Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25232 del 24/10/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 24/10/2017, (ud. 21/09/2017, dep.24/10/2017),  n. 25232

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. DI PAOLA Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 16066/2014 proposto da:

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA,

(OMISSIS), in persona del Ministro pro tempore, UFFICIO SCOLASTICO

REGIONALE PER IL PIEMONTE, in persona del Direttore Generale,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

N.F., V.M., M.G.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE n. 9, presso

lo studio dell’avvocato CARLO RIENZI, che li rappresenta e difende;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1364/2013 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 10/12/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 21/09/2017 dal Consigliere Dott. LUIGI DI PAOLA.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rilevato che:

la sentenza impugnata ha dichiarato inammissibile l’appello, avverso la statuizione del primo giudice, in quanto giudicato tardivo; per la cassazione di tale decisione ha proposto ricorso il Ministero, affidato ad un unico motivo;

i lavoratori hanno resistito con controricorso;

è stata depositata la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio.

Considerato che:

il Collegio ha deliberato di adottare la motivazione semplificata; il Ministero – denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 285 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – assume, in sostanza, che la sentenza di primo grado non può ritenersi notificata ai fini della decorrenza del termine “breve”, in quanto semplicemente inserita all’interno di una istanza, costituendone parte integrante, volta ad ottenere l’accesso alle buste paga dei lavoratori, alla copia dei contratti da essi conclusi e dei certificati di servizio.

Ritenuto che:

con riguardo alla notificazione della sentenza nelle forme di cui all’art. 285 c.p.c. e art. 170 c.p.c., comma 1, che fa decorrere il termine di impugnazione, a norma dell’art. 326 c.p.c., si deve attribuire “incondizionato rilievo alla “scienza legale” collegata, dalle stesse norme del codice di rito, al compimento delle predette formalità di notificazione della sentenza, senza che possa darsi ingresso ad accertamenti sulla funzione che nel caso specifico la notificazione stessa possa avere avuto in relazione all’esito del giudizio ed all’intenzione della parte notificante, giacchè tali accertamenti, oltre a non trovare fondamento in disposizioni di legge, si porrebbero in evidente contrasto con le esigenze di chiarezza e incontestabilità che sussistono in materia di formazione della cosa giudicata per decorrenza dei termini di impugnazione e con l’indisponibilità delle relative situazioni giuridiche” (v. Cass., SU, n. 23829/2007);

la finalità “sollecitatoria” non è stata, nella vicenda in esame, esclusa (come ritenuto, invece, in un caso deciso, con esito opposto, da Cass. n. 4690/2011), emergendo, per converso, dalla sentenza impugnata, che la sentenza di primo grado è stata notificata “a tutti gli effetti di legge”;

il ricorso va pertanto rigettato;

consegue la condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, liquidate come da dispositivo;

non trova applicazione nei confronti delle Amministrazioni dello Stato il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, atteso che le stesse, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo (cfr. Cass. 14/03/2014, n. 5955; Cass. 29/01/2016, n. 1778).

PQM

rigetta il ricorso; condanna il Ministero al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.000,00 per compensi professionali e in Euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso delle spese generali nella misura del 15% e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 21 settembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 24 ottobre 2017

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