Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25233 del 09/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 09/10/2019, (ud. 08/05/2019, dep. 09/10/2019), n.25233

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27347-2017 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

MONTE SANTO 25, presso lo studio dell’avvocato VALENTINA ARRUZZO,

rappresentata e difesa dall’avvocato GIANFRANCO CHIARELLI;

– ricorrente –

e contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario

della SOCIETA’ DI CARTOLARIZZAZIONE DEI CREDITI INPS – SCCI SPA,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli

avvocati ANTONINO SGROI, CARLA D’ALOISIO, ESTER ADA VITA SCIPLINO,

LELIO MARITATO, EMANUELE DE ROSE, GIUSEPPE MATANO;

– resistente –

e contro

M.F.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1500/2017 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 23/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’08/05/2019 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCA

SPENA.

Fatto

RILEVATO

che con sentenza in data 15-23 maggio 2017 numero 1500 la Corte d’Appello di Lecce confermava la sentenza del Tribunale di Brindisi, che aveva parzialmente accolto l’opposizione proposta da M.F.A. nei confronti di EQUITALIA SUD S.p.A., dell’INPS e della Società di Cartolarizzazione dei crediti INPS (in prosieguo: SCCI) spa avverso la intimazione di pagamento per il recupero di crediti previdenziali notificata in data 22 agosto 2012 -(numero: (OMISSIS) per complessivi Euro 3530,37)- relativa alla cartella esattoriale notificata il 14 luglio 2004 (n. (OMISSIS));

che a fondamento della decisione la Corte territoriale osservava che essere incontestata la regolare notifica della cartella esattoriale e che tuttavia, con la opposizione alla esecuzione ex art. 615 c.p.c., potevano farsi valere fatti estintivi successivi alla notificazione della cartella, come la prescrizione dei crediti.

Nella fattispecie di causa la opposizione era diretta ad accertare le estinzione del credito per prescrizione sopravvenuta alla notifica della cartella di pagamento e doveva qualificarsi come opposizione alla esecuzione, proponibile fino all’esaurimento della procedura esecutiva. Per quanto affermato dalla Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, nell’arresto del 17 novembre 2016 numero 23397 doveva applicarsi il termine quinquennale di prescrizione, nella specie integralmente decorso tra la data di notifica della cartella e l’invio della intimazione impugnata.

che avverso la sentenza ha proposto ricorso la AGENZIA DELLE ENTRATE RISCOSSIONE, quale ente subentrante ex lege a titolo universale alle società del gruppo EQUITALIA, articolato in due motivi; M.F.A. è rimasto intimato; l’INPS, anche quale mandatario di SCCI spa, ha depositato procura alle liti;

che la proposta del relatore è stata comunicata alle parti -unitamente al decreto di fissazione dell’udienza – ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che la parte ricorrente ha dedotto:

– con il primo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 -violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 5, e dell’art. 615 c.p.c., censurando la sentenza per avere ritenuto l’opposizione ammissibile – benchè pacificamente proposta dopo la scadenza del termine perentorio di cui al D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 5, decorrente dalla notifica della intimazione di pagamento (notifica del 22 agosto 2012; ricorso del 26.10.2012) -erroneamente qualificando la azione come opposizione alla esecuzione. Ha assunto che la intimazione di pagamento per fare valore la prescrizione maturata in epoca successiva alla notifica della cartella esattoriale avrebbe dovuto essere opposta nel termine di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 24;

– con il secondo motivo – ai sensi dell’art. 360 C.P.C., n. 3 – violazione degli artt. 2953 e 2946 c.c., della L. n. 335 del 1995, art. 3, del D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 20, del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 49.

Il motivo afferisce alla individuazione del termine di prescrizione applicabile.

La parte ricorrente ha assunto che per effetto della definitività della cartella esattoriale ciò che può prescriversi non è più il diritto alla contribuzione ma soltanto la azione esecutiva, riguardo alla quale trova applicazione il termine di prescrizione ordinarlo.

In ogni caso ha dedotto che, anche in ipotesi di ritenuta inapplicabilità dell’art. 2953 c.c., il termine ordinario di cui all’art. 2946 c.c. troverebbe applicazione in quanto con la trasmissione del ruolo all’Agente della riscossione si determinerebbe un effetto novativo dell’obbligazione posta in riscossione: le singole obbligazioni per contributi, sanzioni, accessori e spese – dovute a separate ragioni di credito – verrebbero inglobate in un unico credito, senza che sia possibile scorporarne le voci; con la conseguenza che la prescrizione non seguirebbe il regime originario dei crediti contributivi portati dal ruolo.

A riscontro della rinnovata natura della obbligazione la parte ricorrente ha indicato vari indici normativi, tra i quali il riferimento ai “debiti della medesima specie” operato al D.P.R. n. 603 del 1972, art. 31, o il richiamo al “credito per cui si procede” contenuto nel D.P.R. n. 602 del 1973, art. 76, comma 2, e art. 77, comma 1.

Ha aggiunto che il D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 39, indica l’Agente della riscossione come autonomo legittimato passivo della impugnazione proposta dal debitore nonchè responsabile in proprio in caso di mancata chiamata dell’ente creditore nelle controversie riguardanti anche il merito della pretesa.

Ha argomentato che una univoca indicazione nel senso dell’applicazione ai crediti esattoriali della prescrizione ordinaria si trarrebbe dal D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 20, a tenore del quale l’ente creditore, dopo il discarico dell’Agente della riscossione per la inesigibilità del credito iscritto, può riaffidarlo in riscossione ove individui significativi elementi reddituali e patrimoniali riferibili ai debitori, a condizione che non sia decorso il termine di prescrizione “decennale”. Dalla norma emergeva la individuazione in dieci anni del termine di prescrizione dopo affidamento del ruolo all’agente della riscossione; essa era applicabile alla generalità dei crediti da iscriversi a ruolo, in quanto il legislatore delle leggi esattoriali si era ispirato al criterio dell’adozione di una disciplina uniforme della riscossione a mezzo ruolo e quando aveva inteso limitarne l’ambito di applicazione alle sole entrate tributarie -ovvero alle imposte sui redditi- lo aveva previsto espressamente. Gli artt. 19 e seguenti erano, tra l’altro, contemplati nel D.Lgs. n. 112 del 1999, capo 2, relativo ai principi generali dei diritti e degli obblighi del concessionario.

Da ultimo la Agenzia ricorrente ha osservato, secondo un criterio di ragionevolezza, che la riscossione era svolta dalli agente in modo unitario per tutti i carichi iscritti a ruolo, cumulativamente (il credito per cui si procede, secondo il testo del citato D.P.R. n. 602, art. 76 e 77). Di qui l’efficacia e l’economicità della azione di riscossione, che evitava la pluralità delle azioni di ciascun ente creditore; sarebbe stato irrazionale pretendere dall’agente di riscossione di frazionare la azione avendo riguardo al regime di prescrizione dei singoli crediti.

Divenuta irretrattabile la pretesa, con la notifica della cartella di pagamento, il termine di prescrizione sarebbe dunque unico, riferibile al diritto alla riscossione, come unica è l’azione affidata all’agente della riscossione.

che ritiene il Collegio si debba rigettare il ricorso;

che, invero:

il primo motivo è infondato avendo correttamente la Corte di appello considerato l’opposizione proposta avverso l’intimazione di pagamento per fare valore la prescrizione del credito maturata successivamente alla notifica della cartella esattoriale una opposizione all’esecuzione, ex art. 615 c.c., per la quale non è previsto alcun termine di decadenza; ed infatti, essendo stato eccepito un fatto estintivo intervenuto dopo la definitività dei titolo esecutivo, ciò che è stato contestato è il diritto sostanziale del creditore a conseguire coattivamente la prestazione rimasta inadempiuta (Cass. sez. VI, 12 giugno 2018 n. 15223);

Le censure svolte con il secondo motivo sono parimenti infondate. Deve in questa sede ribadirsi il principio, enunciato dalle Sezioni Unite di questa Corte nell’arresto del 17 novembre 2016 n. 23397, secondo cui la scadenza del termine per proporre opposizione avverso la cartella esattoriale non determina la conversione del termine di prescrizione breve (nella specie quinquennale, L. n. 335 del 1995, ex art. 3, commi 9 e 10,) in termine decennale secondo il regime dell’art. 2953 c.c..

Nè può ritenersi che lo stesso effetto derivi dalla novazione della obbligazione prodotta dalla iscrizione a ruolo, in ragione della disciplina prevista dal D.P.R. n. 602 del 1973.

L’assunto non è condivisibile.

Questa Corte si è già pronunciata in relazione ad analoghi ricorsi proposti dalla medesima Agenzia con ordinanze del 4.12.2018 n. 31352 e 6.12.2018 n. 31658; ai principi ivi espressi si intende assicurare continuità in questa sede.

Non si individuano, in primo luogo, tratti di novità nella disciplina del credito iscritto a ruolo tali da far ritenere la estinzione del credito originario e la costituzione di un nuovo credito avente titolo nel ruolo.

Il legislatore individua i crediti per cui si procede come “credito” iscritto a ruolo a meri fini descrittivi, che non attestano alcun effetto giuridico.

Il preteso effetto di novazione “ex lege” dovrebbe trovare riscontro in una diretta disposizione normativa o, comunque, in una disposizione inequivoca, nella specie carente.

Le deduzioni svolte dalla parte ricorrente, in riferimento alla disciplina del D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 20 comma 6 – nella parte in cui prevede il riaffidamento della riscossione del credito “a condizione che non sia decorso il termine di prescrizione decennale” – non valgono a porre in dubbio quanto già osservato in riferimento alla norma dalle Sezioni Unite di questa Corte nell’arresto n. 23397/2016.

Invero – anche a voler ammettere, come sostiene parte ricorrente, la applicabilità della procedura di discarico alla riscossione dei crediti previdenziali e la sua rilevanza anche esterna ai rapporti tra ente impositore ed agente della riscossione – resterebbe preclusivo il rilievo (cfr. sentenza citata, in motivazione, punto 19.6 e 19.7) che la norma fa riferimento al termine di prescrizione decennale, con espressione ellittica, unicamente in quanto trattasi del termine che si applica ordinariamente per la riscossione delle imposte, senza alcun possibile riferimento all’art. 2913 c.c. ed, a maggior ragione, ad un effetto novativo derivante dalla iscrizione a ruolo dei crediti (fiscali e previdenziali).

Da ultimo, l’effetto di novazione della obbligazione previdenziale non può farsi discendere dai principi di efficienza ed economicità della azione amministrativa, perchè tali principi si prestano, all’opposto, a sorreggere la ratio acceleratoria sottesa alla fissazione del termine breve di prescrizione oltre che alla generalizzazione per i crediti degli enti pubblici previdenziali del regime della riscossione mediante ruolo;

che, pertanto, essendo condivisibile la proposta del relatore, il ricorso deve essere respinto con ordinanza in camera di consiglio, ex art. 375 c.p.c.;

che non vi è luogo alla refusione delle spese, per la mancata costituzione di M.F.A. e la sostanziale assenza di attività difensiva dell’INPS;

che, trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 (che ha aggiunto al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, il comma 1 quater) – della sussistenza dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la impugnazione integralmente rigettata.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 8 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 ottobre 2019

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