Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2522 del 02/02/2011

Cassazione civile sez. I, 02/02/2011, (ud. 10/12/2010, dep. 02/02/2011), n.2522

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 4692-2010 proposto da:

D.M. ((OMISSIS)) elettivamente domiciliato in

ROMA, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avv.

MARRA ALFONSO LUIGI, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE;

– intimato –

avverso il decreto V.G. 788/08 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI del

23.4.09, depositato il 19/05/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/12/2010 dal Consigliere Relatore Dott. SALVATORE DI PALMA.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. COSTANTINO

FUCCI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che D.M., con ricorso del 17 febbraio 2010, ha impugnato per cassazione – deducendo numerosi motivi di censura, nei confronti del Ministro dell’economia e della finanze, il decreto della Corte d’Appello di Napoli depositato in data 19 maggio 2009, con il quale la Corte d’appello, pronunciando sul ricorso del D. – volto ad ottenere l’equa riparazione dei danni non patrimoniali ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 1, in contraddittorio con il Ministro dell’economia e delle finanze – il quale, costituitosi nel giudizio, ha concluso per l’inammissibilità o l’infondatezza del ricorso, ha condannato il resistente a pagare al ricorrente la somma di Euro 700,00, a titolo di equa riparazione, ed ha ritenuto equo compensare per intero le spese del giudizio “considerato l’iter complessivo del giudizio”;

che il Ministro dell’economia e delle finanze, benchè ritualmente intimato, non si è costituito nè ha svolto attività difensiva;

che, in particolare, la domanda di equa riparazione del danno non patrimoniale – richiesto nella misura di Euro 3.875,00 per l’irragionevole durata del processo presupposto – proposta con ricorso dell’8 febbraio 2008, era fondata sui seguenti fatti: a) il D., asseritamente creditore di differenze retributive e previdenziali, aveva proposto – con ricorso dell’11 giugno 1998 – la relativa domanda dinanzi al Tribunale amministrativo regionale della Campania; b) il Tribunale adito aveva deciso la causa con sentenza del 27 giugno 2007; c) che precedentemente, nel 1 marzo 2006, il D. aveva già adito la Corte di Napoli per il riconoscimento dell’indennizzo dal 1998 al 2006 e la Corte adita, con decreto del 4 ottobre 2006, gli aveva riconosciuto l’indennizzo di Euro 3.500,00 per il periodo di cinque anni di irragionevole durata del processo presupposto, all’epoca ancora pendente; d) che, con il ricorso dell’8 febbraio 2008, il D. invocava l’ulteriore indennizzo per il periodo dalla data della deliberazione del precedente decreto (7 giugno 2 006) alla data della pubblicazione della sentenza del T.a.r.

(27 giugno 2 007);

che la Corte d’Appello di Napoli, con il suddetto decreto impugnato – richiamato il proprio precedente decreto del 4 ottobre 2006, ha determinato l’ulteriore periodo eccedente la ragionevole durata in un anno ed ha liquidato a titolo di equa riparazione per danno non patrimoniale la somma di Euro 700,00, calcolata in base ad un importo annuo di Euro 700,00.

Considerato che con i motivi di censura – i quali possono essere esaminati per gruppi di questioni, vengono denunciati come illegittimi: a) la considerazione del solo periodo eccedente la ragionevole durata del processo presupposto (tre anni), anzichè l’intera durata dello stesso; b) l’applicazione di un parametro di liquidazione dell’indennizzo ingiustificatamente inferiore a quello indicato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo; c) il mancato riconoscimento del diritto al supplemento di indennizzo per il danno non patrimoniale, in relazione al bonus forfetario dovuto in ragione della materia previdenziale trattata nel processo presupposto; d) la compensazione delle spese di giudizio di merito;

che il ricorso merita accoglimento, nei limiti di seguito indicati;

che, in particolare, la censura sub a) è manifestamente infondata, perchè, secondo il costante orientamento di questa Corte, la L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 3, lett. a), con una chiara scelta non incoerente rispetto alle finalità sottese all’art. 6 della CEDU, impone di correlare l’indennizzo al solo periodo eccedente la ragionevole durata di tale processo, eccedente cioè il periodo di tre anni per il giudizio di primo grado, quale quello di specie (cfr., ex plurimis, le sentenze nn. 8714 del 2006, 14 del 2008, 10415 del 2009);

che la censura sub b) è manifestamente fondata, perchè i Giudici a quibus si sono discostati dal consolidato orientamento di questa Corte che, sussistendo il diritto all’equa riparazione per il danno non patrimoniale di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2 e fermo restando il periodo di tre anni di ragionevole durata per il giudizio di primo grado, considera equo, in linea di massima, l’indennizzo di Euro 750,00 per ciascuno dei primi tre anni di irragionevole durata e di Euro 1.000,00 per ciascuno dei successivi anni;

che la censura sub c) è manifestamente infondata alla luce del consolidato orientamento di questa Corte, secondo cui, in tema di equa riparazione per violazione del termine di ragionevole durata del processo, ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, l’inclusione delle cause di lavoro e di quelle previdenziali nel novero di quelle per le quali la Corte EDU ha ritenuto che la liquidazione dell’indennizzo per il danno non patrimoniale possa giungere fino a 2000 euro per anno, in ragione della particolare importanza della controversia, non significa che dette cause debbano necessariamente considerarsi particolarmente importanti, con la conseguente automatica liquidazione del predetto maggior indennizzo, potendo il giudice del merito tener conto della particolare incidenza del ritardo sulla situazione delle parti, che la natura giuslavoristica della controversia comporta, nell’ambito della valutazione concernente la liquidazione del danno, senza che ciò comporti uno specifico obbligo di motivazione al riguardo, nel senso che il mancato riconoscimento del maggior indennizzo si traduce nell’implicita esclusione della particolare rilevanza della controversia (cfr., ex plurimis, la sentenza n. 17684 del 2009);

che la censura sub d) è assorbita;

che, pertanto, il decreto impugnato deve essere annullato in relazione alla censura accolta;

che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2;

che, nella specie – caratterizzata dalla richiesta di integrazione a sei anni di irragionevole ritardo del precedente indennizzo già riconosciuto di Euro 3.875,00 per cinque anni, sulla base dei criteri adottati da questa Corte e dianzi richiamati, il diritto all’equa riparazione per il danno non patrimoniale di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2 va equitativamente determinato in Euro 1.000,00 per l’ulteriore anno di irragionevole ritardo, oltre gli interessi a decorrere dalla proposizione della domanda di equa riparazione e fino al saldo;

che, conseguentemente, le spese processuali del giudizio a quo debbono essere nuovamente liquidate – sulla base delle tabelle A, paragrafo 4^, e B, paragrafo 1^, allegate al D.M. Giustizia 8 aprile 2004, n. 127, relative ai procedimenti contenziosi, previa compensazione per la metà, in ragione dell’accoglimento solo parziale del ricorso -, per l’intero, in complessivi Euro 780,00, di cui Euro 50,00 per esborsi, Euro 280,00 per diritti ed Euro 450,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge, da distrarsi in favore dell’avv. Alfonso Luigi Marra, dichiaratosene antistatario;

che le spese del presente grado di giudizio -compensate per la metà, in ragione dell’accoglimento solo parziale del ricorso – seguono la residua soccombenza e vengono liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e, decidendo la causa nel merito, condanna il Ministro dell’economia e delle finanze al pagamento al ricorrente della somma di Euro 1.000,00, oltre gli interessi dalla domanda, condannandolo altresì al rimborso, in favore della parte ricorrente, delle spese del giudizio, che determina, per il giudizio di merito, nella metà dell’intero, intero liquidato in complessivi Euro 780,00, di cui Euro 50,00 per esborsi, Euro 280,00 per diritti ed Euro 450,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge, da distrarsi in favore dell’avv. Alfonso Luigi Marra, dichiaratosene antistatario, e, per il giudizio di legittimità, nella metà dell’intero, intero liquidato in complessivi Euro 500,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge, da distrarsi in favore dello stesso avv. Marra, dichiaratosene antistatario.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Struttura centralizzata per l’esame preliminare dei ricorsi civili, il 10 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 2 febbraio 2011

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