Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25231 del 10/11/2020

Cassazione civile sez. II, 10/11/2020, (ud. 03/07/2020, dep. 10/11/2020), n.25231

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 20511 – 2019 R.G. proposto da:

J.A., – c.f. (OMISSIS) – elettivamente domiciliato, con

indicazione dell’indirizzo p.e.c., in Torino, alla via Groscavallo,

n. 3, presso lo studio dell’avvocato Alessandro Praticò, che lo

rappresenta e difende in virtù di procura speciale in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO dell’INTERNO, – c.f. (OMISSIS) – in persona del Ministro

pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso i cui uffici in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12,

domicilia per legge;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 630/2019 della Corte d’Appello di Torino;

udita la relazione nella camera di consiglio del 3 luglio 2020 del

consigliere Dott. Luigi Abete;

 

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO

1. J.A., cittadino del (OMISSIS), formulava istanza di protezione internazionale.

Esponeva che, a seguito della morte dei genitori, avvenuta nel 2013, i familiari lo avevano con violenza privato del godimento di un piccolo fondo, dalla cui coltivazione traeva i mezzi per il suo sostentamento; che, sprovvisto di mezzi per sopravvivere, viepiù in considerazione della situazione sociopolitica del (OMISSIS), aveva deciso di abbandonare il proprio paese; che aveva dapprima raggiunto la Libia e poi dalla Libia, nel 2015, l’Italia.

2. La Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale di Torino in data 9.3.2016 rigettava l’istanza.

3. Con ordinanza in data 30.4.2018 il Tribunale di Torino respingeva il ricorso proposto da J.A. avverso il provvedimento della commissione territoriale.

4. Avverso tale ordinanza J.A. proponeva appello.

Il Ministero dell’Interno resisteva.

5. Con sentenza n. 630/2018 la Corte di Torino rigettava il gravame.

Evidenziava la corte che era destituita di fondamento la censura concernente la mancata nuova audizione dell’appellante.

Evidenziava segnatamente che costituiva facoltà e non obbligo del giudicante far luogo ad un nuovo interrogatorio del richiedente asilo in special modo al cospetto di dichiarazioni prive di riferimenti temporali.

Evidenziava poi che, così come aveva posto in risalto il tribunale, le dichiarazioni rese dall’appellante erano estremamente generiche ed indeterminate ed, al più, davano ragione di un contesa privata di natura patrimoniale.

Evidenziava ancora che non sussistevano i presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, ex lett. c).

Evidenziava infine che non sussistevano i presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria.

Evidenziava invero, nel quadro della debita valutazione comparativa, che, in ipotesi di rimpatrio, J.A. non si sarebbe ritrovato in condizioni di particolare vulnerabilità correlate alla compromissione di diritti fondamentali.

6. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso J.A.; ne ha chiesto sulla scorta di tre motivi la cassazione con ogni susseguente statuizione.

Il Ministero dell’Interno si è costituito tardivamente, ai soli fini della partecipazione all’eventuale udienza di discussione.

7. Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 del D.Lgs. n. 286 del 1998.

Deduce che la corte d’appello ha reputato generiche ed inattendibili le sue dichiarazioni alla luce del verbale di audizione redatto in forma semplificata.

Deduce che in assenza di integrale trascrizione ovvero di videoregistrazione della sua audizione i giudici di merito non avrebbero potuto catalogare come inattendibili, lacunose od incongrue le sue dichiarazioni, se non all’esito di un suo nuovo interrogatorio, che era da disporre alla stregua dei poteri di cooperazione istruttoria di cui i giudici di merito sono investiti.

8. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 5, lett. c) e art. 14, lett. b).

Deduce che la corte distrettuale ha malamente inteso le sue dichiarazioni, così come sintetizzate nel verbale di audizione innanzi alla commissione territoriale; che ha dichiarato che nel suo paese d’origine le autorità statali, di polizia e giudiziarie, si disinteressano delle dispute private.

9. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la carenza assoluta di motivazione in ordine alla disconosciuta protezione umanitaria.

Deduce che l’assunto sulla cui scorta la corte territoriale ha negato la protezione umanitaria, ovvero l’adozione da parte del governo (OMISSIS) di politiche di sostegno a favore del rientro degli emigrati, è privo di qualsivoglia giustificazione.

10. Il primo ed il secondo motivo di ricorso sono strettamente connessi; il che ne giustifica la disamina contestuale; ambedue i motivi comunque vanno respinti.

11. Va debitamente premesso l’insegnamento di questa Corte a tenor del quale, nel procedimento, in grado d’appello, relativo ad una domanda di protezione internazionale, non è ravvisabile una violazione processuale sanzionabile a pena di nullità nell’omessa audizione personale del richiedente, atteso che il rinvio, contenuto nel D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35, comma 13, al precedente comma 10, che prevede l’obbligo di sentire le parti, non si configura come un incombente automatico e doveroso, ma come un diritto della parte di richiedere l’interrogatorio personale, cui si collega il potere officioso del giudice d’appello di valutarne la specifica rilevanza (cfr. Cass. (ord.) 21.11.2011, n. 24544; Cass. (ord.) 7.2.2018, n. 3003; Cass. (ord.) 29.5.2019, n. 14600; Cass. (ord.) 15.4.2020, n. 8931).

12. In questo quadro, per un verso, è da escludere che il riscontro di inattendibilità sia stato “frutto delle modalità di conduzione, traduzione e verbalizzazione dell’audizione” (così ricorso, pag. 5) e che la corte torinese ha “attribuito un peso eccessivo alle parole del ricorrente così come “verbalizzate” dalla Commissione Territoriale” (cosi ricorso, pag. 6).

La corte torinese ha invero compiutamente esplicitato (cfr. sentenza impugnata, pag. 5) che la genericità delle dichiarazioni del ricorrente non poteva ascriversi alla circostanza per cui costui, in sede di interrogatorio dinanzi alla commissione territoriale, non fosse stato messo a proprio agio.

Ed ha soggiunto che la rilettura del testo delle domande rivolte al ricorrente induceva a ritenere che questi avesse risposto in modo puntuale, così dando conto di aver compreso perfettamente le domande. Inoltre, che l’indeterminatezza dei riferimenti temporali in nessun modo poteva essere correlata all’assenza di scolarità.

13. In questi termini nonchè nel quadro giurisprudenziale surriferito, per altro verso, è da escludere che l’interrogatorio del ricorrente risultasse adempimento ineludibile e non altrimenti surrogabile (cfr. ricorso, pag. 6).

14. Vero è, d’altra parte, che i c.d. soggetti non statuali possono considerarsi responsabili della persecuzione o del danno grave, ove lo Stato, i partiti o le organizzazioni che controllano lo Stato o una parte consistente del suo territorio, comprese le organizzazioni internazionali, non possano o non vogliano fornire protezione contro persecuzioni o danni gravi (cfr. Cass. (ord.) 1.4.2019, n. 9043).

15. E nondimeno la surriferita puntualizzazione è destinata a non esplicar valenza nel caso di specie.

In primo luogo, giacchè la corte piemontese ha appieno condiviso il giudizio di genericità ed indeterminatezza della narrazione espresso dal tribunale.

In secondo luogo, giacchè la corte piemontese ha comunque puntualizzato che lo stesso richiedente asilo aveva negato di aver ricevuto minacce dai parenti (cfr. sentenza impugnata, pag. 5).

Cosicchè a nulla vale che il ricorrente deduca che, a fronte degli allegati soprusi e delle violenze riferite nonchè dell’inerzia delle autorità statali, i giudici di merito avrebbero dovuto verificare se vi fosse margine per la protezione internazionale (cfr. ricorso, pag. 7).

16. Il terzo motivo di ricorso parimenti va respinto.

17. Il terzo mezzo non si correla puntualmente alla ratio decidendi.

Difatti la corte d’appello ha disconosciuto la protezione umanitaria a fronte, per un verso, del carattere rigorosamente privato della vicenda narrata dal richiedente, a fronte, per altro verso, della politica di sostegno volta a favorirne il rientro dei cittadini emigrati, adottata dal governo del (OMISSIS), a fronte, per altro verso ancora, dell’inidoneità delle attività svolte in Italia, addotte a riscontro della progressiva integrazione nel tessuto socioeconomico italiano.

In questi termini – che evidentemente in nessun modo giustificano la denuncia di carenza assoluta di motivazione – non ha rilievo che il ricorrente adduca sic et simpliciter che la corte territoriale per nulla ha indicato gli elementi di prova che valgono a dar conto delle presunte politiche di sostegno alla povertà (cfr. ricorso, pag. 9).

18. Il Ministero dell’Interno non ha sostanzialmente svolto difese. Nonostante il rigetto del ricorso nessuna statuizione in ordine alle spese va pertanto assunta.

19. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 bis cit., se dovuto (cfr. Cass., sez. un. 20.2.2020, n. 4315).

PQM

La Corte rigetta il ricorso; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis D.P.R. cit., se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sez. seconda civ. della Corte Suprema di Cassazione, il 3 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2020

 

 

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