Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25223 del 29/11/2011

Cassazione civile sez. III, 29/11/2011, (ud. 26/10/2011, dep. 29/11/2011), n.25223

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. PETTI Giovanni Battista – Consigliere –

Dott. FILADORO Camillo – rel. Consigliere –

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.R., COLOSSEO FOOD SRL (OMISSIS), in persona

dell’A.U. legale rappresentante pro tempore, Signora C.

A., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA MAGLIANO SABINA 24,

presso lo studio dell’avvocato PETTINARI LUIGI, che li rappresenta e

difende, giusta delega in atti;

– ricorrente-

contro

IMMI ITALIA DI F ARCOVITO & C SAS (OMISSIS), D.P.

R.;

– intimati –

sul ricorso 4987-2007 proposto da:

IMMI ITALIA DI ARCOVITO FRANCESCO & C SAS, in persona del

legale

rappresentante, socio accomandante, Sig. A.F.,

considerata domiciliata “ex lege” in ROMA, presso CANCELLERIA CORTE

DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato AZZONI CARLO,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

C.R., COLOSSEO FOOD SRL, in persona dell’A.U. legale

rappresentante pro tempore, Signora C.A.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA MAGLIANO SABINA 24, presso lo

studio dell’avvocato PETTINARI LUIGI, che li rappresenta e difende

giusta delega in atti;

– controricorrente –

e contro

D.P.R.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 853/2006 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 21/03/2006; R.G.N. 7841/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/10/2011 dal Consigliere Dott. CAMILLO FILADORO;

udito l’Avvocato LUIGI PETTINARI;

udito l’Avvocato Carlo AZZONI;

udito il P.M. in persona del Sost. Proc. Gen. Dott. GOLIA Aurelio,

che ha concluso per inammissibilità di entrambi i ricorsi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza 21 marzo 2006 la Corte di appello di Roma confermava la decisione del primo giudice che aveva dichiarato risolto per inadempimento del conduttore il contratto di locazione di immobile destinato ad uso commerciale sito in (OMISSIS) condannando la società Colosseo Food s.rl., C.R. al rilascio in favore della ricorrente dell’immobile, composto di piano terra e piano seminterrato.

Con la stessa decisione il primo giudice aveva condannato la società Colosseo Food ed il C. al pagamento di tutti i canoni scaduti sino al mese di settembre 2003, per l’importo complessivo di Euro 86.946,69 oltre interessi legali, maturati e maturando.

Respingeva la domanda della società ricorrente Immi Italia s.a.s.

nei confronti di D.P.R.. Respingeva le domande riconvenzionali della Colosseo Food e di C.R. nei confronti della Immi Italia (secondo i convenuti originari, il mancato pagamento di canoni, dal marzo 2003, trovava la sua giustificazione nel fatto che l’immobile locato aveva una consistenza minore di quella prevista nel contratto, e che i lavori eseguiti nel locale, a cura di Colosseo Food, seppure autorizzati, erano stati ritenuti contra legem successivamente alla loro ultimazione, in quanto effettuati su un immobile risultato essere non corrispondente a quello descritto negli atti e planimetrie esistenti nei competenti uffici, e comunque di superficie più ampia della originaria, a seguito di illecito accorpamento di altra porzione immobiliare (ex rifugio antiaereo).

Avverso tale decisione la Colosseo Food e C.R. hanno proposto ricorso per cassazione sorretto da due motivi.

Resiste con controricorso la Immi Italia, proponendo a sua volta ricorso incidentale, cui resistono C. e la Colosseo con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Deve disporsi, innanzitutto, la riunione dei ricorsi proposti contro la medesima decisione.

Il ricorso incidentale di Immi Italia pone una questione che, in linea teorica, dovrebbe essere esaminata con carattere di priorità.

La denuncia tuttavia è di omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia, anzichè di violazione di norma di legge e manca la proposizione di quesito di diritto, richiesta “ratione temporis” secondo il D.Lgs. n. 40 del 2006.

Donde la inammissibilità del ricorso incidentale Immi Italia.

Con il primo motivo la ricorrente principale denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115 e 116 c.p.c. e art. 168 c.p.c. ed artt. 72 e 74 disp. att. c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., punto 3, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., punto 5.

La Corte territoriale aveva errato nel respingere il motivo con il quale gli appellanti avevano dedotto la assoluta mancanza di indagine con riferimento alla asserita grave inadempienza, posta in essere dal locatore sin dall’origine, per via delle irregolarità amministrative ed urbanistiche che rendevano totalmente inutilizzabile il bene locato.

Dai documenti prodotti risultava chiaramente la minore consistenza dell’immobile (392 mq, rispetto ai 450 mq. dichiarati) nonchè la irregolarità amministrativa e urbanistica dell’immobile che aveva reso impossibile il godimento dell’immobile, con conseguente inadempimento del locatore.

I giudici di appello, in effetti, avevano deciso la causa senza tener conto della documentazione prodotta, che non avevano rinvenuto nel fascicolo di ufficio trasmesso dal Tribunale romano (all’interno del quale si trovavano i documenti che facevano parte del fascicolo di parte della Colosseo).

In ogni caso la società Colosseo Food aveva provveduto a depositare nuovamente copia di tutta la documentazione con la memoria integrativa richiesta dal primo giudice. Tale memoria, con relativa documentazione – sulla base della quale i due appellanti avevano basato la loro difesa e le riconvenzionali proposte – era regolarmente inserita nel fascicolo di parte del primo grado di giudizio, mentre non era presente, agli atti del secondo grado del giudizio, il fascicolo di parte della Colosseo Food e di R. C. che conteneva tutti gli altri documenti. La Corte territoriale, pertanto, aveva violato le norme di legge sopra indicate, non valutando le prove documentali prodotte sulla mera circostanza che le stesse non erano state materialmente rinvenute agli atti.

Inoltre, la causa era stata decisa senza l’espletamento di una consulenza tecnica di ufficio che sarebbe stata necessaria ed indispensabile per chiarire la situazione di fatto esistente.

Con il secondo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1453, 1460 e 1578 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., punto 3, omessa insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., punto 5.

Inoltre la Corte territoriale aveva errato nel confermare la decisione di primo grado nella parte in cui aveva ritenuto di accogliere la domanda di risoluzione del contratto per inadempimento del conduttore sulla sola base del mancato pagamento di alcuni canoni di locazione senza valutare se il mancato pagamento fosse legittimato – o meno – dalla denunciata corrispettiva inadempienza del locatore afferente alla inutilizzabilità del bene locato. Sul punto la motivazione era pressochè inesistente. La sospensione della erogazione del canone da parte della conduttrice risaliva al marzo 2003 e non al febbraio 2003 ed era conseguenza del grave inadempimento della società locatrice che inficiava sin dall’origine il contratto stipulato dalle parti.

Era mancata ogni analisi e motivazione sulla legittimità -o meno – della eccezione di inadempimento sollevata dal conduttore, che costituiva anche la domanda riconvenzionale di risoluzione del contratto per inadempimento del locatore.

Dopo aver riconosciuto che qualora il bene locato fosse stato inutilizzabile si sarebbe sicuramente rientrati nella ipotesi di cui all’art. 1460 c.c. i giudici di appello avevano basato la loro decisione su una misura catastale allegata dalla IMMI Italia s.r.l., che poteva riferirsi solo ad una situazione di fatto meramente dichiarativa, priva di qualsiasi valenza probatoria della legittimità urbanistica ed amministrativa dell’immobile e negata dalla P.A. competente per materia.

I due motivi, da esaminare congiuntamente in quanto connessi tra di loro, non sono fondati.

La società conduttrice all’atto della sottoscrizione del contratto di locazione aveva dichiarato di accettare il bene locato nello stato di fatto e di diritto in cui esso si trovava. La stessa aveva di fatto utilizzato i locali fino al febbraio 2003: da tale data aveva sospeso il pagamento dei canoni rilevando che le dimensioni dell’immobile (più ridotte rispetto alla planimetria allegata al contratto) e le violazioni edilizie riscontrate avevano comportato la inutilizzabilità del locale quale ristorante, nonostante la conduttrice avesse eseguito i lavori in buona fede.

I giudici di appello osservavano che la società conduttrice non aveva mai contestato la diversa ampiezza dei locali, anche dopo la perizia effettuata per la presentazione della DIA. I vizi successivamente lamentati erano facilmente riconoscibili all’atto della consegna e del resto nel contratto si dava atto che vi era necessità di eseguire alcuni lavori: ciò stava a significare – sottolinea la stessa Corte territoriale – che i locali di proprietà di Immi Italia erano ben stati visionati dalla aspirante conduttrice, Colosseo Food s.r.l.

Non vi era, del resto, alcuna prova di una diffida della Polizia Municipale e di una ordinanza di sospensione dei lavori.

La Corte territoriale, nel confermare la decisione di primo grado, sottolineava che le varie irregolarità amministrative e urbanistiche denunciate in tanto avrebbero potuto incidere nel presente giudizio, in quanto comportanti la impossibilità di un utilizzo dell’immobile situazione, questa, che configurerebbe la ipotesi di cui all’art. 1460 c.c..

Invece, nel caso di specie, a distanza di oltre tre anni dall’inizio della controversia, il godimento dell’immobile era ancora in atto e non sussistevano gli estremi per una sospensione del pagamento del canone.

A fronte di tale situazione, il comportamento del conduttore integrava gli estremi del grave inadempimento, con conseguente infondatezza della domanda riconvenzionale proposta, che presupponevano un inadempimento del locatore. In tale percorso argomentativo, ogni questione relativa al mancato esame della documentazione prodotta in primo grado e non rinvenuta nel fascicolo di appello, resta assorbita dalle considerazioni svolte dai giudici di appello. Il tema della minore ampiezza dei locali e quello della irregolarità amministrativa ed urbanistica riscontrata negli stessi perde qualsiasi rilevanza.

Conclusivamente il ricorso incidentale deve essere dichiarato inammissibile e rigettato il ricorso principale. Sussistono giusti motivi, in conseguenza della reciproca soccombenza, per disporre la integrale compensazione delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso incidentale e rigetta il ricorso principale. Compensa le spese del giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di Consiglio, il 26 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 novembre 2011

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