Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25232 del 09/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 09/10/2019, (ud. 17/04/2019, dep. 09/10/2019), n.25232

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Presidente –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11256-2018 proposto da:

N.M., nella qualità di Amministratore di sostegno del figlio

V.F., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato GIAN ENRICO PESCE;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA SALUTE (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 926/2017 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 28/09/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 17/04/2019 dal Consigliere Relatore Dott. 11,FONSINA

DE FELICE.

Fatto

RILEVATO

CHE:

la Corte d’Appello di Firenze, in riforma della sentenza del Tribunale di Arezzo che aveva dichiarato sussistere in capo a V.F. il diritto al beneficio di cui alla L. n. 210 del 1992, ha accolto il ricorso del Ministero della Salute, e, attenendosi, diversamente dal primo giudice, all’esito della CTU ha affermato che il quadro clinico del richiedente, affetto da epilessia, non era riconducibile – con nesso nè causale nè concausale – alla somministrazione del vaccino esavalente, bensì dipendeva da una causa genetica o perinatale non nota, tenuto anche conto dei trascorsi familiari del ricorrente (alcuni parenti deceduti per cause neurologiche) nonchè della di lui madre (per pregressa contrazione di rosolia);

la cassazione della sentenza è domandata da N.M., quale amministratore di sostegno del figlio V.F. sulla base di due motivi; il Ministero della Salute, difeso in atti dall’Avvocatura Generale dello Stato, ha resistito con tempestivo controricorso;

è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la ricorrente deduce “Violazione e falsa applicazione della L. n. 210 del 1992, art. 4; contesta alla Corte territoriale di non essersi attenuta all’indagine del nesso causale resa dalla Commissione Medica Ospedaliera presso gli ospedali militari che ai sensi del D.P.R. n. 1092 del 1973, art. 165, è deputata a riconoscere la dipendenza da causa di servizio della morte o delle menomazioni fisiche dei pubblici dipendenti; che in detto parere la CMO aveva riconosciuto la dipendenza dell’infermità del V. dalla somministrazione del vaccino esavalente secondo il criterio della ragionevole probabilità richiesto dalla L. n. 210 ai fini del conseguimento dell’indennizzo;

col secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, lamenta “Vizio di motivazione art. 132 c.p.c.; art. 116 c.p.c.; L. n. 210 del 1992, artt. 2 e 5, art. 62 c.p.c., artt. 90 e 92 disp. att. c.p.c.; insufficiente e contraddittoria motivazione”; la Corte territoriale avrebbe omesso di motivare in merito alla mancata contestazione da parte del Ministero dell’effettiva identità della patologia subita a seguito della vaccinazione;

il primo motivo è inammissibile;

parte ricorrente chiede a questa Corte una rivalutazione dei fatti di causa,inibita in sede di legittimità; in particolare chiede un riesame della sussistenza del nesso causale, ritenendo che la Corte territoriale abbia disatteso erroneamente il parere della CMO che aveva ammesso su base probabilistica la sussistenza del nesso causale;

sotto il profilo dell’accertamento del nesso causale, non di meno, la sentenza è esente da vizi logici e ben argomentata; l’adesione – peraltro del tutto discrezionale da parte del giudice del merito (ex multis Cass. n. 22799 del 2017; Cass. n. 2103 del 2019) – alle motivazioni medico – legali contenute nell’accertamento peritale, sì come “…non smentite da alcun effettivo elemento obiettivo” (p. 9 sent.), si accompagna ad un’approfondita disamina dell’intera vicenda che ha tenuto puntualmente conto anche delle osservazioni del consulente di fiducia della parte ricorrente (v. p. 8 sent.);

la ricorrente deduce, perciò, solo apparentemente una violazione di legge, là dove prospetta, in realtà, la rivalutazione di alcune circostanze di fatto, già contraddette dalle risultanze della perizia d’ufficio che ha escluso l’esistenza del nesso causale tra la somministrazione del vaccino esavalente e le patologie denunciate;

va, pertanto, nel caso in esame, data attuazione al costante orientamento di questa Corte, che reputa “…inammissibile il ricorso per cassazione con cui si deduca, apparentemente, una violazione di norme di legge mirando, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito.” (Cass. n. 18721 del 2018; Cass. n. 8758 del 2017);

il secondo motivo è parimenti inammissibile;

la censura, che riporta testualmente un passaggio della sentenza (inizio p. 10 ric.) – di cui invero non si ritrova traccia nel provvedimento impugnato – si pone fuori dai confini di cui all’art. 360 codice di rito, comma 1, n. 5;

la critica di omessa pronuncia rispetto alla mancata contestazione da parte del Ministero dell’effettività della patologia subita non scalfisce la motivazione della sentenza gravata che ha negato l’esistenza del nesso causale tra la malattia e la somministrazione del vaccino;

la formulazione della doglianza da parte della parte ricorrente finisce per denunciare non già l’omesso esame di un fatto storico decisivo, bensì la mancata valorizzazione di circostanze di fatto, che si assumono erroneamente valutate dalla Corte territoriale (Sez. Un. 8053/2014);

in definitiva, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; le spese, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza;

in considerazione dell’esito del giudizio, si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna N.M., nella qualità di amministratore di sostegno del figlio V.F., al rimborso delle spese del giudizio di legittimità nei confronti del Ministero della Salute, che liquida in Euro 200 per esborsi, Euro 2.000 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura forfetaria del 15 per cento e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, all’Adunanza camerale, il 17 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 ottobre 2019

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