Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25230 del 24/10/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 24/10/2017, (ud. 21/09/2017, dep.24/10/2017),  n. 25230

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. DI PAOLA Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 20/2014 proposto da:

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, UNIVERSITA’ E RICERCA, – (OMISSIS), in

persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

L.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 824/2013 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 01/07/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 21/09/2017 dal Consigliere Dott. LUIGI DI PAOLA.

Fatto

FATTO E DIRITTO

rilevato che:

la sentenza impugnata ha confermato la decisione del primo giudice che ha accolto la domanda proposta da L.A. – assunta, in qualità di collaboratrice scolastica, con una successione di contratti a termine -, volta al riconoscimento degli scatti biennali del 2,50% L. n. 312 del 1980, ex art. 53 e alla conseguente condanna dell’amministrazione alla corresponsione delle relative differenze retributive;

per la cassazione di tale decisione ha proposto ricorso il Ministero, affidato ad un unico motivo;

L.A. è rimasta intimata;

è stata depositata la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio.

Considerato che:

il Collegio ha deliberato di adottare la motivazione semplificata;

il Ministero – denunciando violazione del D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368, art. 6,D.L. 13 maggio 2011, n. 70, art. 9, comma 18, come convertito dalla L. 12 luglio 2011, n. 106, L. 11 luglio 1980, n. 312, art. 53,L. 3 maggio 1999, n. 124, art. 4,D.Lgs. 16 aprile 1994, n. 297, art. 526, della direttiva 99/70/CE, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – assume, in sostanza, che i rapporti di lavoro a tempo determinato del settore scolastico sono assoggettati ad una normativa speciale, sicchè agli stessi non si applica la disciplina generale dettata dal D.Lgs. n. 368 del 2001, mentre sussisterebbero ragioni obiettive determinanti un trattamento differente con riguardo al riconoscimento della progressione economica legata all’anzianità di servizio.

Ritenuto che:

la censura è inammissibile, in quanto i motivi di doglianza contenuti in ricorso sono incentrati sulla legittimità del diverso e meno favorevole trattamento riservato, nel calcolo dell’anzianità di servizio ai fini della progressione economica, ai lavoratori a termine rispetto a quelli assunti a tempo indeterminato, con conseguente mancata violazione del principio di non discriminazione;

tuttavia, la sentenza impugnata, conformemente a quanto richiesto in primo grado, ha riconosciuto gli scatti biennali della L. 11 luglio 1980, n. 312, ex art. 53;

la mera deduzione, in ricorso, della violazione di tale articolo, la menzione del contenuto dello stesso, nonchè l’applicazione di esso risultante da una sentenza del Consiglio di Stato – culminanti nell’affermazione che “erroneamente la Corte ha ravvisato un profilo di discriminazione e un contrasto con la direttiva comunitaria” -, non soddisfano i requisiti di una esplicita e significativa censura avverso la statuizione e correlate argomentazioni del giudice del gravame, del resto neppure riportate nella loro effettività nel predetto ricorso (ove si fa improprio riferimento all’avvenuto riconoscimento, in sentenza, di un trattamento discriminatorio nei confronti dei lavoratori a tempo determinato, in presenza di situazioni comparabili);

il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, in quanto contenente censura non in linea con la decisione impugnata;

non vi è luogo per una pronuncia di condanna alle spese, attesa la mancata costituzione dell’intimata;

non trova applicazione nei confronti delle Amministrazioni dello Stato il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, atteso che le stesse, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo (cfr. Cass. 14/03/2014, n. 5955; Cass. 29/01/2016, n. 1778).

PQM

dichiara inammissibile il ricorso; nulla sulle spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 21 settembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 24 ottobre 2017

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