Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25239 del 10/11/2020

Cassazione civile sez. II, 10/11/2020, (ud. 21/07/2020, dep. 10/11/2020), n.25239

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23757-2019 proposto da:

S.J., ammesso al patrocinio a favore dello Stato ed

elettivamente domiciliato in Roma, viale Angelico 38, presso lo

studio dell’avv. Marco Lanzilao, che lo rappresenta e lo difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 5861/2019 del Tribunale di Milano pubblicata

il 7/7/2019;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/07/2020 dal Consigliere Annamaria Casadonte.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– il presente giudizio di legittimità trae origine dal ricorso che il sig. S.J., cittadino (OMISSIS), ha presentato avverso il provvedimento di diniego reso dalla commissione territoriale competente per il riconoscimento della protezione internazionale;

– il ricorrente ha impugnato il predetto rigetto chiedendo al tribunale di Milano di riconoscere la protezione internazionale, quella sussidiaria e la protezione umanitaria;

– a sostegno della domanda egli ha dichiarato di provenire da una famiglia (OMISSIS) e di aver lasciato il (OMISSIS) dopo la sua conversione religiosa perchè teme, in caso di rimpatrio, di essere ucciso dai terroristi a causa della sua conversione alla corrente religiosa (OMISSIS);

– il tribunale di Milano ha negato il riconoscimento della protezione internazionale e di quella umanitaria, non ritenendo credibile la vicenda personale narrata dal richiedente;

– la cassazione del provvedimento è chiesta con ricorso tempestivamente notificato il 06.08.2019 ed affidato a cinque motivi.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo di ricorso si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, il mancato rispetto della previsione di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 8 e ss., che rende obbligatoria l’audizione del ricorrente in assenza della disponibilità della videoregistrazione;

– secondo il ricorrente, il tribunale sarebbe incorso in errore laddove ha interrotto la propria indagine sulla sussistenza delle condizioni per la concessione della protezione internazionale ritenendo non attendibili le dichiarazioni rese dal ricorrente alla commissione ma ciò in assenza di specifica e puntuale audizione dello stesso sui pretesi punti di criticità emersi durante il corso dell’audizione dinnanzi alla commissione territoriale;

– il motivo è infondato;

– è necessario precisare che l’onere di fissazione dell’udienza e l’audizione del ricorrente devono essere tenuti su due piani distinti poichè il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis prevede come automatica in caso di assenza di videoregistrazione del colloquio svolto dalla Commissione Territoriale la fissazione dell’udienza di comparizione delle parti dovendosi procedere ad ulteriori precisazioni con riguardo all’audizione del ricorrente;

– nel caso di specie, l’udienza è stata fissata e la parte è comparsa ma non si è proceduto all’audizione perchè come precisato nella motivazione del decreto impugnato, a fronte della esaustività degli elementi raccolti durante il colloquio davanti alla commissione, la stessa difesa ha richiamato la vicenda personale negli esatti termini e non ha introdotto ulteriori temi di indagine nè ha allegato fatti nuovi;

– tale iter procedimentale è coerente con i principi affermati in materia atteso che è orientamento di questa Corte (cfr. Cass. n. 17717/2018; Cass. 27073/2019) e della giurisprudenza sovranazionale (cfr. Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sentenza 26 luglio 2017 C-348/16, Moussa Sacko vs Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Milano), tenuto conto del disposto normativo del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 11, che in caso di indisponibilità della videoregistrazione dell’audizione avanti alla commissione territoriale vada fissata l’udienza di comparizione ma che, tuttavia, non vi è automatismo tra la fissazione dell’udienza e la rinnovazione dell’audizione del richiedente, ove non sia stata fatta specifica richiesta dell’interessato sulla quale il giudice si sia pronunciato (lett.b), ovvero siano stati allegati elementi di fatto non dedotti nel corso della procedura amministrativa (lett. c);

– nel caso di specie, nessuna censura può essere opposta al giudice del merito, il quale ha opportunamente chiarito le ragioni per le quali, fissata e tenuta l’udienza del 18/4/2019 alla quale la parte è personalmente comparsa, ha ritenuto di non dover procedere all’interrogatorio libero dello stesso argomentando che la raccolta dei fatti rilevanti per l’esame della domanda di protezione internazionale è completa e che la difesa non ha introdotto ulteriori temi di indagine nè ha allegato fatti nuovi (cfr. pag. 3 del decreto impugnato);

– con il secondo motivo di ricorso si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, l’omesso/errato esame delle dichiarazioni rese dal ricorrente alla commissione territoriale e delle allegazioni documentali portate in giudizio per la valutazione della condizione personale del ricorrente;

– ad avviso del ricorrente, il presupposto di non credibilità del richiedente la protezione poggia su un’erronea valutazione della documentazione e il tribunale non ha sollevato alcuna contestazione a quanto allegato;

– il motivo è infondato;

– è orientamento di questa Corte (cfr. Cass. n. 21142/2019) che in materia di protezione internazionale, il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, obbliga il giudice a sottoporre le dichiarazioni del richiedente, ove non suffragate da prove, non soltanto ad un controllo di coerenza interna ed esterna ma anche ad una verifica di credibilità razionale della concreta vicenda narrata a fondamento della domanda, verifica sottratta al controllo di legittimità al di fuori dei limiti di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5;

– nel caso di specie, il tribunale ha applicato il principio di diritto sopra richiamato e ha rigettato la domanda di protezione all’esito dell’esame complessivo delle dichiarazioni del richiedente (cfr. pagg. 4 e 5 del decreto) e delle specifiche ragioni per le quali ritiene le vicende sconnesse e non individualizzate;

– in altri termini, il tribunale ha ritenuto che il richiedente abbia riferito conoscenze acquisite ma sconnesse rispetto alla scelta di vita individuale e che, pertanto, il racconto sia privo di coerenza interna;

– in tale contesto ha precisato le ragioni di dubbio sulla documentazione allegata, in quanto priva di data di rilascio, dubbi rappresentati già in sede di audizione avanti alla commissione e non chiariti dal richiedente, con la conseguenza che non appare illegittima la valutazione della credibilità operata dal tribunale, finendo la censura per attingere l’esito della stessa;

– con il terzo motivo di ricorso si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 omessa applicazione dell’art. 10 Cost. e motivazione apparente e contraddittoria;

– secondo il ricorrente, la decisione oggetto del presente ricorso è da censurare perchè palesemente contraddittoria, laddove il tribunale ha prima sostenuto che la zona di provenienza del ricorrente, (OMISSIS), è caratterizzata da una forte instabilità e poi ha affermato che il ricorrente non correrebbe alcun rischio ove rientrasse specificatamente in quella zona, così giustificando il diniego della protezione sussidiaria;

– il motivo è infondato;

– secondo un consolidato orientamento, (cfr. Cass.18306/2019, id.13858/2018), ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, il grado di violenza indiscriminata deve aver raggiunto un livello talmente elevato da far ritenere che un civile, se rinviato nel paese o nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire detta minaccia;

-ciò premesso, il giudice del merito ha motivato il rigetto della protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), sulla scorta delle fonti informative specificamente indicate (cfr. pag. 7 del decreto), asserendo che nella specifica zona di provenienza del ricorrente, il (OMISSIS), sebbene vi sia una forte instabilità, non è, tuttavia, presente un conflitto armato interno, applicando coerentemente il principio di diritto sopra richiamato e nessuna contraddizione è fondatamente ravvisabile;

– con il quarto motivo di ricorso si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 4,5,6 e 14 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 per difetto di motivazione e travisamento dei fatti;

-il ricorrente lamenta l’assoluta assenza di istruttoria in merito alle condizioni socio-economiche del (OMISSIS), paese d’origine del ricorrente, unitamente alle sue condizioni personali e quindi a quella comparazione dovuta tra la qualità di vita raggiunta nel nostro Paese e quella in cui ripiomberebbe in caso di rimpatrio;

– il motivo è inammissibile per mancanza di specifica allegazione;

– in tema di protezione internazionale, ai fini della dimostrazione della violazione del dovere di collaborazione istruttoria gravante sul giudice di merito, non può procedersi alla mera prospettazione, in termini generici, di una situazione complessiva del Paese di origine del richiedente diversa da quella ricostruita dal giudice, sia pure sulla base del riferimento a fonti internazionali alternative o successive a quelle utilizzate dal giudice e risultanti dal provvedimento decisorio, ma occorre che la censura dia atto in modo specifico degli elementi di fatto idonei a dimostrare che il giudice di merito abbia deciso sulla base di informazioni non più attuali, dovendo la censura contenere precisi richiami, anche testuali, alle fonti alternative o successive proposte, in modo da consentire alla S.C. l’effettiva verifica circa la violazione del dovere di collaborazione istruttoria (cfr. Cass. 26728/2019; id.13449/2019;id. 4037/2020);

– la censura è, da questo punto di vista, del tutto carente e pertanto inammissibile ai sensi dell’art. 366 c.p.c.;

– con il quinto motivo di ricorso si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, l’omessa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, nonchè D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19 e, ancora, omessa applicazione dell’art. 10 Cost., omesso esame delle condizioni personali per l’applicabilità della protezione umanitaria e della necessaria comparazione tra la condizione raggiunta in Italia e quella del paese di provenienza, omesso esame delle fonti relativamente alle condizioni socio/economiche del paese di provenienza;

-il motivo è infondato;

– il giudice del merito ha analizzato la storia personale del ricorrente attraverso una valutazione comparativa tra la sua situazione in Italia e nel paese di provenienza (cfr. pag. 9 del decreto impugnato), e nessuna omissione può essere censurata, sotto questo punto di vista, poichè egli ha provveduto a rigettare la domanda evidenziando, da un lato, la presenza in patria dei familiari del ricorrente e la possibilità di reinserimento lavorativo, e, dall’altro, l’assenza di radicamento nel territorio italiano;

– atteso l’esito sfavorevole di tutti i motivi, il ricorso va respinto;

-nulla va disposto sulle spese atteso il mancato svolgimento di attività difensiva da parte dell’intimato Ministero;

– ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione Seconda civile, il 21 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2020

 

 

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