Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25227 del 07/12/2016


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Cassazione civile sez. VI, 07/12/2016, (ud. 29/09/2016, dep. 07/12/2016), n.25227

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13666/2015 proposto da:

N.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ARCHIMEDE

122, presso lo studio dell’avvocato FABIO MICALI, rappresentata e

difesa dall’avvocato FRANCESCO MICALI, giusta procura speciale a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE, BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE

DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati CLEMENTINA

PULLI, EMANUELA CAPANNOLO, MAURO RICCI, giusta procura a margine del

ricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1556/2014 della CORTE D’APPELLO di MESSINA del

16/10/2014, depositata il 29/10/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

29/09/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ROSA ARIENZO;

udito l’Avvocato Emanuela Capannolo difensore del controricorrente

che si riporta al controricorso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 29 settembre 2016, ai sensi dell’art. 375 c.p.c. sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c.:

“Con sentenza del 29.10.2014, la Corte di appello di Messina, in parziale riforma della decisione di primo grado – confermata, all’esito di nuova ctu medico legale, quanto alla stabilita decorrenza dell’assegno ordinario di invalidità (1.12.2010) – compensava tra le parti le spese giudiziali di primo grado (poste per 1/3 dal primo giudice a carico dell’INPS), nonchè quelle del giudizio di gravame.

Per la cassazione della detta decisione ricorre la N., affidando l’impugnazione a due motivi. L’INPS ha resistito con controricorso.

Con il primo motivo, si censura la sentenza della Corte di Messina per violazione di norme di diritto, sul rilievo che, pure avendo la Corte del merito confermato le ragioni dell’assistito in ordine alla sussistenza dei requisiti utili al riconoscimento del beneficio invocato con la decorrenza riconosciuta in primo grado, ha errato nel dichiarare la compensazione delle spese di entrambi i gradi del giudizio, in violazione del principio di soccombenza ed in difetto di qualsivoglia richiesta formulata in sede di appello da parte dell’INPS in ordine alla riforma delle spese liquidate in prime cure, con conseguente violazione del principio “tantum devolutum quantum appellatum” imposto dall’art. 112 c.p.c. e dagli artt. 434, 437 c.p.c.. Osserva che il giudice del gravame non ha dato alcuna contezza della disposta compensazione integrale delle spese di entrambi i gradi, pure in presenza di una ritenuta decorrenza dell’assegno ordinario di invalidità di poco successiva al deposito del ricorso di primo grado. Rileva che non integra il presupposto della soccombenza neanche reciproca la riduzione, anche se sensibile, della somma richiesta con la domanda giudiziale, senza considerare che in ordine al secondo grado, la decorrenza riconosciuta è la medesima del giudizio di prime cure, essendo in parte qua la sentenza di prime cure risultata confermata in appello, con conseguente totale soccombenza dell’INPS. Pertanto, non potendo ritenersi nè la sussistenza di una soccombenza reciproca, nè la sussistenza di gravi ed eccezionali ragioni per la compensazione, la pronuncia impugnata doveva essere cassata.

Con il secondo motivo, si lamenta omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, in relazione alla mancanza di ogni ricostruzione del ragionamento seguito per giungere alla statuizione finale in materia di spese, assumendosi che non sono indicate le gravi c/o eccezionali ragioni per la compensazione.

Il ricorso, alla stregua della congiunta valutazione delle due censure poste a sostegno dello stesso, è fondato.

In tema di liquidazione delle spese processuali in caso di riforma totale o parziale della sentenza di primo grado, è costante nella giurisprudenza di questa Corte l’affermazione del principio – dal quale questo collegio non intende discostarsi – secondo cui “il giudice di appello, allorchè formi in tutto o in parte la sentenza impugnata, deve procedere d’ufficio, quale conseguenza della pronuncia di merito adottata, ad un nuovo regolamento delle spese processuali, il cui onere va attribuito e ripartito tenendo presente l’esito complessivo della lite poichè la valutazione della soccombenza opera, ai fini della liquidazione delle spese, in base ad un criterio unitario e globale, sicchè viola il principio di cui all’art. 91 il giudice di merito che ritenga la parte soccombente in un grado di giudizio e, invece, vincitrice in un altro grado perchè la sentenza di primo grado è stata riformata e quindi si dovevano liquidare e rideterminare le spese di entrambi i gradi” (così di recente: Cass. 18 marzo 2014 n. 6259; nel medesimo senso si vedano, tra le tante, Cass. 30 ottobre 2013 n. 8718; 14 ottobre 2013 n. 23226; 30 agosto 2010 n. 18337; 22 dicembre 2009 n. 26985; 11 giugno 2008 n. 15483). Tale principio, nella specie, non può, però, venire in rilievo, posto che la pronunzia di primo grado risulta integralmente confermata, sicchè, in mancanza di un’autonoma impugnazione del capo della pronunzia sulle spese, la decisione impugnata deve ritenersi in contrasto con i principi che regolano le spese di giudizio.

La conferma delle statuizioni di merito adottate in primo grado doveva poi indurre il giudice del gravame a dare conto della disposta compensazione delle spese del giudizio di secondo grado. invero, la previsione di cui all’art. 92 c.p.c., comma 2, è stata sostituita – dopo una prima modifica ad opera della L. 28 dicembre 2005, n. 263 (art. 2, comma 1), della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 45, comma 11, in vigore dal 4.7.2009 ed applicabile ai giudizi instaurati dopo tale data (L. n. 69 del 2009, ex art. 58, comma 1), a tenore del quale “se vi è soccombenza reciproca o concorrono altre gravi ed eccezionali ragioni esplicitamente indicate nella motivazione, il giudice può compensare, parzialmente o per intero, le spese tra le parti”.

Nella specie il giudizio di primo grado è stato instaurato il 7.12.2010, ossia dopo l’entrata in vigore della L. n. 69 del 2009, sicchè deve ritenersi applicabile ratione temporis la disciplina anzidetta, che imponeva al giudice del gravame di attenersi ai principi anzidetti specificando le ragioni con idonea motivazione.

Si propone pertanto, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., n. 5, l’accoglimento del ricorso, da trattarsi in sede camerale, la cassazione della impugnata decisione in parte qua ed il rinvio alla Corte di appello designanda per nuova decisione sulle spese in conformità agli enunciati principi”.

Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di consiglio.

Il Collegio ritiene di condividere integralmente il contenuto e le conclusioni della riportata relazione e concorda, pertanto, sull’ accoglimento del ricorso, con cassazione della decisione impugnata e rinvio alla Corte di appello designata in dispositivo per la corretta applicazione dei principi richiamati, nonchè per la determinazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la decisione impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Messina in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 29 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 7 dicembre 2016

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