Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25222 del 10/11/2020

Cassazione civile sez. lav., 10/11/2020, (ud. 15/09/2020, dep. 10/11/2020), n.25222

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BALESTRIERI Federico – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – rel. Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27048-2015 proposto da:

D.G.I.R., titolare dell’omonima ditta individuale,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE GIULIO CESARE n. 14, presso

lo studio dell’avvocato ALESSIA CIPROTTI, rappresentato e difeso

dall’avvocato CINZIA LUCIA DI VITA;

– ricorrente –

contro

– ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL

LAVORO, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, presso lo

studio degli avvocati LORELLA FRASCONA’, LOREDANA DI SALVO, che lo

rappresentano e difendono;

– controricorrente –

e contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS), in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro

tempore, in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. –

Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S. C.F. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli

avvocati CARLA D’ALOISIO, EMANUELE DE ROSE, ESTER ADA VITA SCIPLINO,

LELIO MARITATO, GIUSEPPE MATANO;

– resistenti con mandato –

avverso la sentenza n. 174/2015 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 09/04/2015 R.G.N. 1398/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/09/2020 dal Consigliere Dott. FABRIZIO AMENDOLA.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. la Corte di Appello di Palermo, con sentenza pubblicata il 9 aprile 2015, in riforma della pronuncia di primo grado, ha respinto le opposizioni proposte da D.G.I.R. avverso le cartelle esattoriali con le quali le veniva intimato il pagamento, nei confronti dell’INPS, di Euro 15.820,17 per contributi previdenziali e, nei confronti dell’INAIL, di Euro 1.016,29 per premi assicurativi;

2. la Corte ha ritenuto, sulla scorta del materiale probatorio acquisito, che non fosse in alcun modo emerso l’elemento caratterizzante il rapporto di apprendistato con due dipendenti e “cioè l’addestramento professionale specifico, diretto ad assicurare al lavoratore l’insegnamento necessario perchè possa conseguire la capacità tecnica per divenire lavoratore qualificato”;

3. per la cassazione di tale pronuncia ha proposto ricorso la D.G. con 2 motivi; non ha svolto attività difensiva l’INPS che ha solo depositato procura; ha resistito con controricorso l’INAIL.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. con il primo motivo di ricorso si denuncia: “violazione e falsa applicazione degli artt. 2130-2134 c.c., della L. 19 gennaio 1955, n. 25 e del D.P.R. 30 dicembre 1956, n. 1688”, sostenendo che “l’istruttoria compiuta ha evidenziato che la datrice di lavoro ha adempiuto all’obbligo derivante dallo speciale rapporto di apprendistato”; all’uopo si richiamano le dichiarazioni delle due lavoratrici e si deduce che una era alla prima occupazione e l’altra aveva lavorato come commessa in un girarrosto;

2. la censura è inammissibile perchè l’accertamento se sia stato o meno conferito l’addestramento necessario è questione di fatto, rispetto alla quale non hanno attinenza le violazioni di norme di diritto dedotte nel motivo;

come noto, infatti, il vizio di violazione o falsa applicazione di norma di diritto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, ricorre o non ricorre per l’esclusivo rilievo che, in relazione al fatto accertato, la norma non sia stata applicata quando doveva esserlo, ovvero che lo sia stata quando non si doveva applicarla, ovvero che sia stata “male” applicata, e cioè applicata a fattispecie non esattamente comprensibile nella norma (tra le molteplici, Cass. n. 26307 del 2014; Cass. n. 22348 del 2007); sicchè il sindacato sulla violazione o falsa applicazione di una norma di diritto presuppone la mediazione di una ricostruzione del fatto incontestata perchè è quella che è stata operata dai giudici del merito; al contrario, laddove si critichi la ricostruzione della vicenda storica quale risultante dalla sentenza impugnata, si è fuori dall’ambito di operatività dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e la censura è attratta inevitabilmente nei confini del sindacabile esclusivamente ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella formulazione tempo per tempo vigente, vizio che appunto postula un fatto ancora oggetto di contestazione tra le parti; lo sconfinamento nel merito è conclamato nella specie dal riferimento nell’illustrazione del motivo alle dichiarazioni rese dalle lavoratrici così come ai loro trascorsi professionali;

3. parimenti inammissibile il secondo mezzo con cui si denuncia “omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia” per non avere la Corte territoriale tenuto in debito conto “che le due dipendenti esaminate dagli ispettori erano alla fine del periodo di apprendistato”;

infatti la formulazione della censura replica sostanzialmente il previgente testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5 e si palesa inammissibile alla luce del nuovo testo della richiamata disposizione, che ha certamente escluso la valutabilità della “insufficienza” della motivazione, limitando il controllo di legittimità all'”omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”, sempre che lo stesso sia denunciato secondo i canoni prescritti da Cass. SS.UU. n. 8053 e n. 8054 del 2014 (con principi costantemente ribaditi dalle stesse Sezioni unite v. n. 19881 del 2014, n. 25008 del 2014, n. 417 del 2015, oltre che dalle Sezioni semplici) di cui parte ricorrente non tiene alcun conto;

4. conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile, con spese che seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo in favore dell’INAIL;

nulla va disposto, invece, per le spese in favore dell’INPS in quanto non ha svolto attività difensiva;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (cfr. Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese liquidate in favore dell’INAIL in Euro 2.500,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, accessori secondo legge e spese generali al 15%.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale il 15 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2020

 

 

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