltre agli
accessori come per legge. Le spese devono essere distratte in
favore dell’Avv. Carlo Zauli, che se ne è dichiarato antistatario.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta
Sezione Civile, il 18 aprile 2013.

La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione. Cassa il

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